Siamo al sedicesimo posto in Europa per innovazione ecologica e terzi per occupati nelle rinnovabili. Con l'efficienza energetica potremmo ridurre di un terzo i consumi. Dove la differenziata funziona meglio costa anche meno smaltire l'immondizia. Sono alcuni degli highilight dal rapporto “Green Economy per uscire dalle due crisi”, presentato oggi.
Qualenergia - Siamo al sedicesimo posto in Europa per innovazione ecologica, mentre con 108mila posti di lavoro siamo terzi per occupati nelle rinnovabili. E ancora: con l'efficienza energetica potremmo ridurre di un terzo i consumi energetici, mentre in quanto a rifiuti va segnalato che laddove la differenziata funziona meglio costa anche meno smaltire l'immondizia. Sono alcuni degli highilight dal rapporto “Green Economy per uscire dalle due crisi”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con l’Enea e presentato in occasione degli Stati Generali della Green Economy. Un lavoro che passa in rassegna i sei settori strategici per una conversione ecologica dell’economia: ecoinnovazione, efficienza e risparmio energetico, fonti rinnovabili, usi efficienti delle risorse e riciclo dei rifiuti, filiere agricole di qualità ecologica e mobilità sostenibile. Vediamo i contenuti principali.
L’ecoinnovazione è ritenuto uno dei principale drivers dello sviluppo sostenibile. L’Italia però, secondo l’ultima rilevazione dell’Eco-innovation Scoreboard del 2011, è al sedicesimo posto nell’Europa a 27 e sotto la media europea. A pesare sul giudizio è il grave ritardo nello sviluppo dell’ecoinnovazione che in buona parte viene importata e non prodotta in Italia. Positive invece le certificazioni di sistemi di gestione ambientale, la produttività energetica, l’intensità delle emissioni di gas serra, lo sviluppo del lavoro nelle eco-industrie dove è impegnata il 2,12% della forza lavoro contro la media europea dell’1,53%. Anche per quanto riguarda la formazione l’Italia si comporta bene con 193 corsi universitari sulla green economy.
Intervenendo con misure di efficienza energetica su 11.000 uffici pubblici, 30.000 edifici scolastici e 70.000 di social housing è possibile un risparmio energetico al 2020 di un Mtep pari alla riduzione del 33% dei consumi negli edifici considerati, mentre un risparmio di altri 0,33Mtep l’anno sarebbe possibile intervenendo sul 3% degli edifici di edilizia privata. Per ottenere questi risultati sarà però necessario prevedere e rivedere il sistema delle incentivazioni e delle detrazioni. Proprio le detrazioni fiscali tre il 2007-2010 hanno prodotto investimenti di 12 mld di euro e più di 40.000 posti di lavoro salvati l’anno. L’Italia è un paese che ha buoni indici di prestazione energetica, ma sta perdendo terreno rispetto agli altri paesi europei, anche se resta ancora sotto la media europea per intensità energetica (96 tep/M euro).
In Italia nel 2011 le fonti rinnovabili hanno rappresentato il terzo settore di approvvigionamento energetico (dopo petrolio e gas) con oltre il 13% del consumo totale lordo facendo anche registrare l’incremento maggiore tra tutte le fonti, +7%. La crescita maggiore è del fotovoltaico cresciuto di oltre cinque volte e mezzo rispetto al 2010 e con 9,3 GW installati nel 2011 ha reso l’Italia il primo mercato al mondo del fotovoltaico. L’Italia risulta anche il terzo paese dell’Ue per occupati nelle rinnovabili (dopo Germania e Francia) con 108.150 occupati. Per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 è stato anche stabilito un “burden sharing” fra le regioni italiane: la regione che dovrà generare più energia rinnovabile è la Lombardia con 2.905 ktep, seguita da Piemonte e Toscana. Se si compie un’analisi dei consumi di rinnovabili, le regioni da cui si attende il maggior consumo sono Marche e Sicilia.
La produzione di rifiuti urbani in Italia cresce più del PIL e dei consumi. Il metodo di smaltimento preferito è la discarica circa il 49%, ma ci sono 10 regioni, dalla Liguria alla Sicilia, che mandano in discarica più del 60% dei rifiuti urbani. Ci sono invece in Europa sei paesi a discarica zero o quasi zero che hanno tassi di riciclo pari al 60%. L’ Italia ha un recupero di materiali del solo 33%, dato questo che indica che c’è un grande spazio per la green economy.
Nelle regioni italiane dove è più spinta la raccolta differenziata, è minore il costo di smaltimento dei rifiuti: in Lombardia con il 47% di RD si è speso 24,65 centesimi di euro per gestire un chilogrammo di rifiuti; in Veneto con il 56,2% di RD 25,88 centesimi; nel Lazio invece con il 17,8% di RD 31,84 centesimi; in Sicilia con il 7,1% di RD 29,83 centesimi al chilogrammo. Gli occupati totali nella gestione dei rifiuti in Italia sono circa 120.000.
L’agricoltura italiana ha saputo orientare le scelte produttive verso la qualità legata alle singole specificità del territorio sviluppandosi così lungo il percorso della sostenibilità. Testimoniano questo indirizzo virtuoso i 243 prodotti DOP, IGP e STG, le oltre 4.600 specialità regionali, i 521 vini DOC, DOCG e IGT e soprattutto i risultati raggiunti dall’agricoltura biologica, il metodo di produzione sostenibile più strutturato. L’agricoltura biologica interessa più di un milione e 100 mila ettari, 18,7% della Sau totale che la colloca al secondo posto in Europa dopo la Spagna e può contare su 48.509 aziende, il più alto numero di aziende biologiche in Europa. L’agricoltura italiana ha anche ridotto il consumo di fertilizzanti chimici e fitofarmaci diminuendo così la pressione sulla qualità dell’acqua.
La mobilità in Italia è sempre più un fenomeno locale con spostamenti corti che per lo più avvengono all’interno della città, la somma degli spostamenti passeggeri al di sotto di Km 10 vale infatti il 70% del totale. Le auto private italiane (più di 37 milioni, il numero più alto in Europa) sono responsabili di inquinamento, congestione, incidenti, consumo del suolo tra i più alti in Europa. Governare la domanda di trasporto, soprattutto in ambito urbano, significa agire su tre grandezze: lo spostamento attraverso misure come il telelavoro o il car sharing; la distanza, attraverso misure di smart growth per riportare la lunghezza degli spostamenti a livello di 10 anni fa (-9 Mt di CO2 al 2030); il tasso di occupazione del veicolo, oggi di 1,2 passeggeri a veicolo in città., attraverso misure come il car pooling, la city logistic. L’ innovazione tecnologica, poi, nel settore dell’auto (auto ibrida, auto elettrica ecc) potrà anche aiutare il settore dell’auto in crisi. Per il trasporto pubblico, la Cenerentola italiana, ci sono buone notizie: al 2020 sono stati finanziati 105 nuovi Km di metropolitane e 50 di tramvie.
Qualenergia - Siamo al sedicesimo posto in Europa per innovazione ecologica, mentre con 108mila posti di lavoro siamo terzi per occupati nelle rinnovabili. E ancora: con l'efficienza energetica potremmo ridurre di un terzo i consumi energetici, mentre in quanto a rifiuti va segnalato che laddove la differenziata funziona meglio costa anche meno smaltire l'immondizia. Sono alcuni degli highilight dal rapporto “Green Economy per uscire dalle due crisi”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con l’Enea e presentato in occasione degli Stati Generali della Green Economy. Un lavoro che passa in rassegna i sei settori strategici per una conversione ecologica dell’economia: ecoinnovazione, efficienza e risparmio energetico, fonti rinnovabili, usi efficienti delle risorse e riciclo dei rifiuti, filiere agricole di qualità ecologica e mobilità sostenibile. Vediamo i contenuti principali.
L’ecoinnovazione è ritenuto uno dei principale drivers dello sviluppo sostenibile. L’Italia però, secondo l’ultima rilevazione dell’Eco-innovation Scoreboard del 2011, è al sedicesimo posto nell’Europa a 27 e sotto la media europea. A pesare sul giudizio è il grave ritardo nello sviluppo dell’ecoinnovazione che in buona parte viene importata e non prodotta in Italia. Positive invece le certificazioni di sistemi di gestione ambientale, la produttività energetica, l’intensità delle emissioni di gas serra, lo sviluppo del lavoro nelle eco-industrie dove è impegnata il 2,12% della forza lavoro contro la media europea dell’1,53%. Anche per quanto riguarda la formazione l’Italia si comporta bene con 193 corsi universitari sulla green economy.
In Italia nel 2011 le fonti rinnovabili hanno rappresentato il terzo settore di approvvigionamento energetico (dopo petrolio e gas) con oltre il 13% del consumo totale lordo facendo anche registrare l’incremento maggiore tra tutte le fonti, +7%. La crescita maggiore è del fotovoltaico cresciuto di oltre cinque volte e mezzo rispetto al 2010 e con 9,3 GW installati nel 2011 ha reso l’Italia il primo mercato al mondo del fotovoltaico. L’Italia risulta anche il terzo paese dell’Ue per occupati nelle rinnovabili (dopo Germania e Francia) con 108.150 occupati. Per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 è stato anche stabilito un “burden sharing” fra le regioni italiane: la regione che dovrà generare più energia rinnovabile è la Lombardia con 2.905 ktep, seguita da Piemonte e Toscana. Se si compie un’analisi dei consumi di rinnovabili, le regioni da cui si attende il maggior consumo sono Marche e Sicilia.
La produzione di rifiuti urbani in Italia cresce più del PIL e dei consumi. Il metodo di smaltimento preferito è la discarica circa il 49%, ma ci sono 10 regioni, dalla Liguria alla Sicilia, che mandano in discarica più del 60% dei rifiuti urbani. Ci sono invece in Europa sei paesi a discarica zero o quasi zero che hanno tassi di riciclo pari al 60%. L’ Italia ha un recupero di materiali del solo 33%, dato questo che indica che c’è un grande spazio per la green economy.
Nelle regioni italiane dove è più spinta la raccolta differenziata, è minore il costo di smaltimento dei rifiuti: in Lombardia con il 47% di RD si è speso 24,65 centesimi di euro per gestire un chilogrammo di rifiuti; in Veneto con il 56,2% di RD 25,88 centesimi; nel Lazio invece con il 17,8% di RD 31,84 centesimi; in Sicilia con il 7,1% di RD 29,83 centesimi al chilogrammo. Gli occupati totali nella gestione dei rifiuti in Italia sono circa 120.000.
L’agricoltura italiana ha saputo orientare le scelte produttive verso la qualità legata alle singole specificità del territorio sviluppandosi così lungo il percorso della sostenibilità. Testimoniano questo indirizzo virtuoso i 243 prodotti DOP, IGP e STG, le oltre 4.600 specialità regionali, i 521 vini DOC, DOCG e IGT e soprattutto i risultati raggiunti dall’agricoltura biologica, il metodo di produzione sostenibile più strutturato. L’agricoltura biologica interessa più di un milione e 100 mila ettari, 18,7% della Sau totale che la colloca al secondo posto in Europa dopo la Spagna e può contare su 48.509 aziende, il più alto numero di aziende biologiche in Europa. L’agricoltura italiana ha anche ridotto il consumo di fertilizzanti chimici e fitofarmaci diminuendo così la pressione sulla qualità dell’acqua.
La mobilità in Italia è sempre più un fenomeno locale con spostamenti corti che per lo più avvengono all’interno della città, la somma degli spostamenti passeggeri al di sotto di Km 10 vale infatti il 70% del totale. Le auto private italiane (più di 37 milioni, il numero più alto in Europa) sono responsabili di inquinamento, congestione, incidenti, consumo del suolo tra i più alti in Europa. Governare la domanda di trasporto, soprattutto in ambito urbano, significa agire su tre grandezze: lo spostamento attraverso misure come il telelavoro o il car sharing; la distanza, attraverso misure di smart growth per riportare la lunghezza degli spostamenti a livello di 10 anni fa (-9 Mt di CO2 al 2030); il tasso di occupazione del veicolo, oggi di 1,2 passeggeri a veicolo in città., attraverso misure come il car pooling, la city logistic. L’ innovazione tecnologica, poi, nel settore dell’auto (auto ibrida, auto elettrica ecc) potrà anche aiutare il settore dell’auto in crisi. Per il trasporto pubblico, la Cenerentola italiana, ci sono buone notizie: al 2020 sono stati finanziati 105 nuovi Km di metropolitane e 50 di tramvie.
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