mercoledì, novembre 07, 2012
Barack Obama è stato rieletto presidente degli Stati Uniti: "Grazie per aver creduto in me - ha detto davanti ai suoi supporters in festa - ora lavorerò insieme con Romney per il bene del Paese, i nostri contrasti sono il segno della nostra democrazia.  

Radio Vaticana - Noi crediamo in un'America generosa e tollerante, il meglio deve ancora venire, l'economia è in ripresa e possiamo avere più occupazione, non sono mai stato così pieno di speranza per il futuro". Ai suoi sostenitori aveva inviato un messaggio via e-mail quando lo sfidante Mitt Romney ancora non aveva ammesso la sconfitta: “Farò tutto il possibile per finire quello che ho iniziato”. Poi, poco prima delle 7 ora italiana, è arrivata la telefonata di congratulazioni del candidato repubblicano Romney che davanti ai suoi sostenitori ha detto che l'America si trova in un momento di grandi sfide: "Prego che il presidente abbia successo nel guidare la nostra nazione". Obama avrebbe dalla sua 303 grandi elettori contro i 206 di Romney. Il presidente è riuscito a conquistare lo Stato chiave dell'Ohio col 50,1%, contro il 48,2% dello sfidante. Nella situazione attuale il Congresso rimane spaccato: ai repubblicani rimane il saldo controllo della Camera, ai democratici il Senato.

Grande festa nel quartier generale di Obama. Per una testimonianza su come i sostenitori del presidente Usa hanno accolto questa vittoria, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Boston, Kass Thomas, presidente in Italia di “Democrats Abroad”, l’organismo dei democratici all’estero: ascolta

R. – Gioia ma anche soddisfazione e orgoglio per il popolo che ha saputo richiamare quello che è il sogno americano.

D. – Dai primi sondaggi sembra che soprattutto le minoranze, gli afroamericani ma anche gli ispanoamericani abbiano permesso la rielezione di Obama...

R. – Non solo ma basta guardare le immagini di Chicago: quella che uno vede è la faccia dell’America. Per quanto riguarda gli ispanoamericani stiamo aspettando numeri senza precedenti perciò è veramente un presidente che rappresenta la popolazione americana.

D. – Quali sono le prime cose cui dovrà pensare il presidente a partire da domani?

R. – Disoccupazione, immigrazione, e poi abbiamo sempre la crisi nel nord-est e New York.

Per un commento a caldo sulla rielezione di Barack Obama, sentiamo Alberto Simoni, americanista della Stampa, intervistato da Massimiliano Menichetti:

R. – Se guardiamo la mappa elettorale questa mattina vediamo che la vittoria di Obama, seppur di misura da un punto di vista del consenso numerico, da un punto di vista del collegio elettorale, invece, è abbastanza pronunciata: ha praticamente conquistato tutti gli Stati in bilico lasciando a Romney, di fatto, la Nord Carolina.

D. – I festeggiamenti di Obama sono partiti prima degli annunci ufficiali; Romney invece ha tardato a riconoscere la sconfitta…

R. - Romney ha aspettato di avere la certezza del voto in Virginia, voleva avere la certezza che non ci fossero scarti minimi che obbligassero al riconteggio in alcuni Stati. Nel momento in cui ha capito che non c’era il margine per rimontare, a quel punto è arrivata, la decisione di concedere la vittoria a Obama.

D. – Romney ancora non aveva riconosciuto la sconfitta, i festeggiamenti erano in corso e Obama ha parlato sulla rete con un messaggio ribadendo: continueremo il lavoro iniziato. Un po’ violando il rito che vede il vincitore parlare solo dopo l’ammissione della sconfitta da parte di chi ha perso. Una particolarità di queste elezioni?

R. - Obama nel 2008 fu il primo ad utilizzare internet, il web, i social network, come potentissimo strumento di campagna elettorale. Obama, uomo del suo tempo, è capace di avere un contatto immediato col suo elettorato e col popolo americano. Ecco quindi che intervenire su Twitter per anticipare i tempi fa un po’ parte di quella trasformazione della politica e della comunicazione americana che ormai è sotto gli occhi di tutti.

D. – Che cosa ha pesato per questa vittoria di Obama?

R. – Penso che alla fine Obama abbia vinto perché molti americani non erano convinti del candidato repubblicano. Un presidente che è arrivato al voto indebolito, con un’economia in difficoltà, in lenta ripresa, e Romney era tra tutti quelli che si erano presentati alle primarie il più accreditato, però non era sicuramente un peso massimo. Quindi la vittoria di Obama è anche in parte legata alla debolezza del suo avversario.

D. – Gli ultimi interventi sul settore auto, il rilancio del settore auto hanno inciso in questi ultimi mesi?

R. – Sì, penso che abbiano inciso perché Stati che potevano essere dalla parte di Romney e in genere dei repubblicani, di fatto, non sono mai stati in gara. Pensiamo al Michigan che è andato agilmente a Obama; pensiamo al Wisconsin che addirittura è lo Stato di Paul Ryan, il running mate di Romney, il Wisconsin che è stato ancora assegnato a Obama; pensiamo all’Ohio dove tutto sommato la partita c’è stata ma si è risolta a favore di Obama. Sono tre Stati molto importanti dove General Motors e Chrysler hanno i loro quartieri generali, dove ci sono tantissimi operai, dove ci sono tantissimi lavoratori legati all’indotto dell’industria automobilistica. La politica di Obama di salvare l’industria dell’auto, evidentemente, è piaciuta a questi elettori.

D. – Ad un certo punto si è parlato anche del peso del voto dei cattolici preoccupati dei temi etici soprattutto per le decisioni di Obama in merito all’aborto. Pensi che questo abbia spostato consensi?

R. – I temi etici sono rimasti fondamentalmente esclusi da questa campagna elettorale, come in parte la politica estera, quindi non penso che il mondo cattolico abbia avuto un ruolo determinante questa volta. Penso che un po’ come storicamente accade i cattolici si siano divisi, qualcuno più preoccupato delle questioni etiche come l’aborto, come la riforma della sanità che non piace alla Chiesa e non piace neanche a molti cattolici, ma altri abbiano preferito seguire le questioni legate al sociale e politiche di welfare che con Obama dovrebbero quantomeno avere una priorità e certezza.


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