Presentato in tutta Italia il XXII Rapporto sull’immigrazione elaborato da Caritas e Fondazione Migrantes
Città Nuova - L’immigrazione non ha più il volto delle grandi navi che negli anni Novanta trasportavano dall’Albania sulle nostre coste migliaia di disperati, intellettuali, gente comune insieme a delinquenti scappati dalle prigioni; né solo le sembianze delle carrette che attraversano il Canale di Sicilia depositando morti tra i suoi fondali; oggi, sempre di più, ha l’aspetto del compagno di banco, del vicino di casa, dell’imprenditore che, animato dalla voglia di riuscire, ha messo su un’attività in proprio. Le prime situazioni hanno suscitato nel nostro Paese quell’approccio emergenziale tipicamente italiano, applicato in tanti contesti; l’ultima condizione richiede un passaggio non solo dall’emergenza alla normalità, ma dall’immigrazione all’integrazione. È questo, forse, il dato che emerge di più, direi quasi si impone, dalla presentazione del XXII Rapporto sull’immigrazione elaborato da Caritas e Fondazione Migrantes. Uno slogan ogni anno lo caratterizza e quest’anno con la frase “Non sono numeri” si è voluto riprendere un passaggio del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante dello scorso gennaio: «Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».
Di stabilizzazione degli immigrati ha parlato il ministro Riccardi intervenendo alla presentazione romana del Dossier e sottolineando quanto sia necessario pensare oramai all’immigrazione come ad un «fenomeno normale, strutturale, costitutivo del nostro Paese», motivo per cui «non ci sarà crescita senza l’apporto degli immigrati e la loro integrazione». È anzi da guardare con preoccupazione al fatto che «molti immigrati attrezzati – sottolinea il ministro – lasciano l’Italia per difetto di integrazione, perché si sentono trattati da stranieri». Insomma non possiamo più pensare che 5 milioni di persone presenti nel Belpaese, siano tutte solo di passaggio e questo esige risposte adeguate. Il Dossier ne sottolinea alcune: semplificare le procedure riguardanti i documenti di soggiorno e ridurre il loro costo; facilitare l’accesso alla cittadinanza almeno per i minori nati in Italia; permettere l’accesso ai servizi senza dover aspettare la carta di soggiorno; sviluppare spazi di partecipazione e superare le discriminazioni in tutti gli ambiti (incluso quello pubblico, come ha dimostrato il mancato accesso al servizio civile).
Particolare attenzione, per una politica migratoria efficace, viene richiesta per tutto ciò che favorisce la stabilizzazione del soggiorno. «Bisogna rendersi conto – ha affermato monsignor Schiavon, presidente della Fondazione Migrantes –, che per un immigrato non comunitario perdere il posto di lavoro nel corso di questo periodo di crisi è doppiamente pericoloso, perché se non trova un altro posto è costretto a lasciare l’Italia, a meno che non abbia ricevuto un permesso come lungo soggiornante». E se risulta positivo che il governo sia riuscito a far prolungare da sei mesi a un anno il periodo di permanenza degli immigrati come disoccupati con la legge n. 92 del 28 giugno scorso, non possiamo dimenticare che nel 2011 sono state ben 263 mila le persone che, in assenza di questa legge, hanno dovuto lasciare l’Italia. «Questa rigidità – ha evidenziato il presidente di Migrantes – ha infranto i progetti esistenziali di tanti immigrati e ha impedito all’Italia di continuare ad avvalersi di persone già integrate».
Qualche cifra
Gli occupati stranieri lavorano non solo nel settore dell’assistenza familiare, dell’edilizia e dell’agricoltura, ma anche in molti altri comparti, da quello marittimo al calcio (su 554 calciatori della serie A, 271 non sono italiani). Consistente è anche il numero dei titolari d’azienda, aumentati di 21 mila unità, per un totale di 249 mila persone. La crisi, però, non ha mancato di farsi sentire, con la crescita del numero dei disoccupati (310 mila), la diminuzione del tasso di occupazione (62,3 per cento), una condizione di vita più difficile e la conseguente perdita del permesso di soggiorno. L’aumento dei permessi di soggiorno di lungo periodo (52,1 per cento del totale) attesta la tendenza all’inserimento stabile, che senz’altro verrà confermata dopo la crisi perché così richiedono le esigenze occupazionali e demografiche del Paese (le nascite da entrambi i genitori stranieri sono stimate pari a quasi 80 mila nel 2011, un settimo del totale), senza dimenticare che gli immigrati sono d’aiuto ai familiari rimasti in patria e anche ai Paesi di origine con l’invio delle rimesse (7,4 miliardi nel 2011). Una stima del Dossier evidenzia che gli immigrati contribuiscono positivamente anche in termini di spesa pubblica, assicurando alle casse statali un beneficio netto stimato pari ad almeno 1,7 miliardi di euro.
Aurora Nicosia
Città Nuova - L’immigrazione non ha più il volto delle grandi navi che negli anni Novanta trasportavano dall’Albania sulle nostre coste migliaia di disperati, intellettuali, gente comune insieme a delinquenti scappati dalle prigioni; né solo le sembianze delle carrette che attraversano il Canale di Sicilia depositando morti tra i suoi fondali; oggi, sempre di più, ha l’aspetto del compagno di banco, del vicino di casa, dell’imprenditore che, animato dalla voglia di riuscire, ha messo su un’attività in proprio. Le prime situazioni hanno suscitato nel nostro Paese quell’approccio emergenziale tipicamente italiano, applicato in tanti contesti; l’ultima condizione richiede un passaggio non solo dall’emergenza alla normalità, ma dall’immigrazione all’integrazione. È questo, forse, il dato che emerge di più, direi quasi si impone, dalla presentazione del XXII Rapporto sull’immigrazione elaborato da Caritas e Fondazione Migrantes. Uno slogan ogni anno lo caratterizza e quest’anno con la frase “Non sono numeri” si è voluto riprendere un passaggio del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante dello scorso gennaio: «Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».
Di stabilizzazione degli immigrati ha parlato il ministro Riccardi intervenendo alla presentazione romana del Dossier e sottolineando quanto sia necessario pensare oramai all’immigrazione come ad un «fenomeno normale, strutturale, costitutivo del nostro Paese», motivo per cui «non ci sarà crescita senza l’apporto degli immigrati e la loro integrazione». È anzi da guardare con preoccupazione al fatto che «molti immigrati attrezzati – sottolinea il ministro – lasciano l’Italia per difetto di integrazione, perché si sentono trattati da stranieri». Insomma non possiamo più pensare che 5 milioni di persone presenti nel Belpaese, siano tutte solo di passaggio e questo esige risposte adeguate. Il Dossier ne sottolinea alcune: semplificare le procedure riguardanti i documenti di soggiorno e ridurre il loro costo; facilitare l’accesso alla cittadinanza almeno per i minori nati in Italia; permettere l’accesso ai servizi senza dover aspettare la carta di soggiorno; sviluppare spazi di partecipazione e superare le discriminazioni in tutti gli ambiti (incluso quello pubblico, come ha dimostrato il mancato accesso al servizio civile).
Particolare attenzione, per una politica migratoria efficace, viene richiesta per tutto ciò che favorisce la stabilizzazione del soggiorno. «Bisogna rendersi conto – ha affermato monsignor Schiavon, presidente della Fondazione Migrantes –, che per un immigrato non comunitario perdere il posto di lavoro nel corso di questo periodo di crisi è doppiamente pericoloso, perché se non trova un altro posto è costretto a lasciare l’Italia, a meno che non abbia ricevuto un permesso come lungo soggiornante». E se risulta positivo che il governo sia riuscito a far prolungare da sei mesi a un anno il periodo di permanenza degli immigrati come disoccupati con la legge n. 92 del 28 giugno scorso, non possiamo dimenticare che nel 2011 sono state ben 263 mila le persone che, in assenza di questa legge, hanno dovuto lasciare l’Italia. «Questa rigidità – ha evidenziato il presidente di Migrantes – ha infranto i progetti esistenziali di tanti immigrati e ha impedito all’Italia di continuare ad avvalersi di persone già integrate».
Qualche cifra
Gli occupati stranieri lavorano non solo nel settore dell’assistenza familiare, dell’edilizia e dell’agricoltura, ma anche in molti altri comparti, da quello marittimo al calcio (su 554 calciatori della serie A, 271 non sono italiani). Consistente è anche il numero dei titolari d’azienda, aumentati di 21 mila unità, per un totale di 249 mila persone. La crisi, però, non ha mancato di farsi sentire, con la crescita del numero dei disoccupati (310 mila), la diminuzione del tasso di occupazione (62,3 per cento), una condizione di vita più difficile e la conseguente perdita del permesso di soggiorno. L’aumento dei permessi di soggiorno di lungo periodo (52,1 per cento del totale) attesta la tendenza all’inserimento stabile, che senz’altro verrà confermata dopo la crisi perché così richiedono le esigenze occupazionali e demografiche del Paese (le nascite da entrambi i genitori stranieri sono stimate pari a quasi 80 mila nel 2011, un settimo del totale), senza dimenticare che gli immigrati sono d’aiuto ai familiari rimasti in patria e anche ai Paesi di origine con l’invio delle rimesse (7,4 miliardi nel 2011). Una stima del Dossier evidenzia che gli immigrati contribuiscono positivamente anche in termini di spesa pubblica, assicurando alle casse statali un beneficio netto stimato pari ad almeno 1,7 miliardi di euro.
Aurora Nicosia
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