In Siria, la situazione sul terreno precipita con il passare delle ore con scontri e nuove vittime, una decina solo questa mattina.
Radio Vaticana - In Turchia sono arrivati in sole 24 ore quasi 8mila siriani, portando a più di 112 mila il totale di profughi giunti nel Paese. Tra di loro anche 71 militari siriani disertori, fra cui 2 generali e altri 24 ufficiali. Intanto, il presidente Assad - ad una tv russa - ha ribadito che non lascerà la Siria e che solo le urne potranno decidere il suo destino. Ma a chi è rivolto questo messaggio? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Luigi Goglia, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’università Roma Tre: ascolta
R. - Gli interlocutori più importanti sono le forze che gli sono avverse nel Paese, ma soprattutto la scena internazionale, molto probabilmente il riconfermato presidente Obama. Il punto è su che cosa si basa tutto questo. Io credo che lui abbia ancora posizioni di forza dentro il Paese. Inoltre c’è la solidale alleanza con la Russia e con l’Iran e questi sono altri due punti di forza.
D. - Sul terreno la situazione continua ad essere drammatica. Aumenta anche il flusso dei profughi e l’opposizione sembra assolutamente lontana dal compattarsi. È difficile intravedere una soluzione in questo contesto?
R. - Io credo che sia difficile. Credo anche che la questione siriana sarà ancora lunga in questi termini, sarà un fenomeno che noi ci porteremo dietro ancora per molto tempo. La popolazione siriana ne soffrirà molto. Ma che le opposizioni non trovino un fronte comune è abbastanza evidente. Ci sono forze siriane che sono, secondo me, le più attendibili e sono la vera opposizione e poi ci sono gli interessi dell’Arabia Saudita, gli interessi dei conservatori radicali integralisti islamici... La Siria, malgrado tutto, è un Paese musulmano che ha una tradizione abbastanza laica e questi interessi si possono conciliare poco con altre posizioni più schiettamente politiche e democratiche dei siriani. Quelli che vengono da fuori non aiutano. Sul piano militare possono forse aiutare ma non sul piano di una compattezza, di un’unità delle forze anti-Assad... questa è la mia impressione.
D. - Tra l’altro Assad ha detto che le violenze potrebbero cessare se terminasse il sostegno internazionale ai ribelli, ma con chi ce l’aveva, secondo lei?
R. – Secondo me, lui ce l’aveva con tutti, però in particolare con il sostegno forte in soldi, armi, uomini, che viene dall’Arabia Saudita e dagli Emirati.
D. – Allora, come uscire da questa situazione senza un intervento esterno?
R. – Io parlerei forse di più di un non intervento esterno: se non intervenisse più massicciamente l’Iran, gli Hezbollah, gli aiuti che ha dalla Russia e forse anche dalla Cina ... questo sarebbe un grande aiuto alla pacificazione nazionale siriana.
R. - Gli interlocutori più importanti sono le forze che gli sono avverse nel Paese, ma soprattutto la scena internazionale, molto probabilmente il riconfermato presidente Obama. Il punto è su che cosa si basa tutto questo. Io credo che lui abbia ancora posizioni di forza dentro il Paese. Inoltre c’è la solidale alleanza con la Russia e con l’Iran e questi sono altri due punti di forza.
D. - Sul terreno la situazione continua ad essere drammatica. Aumenta anche il flusso dei profughi e l’opposizione sembra assolutamente lontana dal compattarsi. È difficile intravedere una soluzione in questo contesto?
R. - Io credo che sia difficile. Credo anche che la questione siriana sarà ancora lunga in questi termini, sarà un fenomeno che noi ci porteremo dietro ancora per molto tempo. La popolazione siriana ne soffrirà molto. Ma che le opposizioni non trovino un fronte comune è abbastanza evidente. Ci sono forze siriane che sono, secondo me, le più attendibili e sono la vera opposizione e poi ci sono gli interessi dell’Arabia Saudita, gli interessi dei conservatori radicali integralisti islamici... La Siria, malgrado tutto, è un Paese musulmano che ha una tradizione abbastanza laica e questi interessi si possono conciliare poco con altre posizioni più schiettamente politiche e democratiche dei siriani. Quelli che vengono da fuori non aiutano. Sul piano militare possono forse aiutare ma non sul piano di una compattezza, di un’unità delle forze anti-Assad... questa è la mia impressione.
D. - Tra l’altro Assad ha detto che le violenze potrebbero cessare se terminasse il sostegno internazionale ai ribelli, ma con chi ce l’aveva, secondo lei?
R. – Secondo me, lui ce l’aveva con tutti, però in particolare con il sostegno forte in soldi, armi, uomini, che viene dall’Arabia Saudita e dagli Emirati.
D. – Allora, come uscire da questa situazione senza un intervento esterno?
R. – Io parlerei forse di più di un non intervento esterno: se non intervenisse più massicciamente l’Iran, gli Hezbollah, gli aiuti che ha dalla Russia e forse anche dalla Cina ... questo sarebbe un grande aiuto alla pacificazione nazionale siriana.
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