Chi raggiunge il paradiso? Chi è chiamato alla santità? Riusciremo a far germogliare e crescere il "seme divino" che è presente in ognuno di noi? Una riflessione
Città Nuova - Dicono che Giovanni Paolo II abbia inflazionato i santi. Pio XII ne aveva proclamati 33, Giovanni XXIII 10, Paolo VI 64, lui addirittura 482, più 1.341 beati! Ne ha fatti troppi? O troppo pochi? Ma quanti sono i santi? Il curato d’Ars usava ripetere: “Nel nostro cimitero riposano molti santi” e chissà quanti altri riposano nei cimiteri di tutto il mondo. La canonizzazione – l’onore degli altari, come si diceva una volta – raggiunge soltanto poche migliaia di persone, il paradiso, come leggiamo nel libro dell’Apocalisse, lo raggiunge “una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Per lo più sono persone che hanno vissuto le beatitudini evangeliche con semplicità e spesso nel nascondimento, senza alcuna notorietà.
Alcuni noti, altri meno noti… Noti e ignoti a chi? A noi. Ma chissà come Dio vede le cose. Quando mi trovo in mezzo alle folle, quando viaggio in metro, quando sono in una chiesa gremita, guardo le persone sconosciute e anonime e penso che ognuna di loro non è tale davanti a Dio, ma a lui conosciutissima e da lui amata e pensata; egli ne ha premura. Ci ha voluti uno per uno e gli siamo preziosi e cari come unici. Ognuno di noi – ognuno dei miliardi e miliardi di essere umani che sono passati, che sono e che passeranno – è una parola che il Padre ha pronunciato nel generare il Figlio suo e gli siamo figli: tutti un unico figlio nel suo unico Figlio. È proprio questa la santità, diventare Gesù.
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con forza che siamo tutti chiamati alla santità. Ma prima di essere una chiamata essa è un dono che Dio ci fa nel Figlio suo; “Siete stati santificati, nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio”, scrive san Paolo. In tutti i battezzati è stato seminato un “germe divino” che attende di crescere e giungere a pienezza; e questo è compito nostro, la nostra riposta d’amore all’iniziativa d’amore di Dio.
A volte si insidia il dubbio: sarà fatta per me la santità? Troppo difficile, impossibile, un lusso per pochi eletti… Allora ci accontentiamo di essere “buoni” – è già tanto! – e tutto finisce lì: il nemico della santità è la mediocrità. A quel punto il desiderio e lo slancio a diventare santo, che prima o poi ognuno ha avvertito, rallenta e iniziano a insinuarsi i compromessi, i propositi si insabbiano, ci adagiamo nello stato quo: il nemico della santità da mediocrità si trasforma in rassegnazione. La festa di Tutti i Santi è uno scossone che ci richiama alla realtà. È un invito a guardare in alto, a quell’infinita schiera di “santi” che già popolano il Paradiso e che “fanno tifo” per noi, intercedono per noi, ci sono vicini e ci aiutano nel “santo viaggio”.
La festa di Tutti i Santi ci ricorda che non siamo soli nel cammino verso la santità, ma parte di un popolo di santi: “Voi siete la stirpe eletta – ci direbbe san Pietro –, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato”. Gesù infatti “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa”. Quella a cui siamo chiamati è proprio una “santità di popolo”, una “santità collettiva”, come ci ricorda ancora il Concilio: “Dio ha voluto santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”.
La “moltitudine immensa” che ci aspetta in cielo, ci assicura che anche noi possiamo giungere là dove loro sono.
Città Nuova - Dicono che Giovanni Paolo II abbia inflazionato i santi. Pio XII ne aveva proclamati 33, Giovanni XXIII 10, Paolo VI 64, lui addirittura 482, più 1.341 beati! Ne ha fatti troppi? O troppo pochi? Ma quanti sono i santi? Il curato d’Ars usava ripetere: “Nel nostro cimitero riposano molti santi” e chissà quanti altri riposano nei cimiteri di tutto il mondo. La canonizzazione – l’onore degli altari, come si diceva una volta – raggiunge soltanto poche migliaia di persone, il paradiso, come leggiamo nel libro dell’Apocalisse, lo raggiunge “una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Per lo più sono persone che hanno vissuto le beatitudini evangeliche con semplicità e spesso nel nascondimento, senza alcuna notorietà.
Alcuni noti, altri meno noti… Noti e ignoti a chi? A noi. Ma chissà come Dio vede le cose. Quando mi trovo in mezzo alle folle, quando viaggio in metro, quando sono in una chiesa gremita, guardo le persone sconosciute e anonime e penso che ognuna di loro non è tale davanti a Dio, ma a lui conosciutissima e da lui amata e pensata; egli ne ha premura. Ci ha voluti uno per uno e gli siamo preziosi e cari come unici. Ognuno di noi – ognuno dei miliardi e miliardi di essere umani che sono passati, che sono e che passeranno – è una parola che il Padre ha pronunciato nel generare il Figlio suo e gli siamo figli: tutti un unico figlio nel suo unico Figlio. È proprio questa la santità, diventare Gesù.
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con forza che siamo tutti chiamati alla santità. Ma prima di essere una chiamata essa è un dono che Dio ci fa nel Figlio suo; “Siete stati santificati, nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio”, scrive san Paolo. In tutti i battezzati è stato seminato un “germe divino” che attende di crescere e giungere a pienezza; e questo è compito nostro, la nostra riposta d’amore all’iniziativa d’amore di Dio.
A volte si insidia il dubbio: sarà fatta per me la santità? Troppo difficile, impossibile, un lusso per pochi eletti… Allora ci accontentiamo di essere “buoni” – è già tanto! – e tutto finisce lì: il nemico della santità è la mediocrità. A quel punto il desiderio e lo slancio a diventare santo, che prima o poi ognuno ha avvertito, rallenta e iniziano a insinuarsi i compromessi, i propositi si insabbiano, ci adagiamo nello stato quo: il nemico della santità da mediocrità si trasforma in rassegnazione. La festa di Tutti i Santi è uno scossone che ci richiama alla realtà. È un invito a guardare in alto, a quell’infinita schiera di “santi” che già popolano il Paradiso e che “fanno tifo” per noi, intercedono per noi, ci sono vicini e ci aiutano nel “santo viaggio”.
La festa di Tutti i Santi ci ricorda che non siamo soli nel cammino verso la santità, ma parte di un popolo di santi: “Voi siete la stirpe eletta – ci direbbe san Pietro –, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato”. Gesù infatti “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa”. Quella a cui siamo chiamati è proprio una “santità di popolo”, una “santità collettiva”, come ci ricorda ancora il Concilio: “Dio ha voluto santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”.
La “moltitudine immensa” che ci aspetta in cielo, ci assicura che anche noi possiamo giungere là dove loro sono.
Fabio Ciardi
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