giovedì, novembre 15, 2012
Radio Vaticana - Il ddl sulla diffamazione a mezzo stampa tornerà all'esame dell'Aula martedì prossimo. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama all’indomani del voto del Parlamento che ha reintrodotto la pena detentiva per questo tipo di reato. Il Pd ha ribadito che il gruppo presenterà una questione di sospensiva, ritenendo che non vi siano più le condizioni politiche per portare avanti il provvedimento. Di parere opposto il Pdl che sta studiando nuove modifiche al testo. Intanto il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Nils Muiznieks, fa sapere di seguire con ''grande preoccupazione'' l'iter legislativo del ddl in questione e di ritenere che mantenere il carcere per i giornalisti sarebbe un ''grave passo indietro'' per l'Italia e non solo. Quasi unanime l’opinione che prevedere il carcere per un giornalista colpevole di diffamazione sarebbe gravemente lesivo della libertà di stampa. Adriana Masotti ne ha parlato con Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla LUMSA di Roma: ascolta.

R. – Credo che sia una misura eccessiva. Credo che debba essere cancellata, perché il giornalista deve essere libero di esercitare la libertà di informazione e di critica, che quindi vuol dire anche esprimere un’opinione. Detto questo, però, va detto anche che le persone lese da informazioni diffamatorie devono ricevere un’adeguata riparazione. Credo che sia eccessiva la pena detentiva, ma che sia necessario predisporre un apparato sanzionatorio molto robusto per evitare che la libertà di informazione diventi licenza di insulto e di linciaggio mediatico. 

D. – Molti sostengono che una soluzione potrebbe essere stabilire regole più rigide per quanto riguarda la rettifica … 

R. – Io non sono d’accordo con chi dice che la rettifica debba essere esaustiva del risarcimento. Ci sono dei casi nei quali la rettifica non basta a riparare il danno provocato. Se passasse l’idea che basta una rettifica per risolvere il problema, io credo ci sarebbe il rischio che molti giornalisti potrebbero utilizzare l’arma della rettifica per modificare uno stato d’arte, cioè una opinione espressa, dopo aver danneggiato gravemente il soggetto. Mi spiego: ci sono danni che non sono riparabili. Se una persona viene diffamata su un giornale ed è in lizza per un incarico che viene assegnato il giorno dopo, e per ragioni di opportunità l’incarico non viene più assegnato a questa persona, se poi la rettifica arriva giorni dopo non ripara un bel nulla, perché questa persona è stata comunque danneggiata. 

D. – Dunque, il carcere è spropositato, come pena; la rettifica non basta … Come si può risolvere questa questione? 

R. – Robuste sanzioni pecuniarie per i casi più gravi e quindi necessità che le diffamazioni davvero gravi vengano punite in modo esemplare, e sanzioni disciplinari. Io non ho difficoltà a dire che l’Ordine dei giornalisti potrebbe riacquistare molta della sua autorevolezza se riuscisse a comminare sanzioni fino alla radiazione, ma anche semplicemente la sospensione per alcuni mesi – che mi sembra più equilibrata e ragionevole come sanzione – per i casi di giornalisti che dovessero diffamare pesantemente dei cittadini.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa