Il potere del vero Messia non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore
È quanto ha detto Benedetto XVI durante la solennità di Cristo-Re
di Carlo Mafera
“La Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo”. Lo ha detto ieri mattina Benedetto XVI nella messa con i nuovi cardinali, nella basilica vaticana, in occasione della solennità di Cristo re dell’universo, che chiude l’anno liturgico. Gesù, ha chiarito, “è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace. Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio”. In effetti, “il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore”. La regalità di Gesù, ha spiegato il Papa, è quella “della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza”. Con il suo sacrificio, “Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo”.
“Essere discepoli di Gesù significa allora - ha precisato il Pontefice - non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio”. Riguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, “la conversione, come risposta alla grazia divina - ha sostenuto il Santo Padre - è la condizione per l’instaurazione di questo regno”. Si tratta di “un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita”.
Rivolgendosi ai cardinali, in particolare a quelli nominati sabato 24 novembre, Benedetto XVI ha ricordato che a loro “viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze, facendosi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate. Questa è la rivelazione del regno di Gesù”.
Ma cosa ha voluto dire il Papa circa la rivelazione di Dio nella storia? Cosa si intende per verità e in particolare per verità ultime? Si deve precisare che l’uomo è capace di aprirsi all’essere e quindi anche all’Essere supremo. Esiste, a mio avviso, un’apertura reciproca dell’uomo a Dio e di Dio all’uomo. E l’apertura di Dio all’uomo avviene mediante la rivelazione. Riconoscere che Dio si rivela in una creazione storica e in una storia creata suggerisce che l’articolazione fra rivelazione nel creato e rivelazione nella storia debba essere cercata e compresa entro l’orizzonte di un disegno divino unitario, che si dispiega temporalmente lungo la storia. Dio si è manifestato all’uomo, non solo come un Dio creatore e ordinatore ma anche come un Dio di amore e verità. Lo stesso Dio che crea è anche quello che ama e lo fa calandosi nella storia incarnandosi e diventandone centro.
L’uomo deve certamente restare in ascolto di una speciale manifestazione dell’essere, come suggerito da Heidegger. L’uomo è capace di aprirsi all’Essere e di comprenderlo nella sua manifestazione, ma tale manifestazione si è già realizzata nella storia dell’umanità mediante Colui che trascende la storia, perché Creatore del tempo. È in questa ottica che andrebbe riletta la formula cristiana che, con espressione felice, segnala Cristo “centro del cosmo e della storia”, di sicuro fondamento biblico e liturgico. Essa non dice soltanto che il ruolo rivelatore del creato dipende, in ultima analisi, dalla sua ordinabilità e dalla sua storica ordinazione a Cristo-Verbo, essendo il Verbo incarnato la spiegazione ultima dell’universo e il senso definitivo dato alla creazione. Riconoscere Cristo al centro del cosmo e della storia vuol dire anche che Egli è centro della storia perché lo è anche del cosmo, ed è centro del cosmo perché lo è della storia. La sua posizione di vertice nella storia della salvezza può essere riconosciuta solo mediante un giudizio metastorico, che la stessa rivelazione áncora al mistero della creazione, dichiarando il Verbo incarnato centro del cosmo, Parola eterna che, sostenendo il mondo, sostiene anche la storia.
di Carlo Mafera
“La Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo”. Lo ha detto ieri mattina Benedetto XVI nella messa con i nuovi cardinali, nella basilica vaticana, in occasione della solennità di Cristo re dell’universo, che chiude l’anno liturgico. Gesù, ha chiarito, “è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace. Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio”. In effetti, “il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore”. La regalità di Gesù, ha spiegato il Papa, è quella “della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza”. Con il suo sacrificio, “Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo”.
“Essere discepoli di Gesù significa allora - ha precisato il Pontefice - non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio”. Riguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, “la conversione, come risposta alla grazia divina - ha sostenuto il Santo Padre - è la condizione per l’instaurazione di questo regno”. Si tratta di “un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita”.
Rivolgendosi ai cardinali, in particolare a quelli nominati sabato 24 novembre, Benedetto XVI ha ricordato che a loro “viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze, facendosi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate. Questa è la rivelazione del regno di Gesù”.
Ma cosa ha voluto dire il Papa circa la rivelazione di Dio nella storia? Cosa si intende per verità e in particolare per verità ultime? Si deve precisare che l’uomo è capace di aprirsi all’essere e quindi anche all’Essere supremo. Esiste, a mio avviso, un’apertura reciproca dell’uomo a Dio e di Dio all’uomo. E l’apertura di Dio all’uomo avviene mediante la rivelazione. Riconoscere che Dio si rivela in una creazione storica e in una storia creata suggerisce che l’articolazione fra rivelazione nel creato e rivelazione nella storia debba essere cercata e compresa entro l’orizzonte di un disegno divino unitario, che si dispiega temporalmente lungo la storia. Dio si è manifestato all’uomo, non solo come un Dio creatore e ordinatore ma anche come un Dio di amore e verità. Lo stesso Dio che crea è anche quello che ama e lo fa calandosi nella storia incarnandosi e diventandone centro.
L’uomo deve certamente restare in ascolto di una speciale manifestazione dell’essere, come suggerito da Heidegger. L’uomo è capace di aprirsi all’Essere e di comprenderlo nella sua manifestazione, ma tale manifestazione si è già realizzata nella storia dell’umanità mediante Colui che trascende la storia, perché Creatore del tempo. È in questa ottica che andrebbe riletta la formula cristiana che, con espressione felice, segnala Cristo “centro del cosmo e della storia”, di sicuro fondamento biblico e liturgico. Essa non dice soltanto che il ruolo rivelatore del creato dipende, in ultima analisi, dalla sua ordinabilità e dalla sua storica ordinazione a Cristo-Verbo, essendo il Verbo incarnato la spiegazione ultima dell’universo e il senso definitivo dato alla creazione. Riconoscere Cristo al centro del cosmo e della storia vuol dire anche che Egli è centro della storia perché lo è anche del cosmo, ed è centro del cosmo perché lo è della storia. La sua posizione di vertice nella storia della salvezza può essere riconosciuta solo mediante un giudizio metastorico, che la stessa rivelazione áncora al mistero della creazione, dichiarando il Verbo incarnato centro del cosmo, Parola eterna che, sostenendo il mondo, sostiene anche la storia.
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