giovedì, novembre 08, 2012
“Sono siriano, vivrò e morirò in questo paese”: pesano come pietre le parole pronunciate dal presidente siriano Bashar al Assad, sui tentativi dell’inviato Lakhdar Brahimi di intavolare un negoziato che preveda l’avvio di una transizione politica, mentre l’opposizione pone come condizione al dialogo la deposizione del presidente.

Misna - “Non sono una marionetta. Non sono stato fabbricato in Occidente per finire in Occidente o in un altro paese che non sia il mio” ha dichiarato il presidente all’emittente russa in lingua araba Roussiya al youm dopo che ieri il primo ministro inglese David Cameron aveva aperto alla possibilità di garantire un salvacondotto ad Assad e alla sua famiglia se questo potesse mettere fine alle violenze. “Di certo non gli offro la possibilità di venire in Gran Bretagna – aveva detto Cameron – ma se vuole, potrebbe lasciare il paese, la cosa si potrebbe organizzare.

Presentando la Siria come l’ultimo “bastione della laicità, della stabilità e della coesistenza” nella regione, Assad ha aggiunto che il costo di un’invasione straniera nel paese “sarebbe così alto che nessuno al mondo potrebbe sostenerlo”.

Una visione condivisa dal quotidiano al Baath, voce del partito al potere a Damasco, che esprime la previsione che l’amministrazione americana possa considerare una soluzione politica alla crisi dopo la rielezione del presidente Barack Obama.

“Per quanto riguarda la Siria, si prevede che l’amministrazione degli Stati Uniti sotto il secondo mandato di Obama potrebbe prendere in considerazione una soluzione politica in generale e in particolare la Convenzione di Ginevra” sottolinea il quotidiano in un editoriale dal titolo “Che succede dopo la vittoria di Obama”.

L’autore dell’articolo motiva la sua ipotesi con una serie di fattori, e principalmente “il rifiuto di Obama di spingere il suo paese in una nuova guerra dopo quello che ha lasciato intendere nel suo discorso della vittoria quando ha detto che ‘ci stiamo lasciando alle spalle un decennio di guerra”.

“Dopo aver tirato un sospiro di sollievo quando le sue truppe hanno lasciato l’Iraq – sostiene il quotidiano – Obama non può pensare a una nuova avventura militare che minaccia di infiammare l’intera regione”.


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