Le testimonianze di donne mobbizzate raccontano quanto nel nostro Paese ci sia da fare per proteggerle da sfruttatori, colleghi malati, moderni schiavisti. C’è però chi lavora con coraggio e rischiando, per farle essere ancora persone.
Città Nuova - «Mi ha tagliato le gomme della macchina, ha cercato di investirmi ed ha attaccato con un bastone di ferro me e mia sorella accorsa per difendermi dopo aver sentito le mie urla», così inizia il racconto della sua drammatica esperienza, Rosa Glorioso, sociologa, perseguitata per anni da un collega sul posto di lavoro, con violenze a livello fisico e psicologico, «l’ho denunciato e sto continuando la mia lotta, purtroppo però non è stato licenziato ma solo trasferito in un’altra sede e nonostante questo continua a perseguitarmi». Come lei molte altre donne hanno raccontato coraggiosamente la loro storia durante il meeting La violenza sulle donne nei luoghi di lavoro, organizzato da Cgil, Cisl e Uil, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Più che di donne, le giovani presenti si tratta di ragazze, bambine, spesso straniere, arrivate in Italia con la speranza e la promessa di un lavoro e che invece si trovano ad essere sfruttate, violentate e senza protezione. Lucia Capezzuto, sindacalista della Cgil, anche lei racconta la storia di una donna, sottopagata e immigrata. Parla per conto di Irina, giornalista dell’Est, arrivata in Italia per problemi economici. A Napoli si reinventa badante, lavora per un’anziana signora e una notte subisce violenze da parte del figlio della donna, dopo aver lottato si ritrova per strada, in pigiama, alle tre di notte, sola e con la paura di denunciare il suo aggressore perché senza permesso di soggiorno. Drammatica è anche la storia di Maria, che ci viene presentata attraverso un video. Una ragazza bulgara di 19 anni, arrivata in Italia quando ne aveva appena 13. I suoi genitori sono malati, si affida così ad un uomo Italiano che la convince a partire con lui per il Belpaese con la promessa di un lavoro che le permetta di mandare i soldi per le cure ai suoi genitori. La stessa notte in cui arriva viene portata in un night e chiusa in una stanza, la picchiano, la minacciano di morte e minacciano di uccidere i suoi genitori, se non farà quello che le ordinano. In quella stanza Maria è rimasta per un anno intero, senza poter mai uscire. Alla giornalista che nel video le chiede di parlare della sua storia, confida: «Sono rimasta incinta e quando lo hanno scoperto sono entrati in quattro nella mia stanza, due mi tenevano ferma, gli altri mi hanno picchiata fino a farmi perdere il bambino». Fortunatamente oggi Maria è lontana da tutto questo, salvata da don Aldo della comunità Giovanni XXIII di don Benzi, mentre era sulla strada. Anche lei schiava della notte, si è fidata di lui ed è scappata per tornare ad essere libera. Queste sono solo alcune delle tante storie di donne e bambine che subiscono violenze ogni giorno. Testimonianze che mostrano quanto ancora nel nostro Paese si debba lavorare per riuscire a proteggerle e quanto sia importante non nascondersi dietro al silenzio ma parlare e far sentire la propria voce a sostegno anche di chi ogni giorno prova a inventarsi un’altra vita.
Città Nuova - «Mi ha tagliato le gomme della macchina, ha cercato di investirmi ed ha attaccato con un bastone di ferro me e mia sorella accorsa per difendermi dopo aver sentito le mie urla», così inizia il racconto della sua drammatica esperienza, Rosa Glorioso, sociologa, perseguitata per anni da un collega sul posto di lavoro, con violenze a livello fisico e psicologico, «l’ho denunciato e sto continuando la mia lotta, purtroppo però non è stato licenziato ma solo trasferito in un’altra sede e nonostante questo continua a perseguitarmi». Come lei molte altre donne hanno raccontato coraggiosamente la loro storia durante il meeting La violenza sulle donne nei luoghi di lavoro, organizzato da Cgil, Cisl e Uil, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Più che di donne, le giovani presenti si tratta di ragazze, bambine, spesso straniere, arrivate in Italia con la speranza e la promessa di un lavoro e che invece si trovano ad essere sfruttate, violentate e senza protezione. Lucia Capezzuto, sindacalista della Cgil, anche lei racconta la storia di una donna, sottopagata e immigrata. Parla per conto di Irina, giornalista dell’Est, arrivata in Italia per problemi economici. A Napoli si reinventa badante, lavora per un’anziana signora e una notte subisce violenze da parte del figlio della donna, dopo aver lottato si ritrova per strada, in pigiama, alle tre di notte, sola e con la paura di denunciare il suo aggressore perché senza permesso di soggiorno. Drammatica è anche la storia di Maria, che ci viene presentata attraverso un video. Una ragazza bulgara di 19 anni, arrivata in Italia quando ne aveva appena 13. I suoi genitori sono malati, si affida così ad un uomo Italiano che la convince a partire con lui per il Belpaese con la promessa di un lavoro che le permetta di mandare i soldi per le cure ai suoi genitori. La stessa notte in cui arriva viene portata in un night e chiusa in una stanza, la picchiano, la minacciano di morte e minacciano di uccidere i suoi genitori, se non farà quello che le ordinano. In quella stanza Maria è rimasta per un anno intero, senza poter mai uscire. Alla giornalista che nel video le chiede di parlare della sua storia, confida: «Sono rimasta incinta e quando lo hanno scoperto sono entrati in quattro nella mia stanza, due mi tenevano ferma, gli altri mi hanno picchiata fino a farmi perdere il bambino». Fortunatamente oggi Maria è lontana da tutto questo, salvata da don Aldo della comunità Giovanni XXIII di don Benzi, mentre era sulla strada. Anche lei schiava della notte, si è fidata di lui ed è scappata per tornare ad essere libera. Queste sono solo alcune delle tante storie di donne e bambine che subiscono violenze ogni giorno. Testimonianze che mostrano quanto ancora nel nostro Paese si debba lavorare per riuscire a proteggerle e quanto sia importante non nascondersi dietro al silenzio ma parlare e far sentire la propria voce a sostegno anche di chi ogni giorno prova a inventarsi un’altra vita.
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