E’ negativa la reazione della borsa italiana all’annuncio delle dimissioni anticipate del premier Mario Monti. Piazza Affari registra un -2,8% e lo spread, il differenziale con i titoli decennali tedeschi, torna ad alzarsi a 353 punti.
Radio Vaticana - Dall’Europa arriva, intanto, l’auspicio che l’Italia continui sulla strada delle riforme. "Non c'è alternativa" alle politiche messe in atto dal governo italiano, afferma il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy mentre il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, sottolinea che in Europa c’è bisogno di un’Italia stabile. E in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, afferma che “il governo tecnico ha messo al riparo da capitolazioni umilianti e altamente rischiose” e che “non si può mandare in malora i sacrifici di un anno”. Sentiamo in proposito mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della Commissione Lavoro, Giustizia e Pace della Cei. L’intervista è di Debora Donnini: ascolta
R. - Credo che sia condividibile in pieno la sua preoccupazione, anche perché non è di natura personale, ma di natura sociale. In questo momento, il mandare a spasso Monti è una mossa sbagliatissima! Va completato un cammino in maniera diversificata: bisogna dare la giusta chiusura all’esperienza di Monti, al normale compimento del suo mandato per il rinnovo delle elezioni parlamentari. Il senso dovrebbe essere compiere e non interrompere, tantomeno in maniera così brusca e tantomeno in maniera così polemica.
D. - Il cardinale Angelo Bagnasco parla anche di preoccupazione per la tenuta del nostro Paese, per la coesione sociale. Lei condivide questa preoccupazione?
R. - La si sente diffusissima, perché si coglie che c’è bisogno di mantenere alti gli ideali di coesione sociale, di bene comune. Certamente le situazioni sono difficili, ma sono difficili non per la realtà specifica del governo, che tra l’altro - in tutte le sue esperienze e decisioni economiche - è stato appoggiato da tutti i partiti, anche da quelli che oggi non lo appoggiano più; hanno sempre dato il loro pieno assenso e quindi non si può improvvisamente dire: è colpa di Monti se è avvenuto questo. Ma bisogna fare in modo che, davanti a un problema come questo, si mantenga questa capacità di consapevolezza di essere tutti insieme, tutti uniti, tutti in cordata davanti alle cime da conquistare. Questo è il punto di riferimento: una consapevolezza d’insieme, che va mantenuta intatta, che va anzi custodita e accompagnata.
D. - Tra l’altro, in Europa si chiede che l’Italia continui sulla strada intrapresa finora…
R. - Certamente ed hanno piena ragione: è anche quello che noi tutti vorremmo! Sono contento che il mondo cattolico prenda una posizione netta in questo momento: non di contrapposizione, ma di scelta. Bisogna andare avanti in questa linea e poi, quando sarà il momento delle elezioni di primavera, i cittadini sceglieranno secondo lo svolgersi delle cose. La forte presenza alle primarie del Pd ha, tra l’altro, dimostrato che c’è voglia di politica: di una politica positiva, sana, progettuale; non di nostalgie vecchie e retrive, ma di coraggio per il futuro, verso formule nuove scelte dalla gente ma in linea di continuità.
D. - Oggi, però, i dati sulla produzione industriale sono preoccupanti, perché si registra un calo del 6,2 per cento su base annua. L’Italia, sul fronte della produzione, è ancora debole…
R. - Questo è uno degli elementi decisivi, però anche qui io credo in una inversione di tendenza se si continuerà con questa linea di coraggio, di partecipazione dal basso, anche con la magistratura, che collabora alla questione di Taranto - che è molto complessa - e che deve sciogliere, a mio giudizio, il nodo in positivo e far riprendere in pieno lo stabilimento, pur con le dovute garanzie sul futuro a livello di risanamento ecologico. Bisogna, però, che sblocchi la situazione: ci deve essere un senso di consapevolezza che le industrie camminano se il Paese le fa sue, perché le industrie sono “nostre”, né tue, né sue, né di altri. Allora è probabile che anche la produzione industriale, sulla spinta culturale e sociale, possa crescere, come ci auguriamo e come io personalmente sono convinto che avverrà, perché questo calo - a detta degli esperti - era probabilmente prevedibile. Una sola cosa aggiungerei: che questo Natale sia un Natale di consapevolezza - come ha detto il Papa in questi giorni - non di spreco, ma nemmeno di pessimismo!
Radio Vaticana - Dall’Europa arriva, intanto, l’auspicio che l’Italia continui sulla strada delle riforme. "Non c'è alternativa" alle politiche messe in atto dal governo italiano, afferma il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy mentre il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, sottolinea che in Europa c’è bisogno di un’Italia stabile. E in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, afferma che “il governo tecnico ha messo al riparo da capitolazioni umilianti e altamente rischiose” e che “non si può mandare in malora i sacrifici di un anno”. Sentiamo in proposito mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della Commissione Lavoro, Giustizia e Pace della Cei. L’intervista è di Debora Donnini: ascolta
R. - Credo che sia condividibile in pieno la sua preoccupazione, anche perché non è di natura personale, ma di natura sociale. In questo momento, il mandare a spasso Monti è una mossa sbagliatissima! Va completato un cammino in maniera diversificata: bisogna dare la giusta chiusura all’esperienza di Monti, al normale compimento del suo mandato per il rinnovo delle elezioni parlamentari. Il senso dovrebbe essere compiere e non interrompere, tantomeno in maniera così brusca e tantomeno in maniera così polemica.
D. - Il cardinale Angelo Bagnasco parla anche di preoccupazione per la tenuta del nostro Paese, per la coesione sociale. Lei condivide questa preoccupazione?
R. - La si sente diffusissima, perché si coglie che c’è bisogno di mantenere alti gli ideali di coesione sociale, di bene comune. Certamente le situazioni sono difficili, ma sono difficili non per la realtà specifica del governo, che tra l’altro - in tutte le sue esperienze e decisioni economiche - è stato appoggiato da tutti i partiti, anche da quelli che oggi non lo appoggiano più; hanno sempre dato il loro pieno assenso e quindi non si può improvvisamente dire: è colpa di Monti se è avvenuto questo. Ma bisogna fare in modo che, davanti a un problema come questo, si mantenga questa capacità di consapevolezza di essere tutti insieme, tutti uniti, tutti in cordata davanti alle cime da conquistare. Questo è il punto di riferimento: una consapevolezza d’insieme, che va mantenuta intatta, che va anzi custodita e accompagnata.
D. - Tra l’altro, in Europa si chiede che l’Italia continui sulla strada intrapresa finora…
R. - Certamente ed hanno piena ragione: è anche quello che noi tutti vorremmo! Sono contento che il mondo cattolico prenda una posizione netta in questo momento: non di contrapposizione, ma di scelta. Bisogna andare avanti in questa linea e poi, quando sarà il momento delle elezioni di primavera, i cittadini sceglieranno secondo lo svolgersi delle cose. La forte presenza alle primarie del Pd ha, tra l’altro, dimostrato che c’è voglia di politica: di una politica positiva, sana, progettuale; non di nostalgie vecchie e retrive, ma di coraggio per il futuro, verso formule nuove scelte dalla gente ma in linea di continuità.
D. - Oggi, però, i dati sulla produzione industriale sono preoccupanti, perché si registra un calo del 6,2 per cento su base annua. L’Italia, sul fronte della produzione, è ancora debole…
R. - Questo è uno degli elementi decisivi, però anche qui io credo in una inversione di tendenza se si continuerà con questa linea di coraggio, di partecipazione dal basso, anche con la magistratura, che collabora alla questione di Taranto - che è molto complessa - e che deve sciogliere, a mio giudizio, il nodo in positivo e far riprendere in pieno lo stabilimento, pur con le dovute garanzie sul futuro a livello di risanamento ecologico. Bisogna, però, che sblocchi la situazione: ci deve essere un senso di consapevolezza che le industrie camminano se il Paese le fa sue, perché le industrie sono “nostre”, né tue, né sue, né di altri. Allora è probabile che anche la produzione industriale, sulla spinta culturale e sociale, possa crescere, come ci auguriamo e come io personalmente sono convinto che avverrà, perché questo calo - a detta degli esperti - era probabilmente prevedibile. Una sola cosa aggiungerei: che questo Natale sia un Natale di consapevolezza - come ha detto il Papa in questi giorni - non di spreco, ma nemmeno di pessimismo!
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