Guerini (Anci): “Non escludiamo gesti istituzionalmente estremi”
Volontariatoggi - Come uscirà il welfare italiano dalla crisi e che ruolo giocheranno il volontariato e l’intero terzo settore? Da questi due interrogativi correlati e fondamentali ha preso le mosse il convengo che si è svolto questa mattina a Roma presso il Cnel «Dopo la crisi, il volontariato che verrà» organizzato dal Centro Nazionale per il Volontariato, l’Anci e il Forum Nazionale del Terzo Settore. Ha aperto i lavori il presidente del Cnel Antonio Marzano che ha parlato del «paradosso del welfare». «Quando -ha detto Marzano- l’economia cresce, lo stesso aumento del prodotto interno lordo mette a disposizione risorse aggiuntive che possono del tutto o in parte andare al welfare. Ma quando ci sarebbe più bisogno del welfare, quando l’economia non cresce, è necessaria una redistribuzione delle risorse per il welfare.
La redistribuzione non è mai un’operazione facile. In Italia le previsioni non sono favorevoli, ma a questo paradosso si aggiunge l’influenza dell’Unione europea e delle regole europee. Soffriamo adesso di un duplice paradosso, quello generale che si applica a tutti e quello di un’Unione che per il modo in cui è attrezzata chiede politiche restrittive quando c’è la crisi e i Comuni ne sanno qualcosa». Marzano ha poi incentrato la riflessione sulla necessità di puntare sul capitale sociale. «In alcuni paesi la crisi unisce, in altri Paesi aumenta la frammentazione. Dove non può arrivare lo Stato però può rispondere il terzo settore e il volontariato in un’ottica di sussidiarietà e possiamo ripartire al capitale sociale».
Dopo il saluto di Giacomo Bazzoni, presidente della Commissione sociale dell’Anci, il presidente del Cnv Edoardo Patriarca ha ricordato come il titolo dell’iniziativa voglia infondere speranza: la crisi può essere anche la grande occasione per ripensare un Paese migliore. «Trovando sinergie, giuste alleanze e capacità di visione possiamo costruire un Paese migliore» ha detto il presidente del Cnv. «Il welfare che verrà si sperimenterà nei territori che sono i luoghi dove è possibile fare innovazione sociale. I nostri sindaci sono i soggetti chiamati a contribuire, ma anche i soggetti sociali e presenti nel territorio che vogliono assumersi una responsabilità, ripartendo da quella visione contenuta nella legge 328 che parlava di progettazione con un approccio poliarchico dove ognuno dà il suo contributo. È dove il terzo settore diventa soggetto politico».
Ha preso poi la parola il professor Cristiano Gori. «Parto dalle due parole chiave dell’incontro di oggi: politiche nazionali e ’terza repubblica’, cioè cosa accadrà nel prossimo futuro. Condivido con voi la domanda su quali sono le condizioni su cui è possibile che la terza repubblica costruisca politiche sociali migliori di quelle della seconda. Il 2013 sarà l’anno in cui si scontreranno i due elementi che hanno tenuto insieme il sistema: l’effetto trascinamento dei fondi che si potevano usare, e le soluzioni già trovate dai Comuni nel loro bilancio per sposta fondi sul sociale». Gori ha ricordato come l’argomento «non ci sono risorse» sia sempre stato ricorrente, ma in realtà come si tratti di questione di scelte. «La spesa sociale è cresciuta negli ultimi anni, ma molto meno di quello di cui ci sarebbe stato bisogno».
«L’attuale governo ha assorbito l’impianto del precedente senza metterlo in discussione, certo dovendo rispondere alle emergenze, ma scegliendo di suddividere i costi della crisi senza particolare attenzione per i servizi sociali e i loro utenti». «Non si può però dire che se finirà la crisi ci saranno più risorse per il sociale, perchè le risorse disponibili sono comunque inferiori di quelle che sono le richieste generali sulla spesa pubblica. Ci saranno pressioni di spesa pubblica superiori alle risorse disponibili anche qualora i governi decidessero di spendere di più. L’unico punto sarà decidere di fare del sociale una priorità. L’altro problema non potrà più essere chiedere più soldi per il sociale, e allora si dovrà dire a cosa si è disposti a rinunciare per il sociale». Il secondo punto che Gori ha sottolineato è relativo ai risultati che si vedranno in tempi rapidi. «Incrociando i dati sociali, capiamo gli effetti che ci saranno: o si interviene in tempi ragionevoli oppure saranno evidenti i danni sociali». «La buona notizia -ha aggiunto Gori- è che i servizi sociali dei Comuni costano molto poco rispetto alle altre voci di welfare sociale. Pochi sono i settori che con un incremento di risorse così piccoli rispetto alla torta complessiva possono fare un salto di qualità. È il vero argomento da portare avanti».
Il terzo punto che ha toccato Gori nel suo intervento è relativo alle riforme nazionali, ricordando come siano solo l’Italia e la Grecia a non aver fatto riforme nazionali. «Per chi si occupa di sociale a livello nazionale c’è un grande spazio da riempire perché è il tema su cui c’è stata meno attenzione, in un’ottica di rispetto e collaborazione con i livelli locali». Infine secondo Gori «il sociale può fare molto per spingere in questa direzione. Sta crescendo su due assi: la capacità di essere incisivo politicamente e la capacità tecnica. Il sociale ha deciso che per tradurre in pratica i valori non deve dichiarare, ma trovare gli strumenti tecnici per farlo. Per diventare sempre più forti nella rappresentanza nazionale del welfare locale: essere più solidi politicamente e passare dalla difesa all’attacco. Tutte le azioni dell’ultimo anno sono state risposte a provvedimenti penalizzanti, ma c’è anche un grande spazio di proposizione. Per ultimo è necessario costruire un discorso pubblico per sfatare i luoghi comuni sul welfare imperanti, come quello secondo cui il problema del welfare in Italia sono i falsi invalidi».
Il sindaco Lorenzo Guerini, responsabile welfare dell’associazione nazionale dei comuni italiani, ha ricordato come il quadro generale condizioni pesantemente la capacità dei comuni di fronteggiare le situazioni di difficoltà. «Non escludo che ci possano essere anche gesti estremi dei sindaci per farsi sentire, a me non piace che si debba ricorrere a mezzi non convenzionali, ma siamo in una situazione in cui la richiesta di impegno da parte dei Comuni ci porta a situazioni di grandissima difficoltà e precarietà. Avevamo chiesto due cose: un allentamento del patto di stabilità e una comprensione di quello che succederà nel 2013 in relazione all’Imu. Rispetto a questo quadro c’è una parte inadempiente, il Governo, e la situazione dei Comuni è drammatica». Guerini ha anche commentato le ultime risorse stanziate dal Governo sul sociale. «I novecento milioni di euro a disposizione di palazzo Chigi, che dovrebbero essere dedicati indistintamente al sociale, rischiano di essere un salvadanaio a cui tutti guardano e attingono per rispondere alle emergenze. Il primo punto che dovremmo riporre in movimento è ragionare sulle risorse: viviamo il paradosso di risorse sempre meno presenti in un momento in cui i bisogni aumentano.
I Comuni sono il soggetto istituzionale più esposto nei confronti dei cittadini e cerchiamo di affrontare i passaggi facendo scelte di bilancio perchè, in un quadro in cui le risorse sono diminuite, è crollato l’intervento di carattere nazionale, ma i Comuni hanno aumentato le risorse facendo scelte di bilancio di natura politica. Ma il tema centrale è che queste operazioni di bilancio sono già state fatte ed altre sarà difficile compierle». «Dal punto di vista politico -ha detto Guerini- dobbiamo far crescere la voce in termini di capacità e rappresentanza del welfare locale nei confronti della politica nazionale e la relazione fra il sistema dei Comuni e il volontariato e essenziale perché siamo attori di uno stesso sistema». «In un quadro in cui i Comuni hanno fatto uno sforzo importante, vogliamo rafforzare comunque il welfare locale ed andare con prudenza, umiltà, attenzione e responsabilità ad intervenire nella spesa che già viene effettuata, a capire se può essere presidiata in maniera differente e più qualificata. Rispetto all’Inps dobbiamo fare alcune valutazioni per rendere più efficiente e virtuosa la spesa sociale». La terza questione ricordata da Guerini è relativa alla valorizzazione delle esperienze positive di questi anni. «Come Anci abbiamo il dovere di fare emergere le buone pratiche, i punti più avanzati presenti nel paese e far si che diventino prassi sempre più consolidate nella realtà italiana. L’idea del benessere della comunità non riguarda solo le amministrazioni comunali ma tutta la comunità. È serve un salto di qualità dei Comuni e di tutti i soggetti. Il compito da porci è quello di far rientrare nel dibattito politico nazionale il tema del welfare».
Il punto di vista del terzo settore lo ha portato Michele Mangano presidente dell’Auser e rappresentante del Forum del Terzo Settore. «La collaborazione fra Forum, Cnv e Anci è da rafforzare per gli scenari che vivremo nei prossimi anni in cui la situazione sarà seria e grave». «La prima considerazione rispetto allo scenario che viene richiamato è di quale società uscirà da questa crisi e quale welfare si costruirà». «Se si parte dall’idea che il welfare mina la crescita e condiziona lo sviluppo, la risposta non può che essere quella di contrarre sempre di più l’intervento pubblico e affidare al privato il compito di rispondere ai bisogni. Se c’è un limite dell’attuale governo nazionale, a cui va riconosciuto di aver affrontato la crisi con una forza senza precedenti, è relativo al tema dell’equità.
Il ruolo del volontariato rischia di diventare sempre di più residuale e non complementare del pubblico. La crisi ha travolto i modelli di welfare che avevamo conosciuto e accanto al tradizionale intervento dello Stato si è affermato il terzo settore che dà alle politiche sociali e a quelle del lavoro un contributo di dimensioni notevoli». «Dal punto di vista del nostro mondo dobbiamo agire insieme in ottica di rete per essere più efficaci e rafforzare il fine ultimo delle nostre emissioni, affermando il principio di reciprocità come norma sociale e come centro dell’economia civile».
Volontariatoggi - Come uscirà il welfare italiano dalla crisi e che ruolo giocheranno il volontariato e l’intero terzo settore? Da questi due interrogativi correlati e fondamentali ha preso le mosse il convengo che si è svolto questa mattina a Roma presso il Cnel «Dopo la crisi, il volontariato che verrà» organizzato dal Centro Nazionale per il Volontariato, l’Anci e il Forum Nazionale del Terzo Settore. Ha aperto i lavori il presidente del Cnel Antonio Marzano che ha parlato del «paradosso del welfare». «Quando -ha detto Marzano- l’economia cresce, lo stesso aumento del prodotto interno lordo mette a disposizione risorse aggiuntive che possono del tutto o in parte andare al welfare. Ma quando ci sarebbe più bisogno del welfare, quando l’economia non cresce, è necessaria una redistribuzione delle risorse per il welfare.
La redistribuzione non è mai un’operazione facile. In Italia le previsioni non sono favorevoli, ma a questo paradosso si aggiunge l’influenza dell’Unione europea e delle regole europee. Soffriamo adesso di un duplice paradosso, quello generale che si applica a tutti e quello di un’Unione che per il modo in cui è attrezzata chiede politiche restrittive quando c’è la crisi e i Comuni ne sanno qualcosa». Marzano ha poi incentrato la riflessione sulla necessità di puntare sul capitale sociale. «In alcuni paesi la crisi unisce, in altri Paesi aumenta la frammentazione. Dove non può arrivare lo Stato però può rispondere il terzo settore e il volontariato in un’ottica di sussidiarietà e possiamo ripartire al capitale sociale».
Dopo il saluto di Giacomo Bazzoni, presidente della Commissione sociale dell’Anci, il presidente del Cnv Edoardo Patriarca ha ricordato come il titolo dell’iniziativa voglia infondere speranza: la crisi può essere anche la grande occasione per ripensare un Paese migliore. «Trovando sinergie, giuste alleanze e capacità di visione possiamo costruire un Paese migliore» ha detto il presidente del Cnv. «Il welfare che verrà si sperimenterà nei territori che sono i luoghi dove è possibile fare innovazione sociale. I nostri sindaci sono i soggetti chiamati a contribuire, ma anche i soggetti sociali e presenti nel territorio che vogliono assumersi una responsabilità, ripartendo da quella visione contenuta nella legge 328 che parlava di progettazione con un approccio poliarchico dove ognuno dà il suo contributo. È dove il terzo settore diventa soggetto politico».
Ha preso poi la parola il professor Cristiano Gori. «Parto dalle due parole chiave dell’incontro di oggi: politiche nazionali e ’terza repubblica’, cioè cosa accadrà nel prossimo futuro. Condivido con voi la domanda su quali sono le condizioni su cui è possibile che la terza repubblica costruisca politiche sociali migliori di quelle della seconda. Il 2013 sarà l’anno in cui si scontreranno i due elementi che hanno tenuto insieme il sistema: l’effetto trascinamento dei fondi che si potevano usare, e le soluzioni già trovate dai Comuni nel loro bilancio per sposta fondi sul sociale». Gori ha ricordato come l’argomento «non ci sono risorse» sia sempre stato ricorrente, ma in realtà come si tratti di questione di scelte. «La spesa sociale è cresciuta negli ultimi anni, ma molto meno di quello di cui ci sarebbe stato bisogno».
«L’attuale governo ha assorbito l’impianto del precedente senza metterlo in discussione, certo dovendo rispondere alle emergenze, ma scegliendo di suddividere i costi della crisi senza particolare attenzione per i servizi sociali e i loro utenti». «Non si può però dire che se finirà la crisi ci saranno più risorse per il sociale, perchè le risorse disponibili sono comunque inferiori di quelle che sono le richieste generali sulla spesa pubblica. Ci saranno pressioni di spesa pubblica superiori alle risorse disponibili anche qualora i governi decidessero di spendere di più. L’unico punto sarà decidere di fare del sociale una priorità. L’altro problema non potrà più essere chiedere più soldi per il sociale, e allora si dovrà dire a cosa si è disposti a rinunciare per il sociale». Il secondo punto che Gori ha sottolineato è relativo ai risultati che si vedranno in tempi rapidi. «Incrociando i dati sociali, capiamo gli effetti che ci saranno: o si interviene in tempi ragionevoli oppure saranno evidenti i danni sociali». «La buona notizia -ha aggiunto Gori- è che i servizi sociali dei Comuni costano molto poco rispetto alle altre voci di welfare sociale. Pochi sono i settori che con un incremento di risorse così piccoli rispetto alla torta complessiva possono fare un salto di qualità. È il vero argomento da portare avanti».
Il terzo punto che ha toccato Gori nel suo intervento è relativo alle riforme nazionali, ricordando come siano solo l’Italia e la Grecia a non aver fatto riforme nazionali. «Per chi si occupa di sociale a livello nazionale c’è un grande spazio da riempire perché è il tema su cui c’è stata meno attenzione, in un’ottica di rispetto e collaborazione con i livelli locali». Infine secondo Gori «il sociale può fare molto per spingere in questa direzione. Sta crescendo su due assi: la capacità di essere incisivo politicamente e la capacità tecnica. Il sociale ha deciso che per tradurre in pratica i valori non deve dichiarare, ma trovare gli strumenti tecnici per farlo. Per diventare sempre più forti nella rappresentanza nazionale del welfare locale: essere più solidi politicamente e passare dalla difesa all’attacco. Tutte le azioni dell’ultimo anno sono state risposte a provvedimenti penalizzanti, ma c’è anche un grande spazio di proposizione. Per ultimo è necessario costruire un discorso pubblico per sfatare i luoghi comuni sul welfare imperanti, come quello secondo cui il problema del welfare in Italia sono i falsi invalidi».
Il sindaco Lorenzo Guerini, responsabile welfare dell’associazione nazionale dei comuni italiani, ha ricordato come il quadro generale condizioni pesantemente la capacità dei comuni di fronteggiare le situazioni di difficoltà. «Non escludo che ci possano essere anche gesti estremi dei sindaci per farsi sentire, a me non piace che si debba ricorrere a mezzi non convenzionali, ma siamo in una situazione in cui la richiesta di impegno da parte dei Comuni ci porta a situazioni di grandissima difficoltà e precarietà. Avevamo chiesto due cose: un allentamento del patto di stabilità e una comprensione di quello che succederà nel 2013 in relazione all’Imu. Rispetto a questo quadro c’è una parte inadempiente, il Governo, e la situazione dei Comuni è drammatica». Guerini ha anche commentato le ultime risorse stanziate dal Governo sul sociale. «I novecento milioni di euro a disposizione di palazzo Chigi, che dovrebbero essere dedicati indistintamente al sociale, rischiano di essere un salvadanaio a cui tutti guardano e attingono per rispondere alle emergenze. Il primo punto che dovremmo riporre in movimento è ragionare sulle risorse: viviamo il paradosso di risorse sempre meno presenti in un momento in cui i bisogni aumentano.
I Comuni sono il soggetto istituzionale più esposto nei confronti dei cittadini e cerchiamo di affrontare i passaggi facendo scelte di bilancio perchè, in un quadro in cui le risorse sono diminuite, è crollato l’intervento di carattere nazionale, ma i Comuni hanno aumentato le risorse facendo scelte di bilancio di natura politica. Ma il tema centrale è che queste operazioni di bilancio sono già state fatte ed altre sarà difficile compierle». «Dal punto di vista politico -ha detto Guerini- dobbiamo far crescere la voce in termini di capacità e rappresentanza del welfare locale nei confronti della politica nazionale e la relazione fra il sistema dei Comuni e il volontariato e essenziale perché siamo attori di uno stesso sistema». «In un quadro in cui i Comuni hanno fatto uno sforzo importante, vogliamo rafforzare comunque il welfare locale ed andare con prudenza, umiltà, attenzione e responsabilità ad intervenire nella spesa che già viene effettuata, a capire se può essere presidiata in maniera differente e più qualificata. Rispetto all’Inps dobbiamo fare alcune valutazioni per rendere più efficiente e virtuosa la spesa sociale». La terza questione ricordata da Guerini è relativa alla valorizzazione delle esperienze positive di questi anni. «Come Anci abbiamo il dovere di fare emergere le buone pratiche, i punti più avanzati presenti nel paese e far si che diventino prassi sempre più consolidate nella realtà italiana. L’idea del benessere della comunità non riguarda solo le amministrazioni comunali ma tutta la comunità. È serve un salto di qualità dei Comuni e di tutti i soggetti. Il compito da porci è quello di far rientrare nel dibattito politico nazionale il tema del welfare».
Il punto di vista del terzo settore lo ha portato Michele Mangano presidente dell’Auser e rappresentante del Forum del Terzo Settore. «La collaborazione fra Forum, Cnv e Anci è da rafforzare per gli scenari che vivremo nei prossimi anni in cui la situazione sarà seria e grave». «La prima considerazione rispetto allo scenario che viene richiamato è di quale società uscirà da questa crisi e quale welfare si costruirà». «Se si parte dall’idea che il welfare mina la crescita e condiziona lo sviluppo, la risposta non può che essere quella di contrarre sempre di più l’intervento pubblico e affidare al privato il compito di rispondere ai bisogni. Se c’è un limite dell’attuale governo nazionale, a cui va riconosciuto di aver affrontato la crisi con una forza senza precedenti, è relativo al tema dell’equità.
Il ruolo del volontariato rischia di diventare sempre di più residuale e non complementare del pubblico. La crisi ha travolto i modelli di welfare che avevamo conosciuto e accanto al tradizionale intervento dello Stato si è affermato il terzo settore che dà alle politiche sociali e a quelle del lavoro un contributo di dimensioni notevoli». «Dal punto di vista del nostro mondo dobbiamo agire insieme in ottica di rete per essere più efficaci e rafforzare il fine ultimo delle nostre emissioni, affermando il principio di reciprocità come norma sociale e come centro dell’economia civile».
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