venerdì, dicembre 07, 2012
L’Egitto dunque in primo piano dopo la convulsa giornata di ieri che ha visto il presidente Morsi spiegare in tv le ragioni del contestato decreto. Ha poi aperto alle opposizioni che però hanno rifiutato l’invito per un incontro previsto inizialmente per domani. Assaltata e data alle fiamme la sede dei Fratelli Musulmani al Cairo. Nella notte telefonata di Obama. Il servizio di Marina Calculli: ascolta

Radio Vaticana - Dopo un’estenuante attesa, ieri sera alle 10.30 è finalmente arrivato il discorso alla nazione che Mursi aveva annunciato nel pomeriggio per dirimere la tensione tra i due fronti, quello degli islamisti e dei liberali, che si stavano affrontando dalla notte precedente di fronte al palazzo presidenziale. Il raìs ha invitato i leader dell’opposizione a incontrarlo sabato, ha detto di non voler insistere nel mantenere l’articolo 6 della dichiarazione costituzionale con cui si era attribuito il monopolio assoluto sul potere legislativo, ma ha confermato che il referendum sulla costituzione ci sarà il 15 dicembre. L’invito è stato però rifiutato dall’opposizione, che infatti promette di continuare la protesta. E pensare che persino al-Ahzar, la principale istanza religiosa dell’Egitto, l’università di tutti i fratelli musulmani, gli aveva chiesto esplicitamente di ritirare la dichiarazione e la bozza costituzionale. Neppure le dimissioni dei suoi 17 consiglieri, del presidente della tv di stato e del segretario generale della commissione sul referendum gli hanno fatto cambiare idea. Intanto i tank dell’esercito proteggono il palazzo del raìs. In molti però temono che proprio i militari, approfittando di questa colossale impasse politica, possano azzardare un rovesciamento della situazione.

“Tutti i leader politici devono chiarire ai loro sostenitori che la violenza è inaccettabile”, così Barack Obama parlando nella notte al telefono con Mohammed Morsi. Il presidente degli Stati Uniti considera positiva la proposta di dialogo con le opposizioni. Ma qual è l’atteggiamento che emerge dal discorso di Morsi? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente: ascolta


R. – Quella di un politico in difficoltà. Cioè, una larga fetta della politica e soprattutto dell’opinione pubblica egiziana che non si riconosce in quella bozza costituzionale.

D. – Il presidente Morsi rischia di vedersi deposto dal potere?

R. – Difficile immaginare come lo si possa deporre se non ricorrendo a vecchissimi metodi, ovvero quello del colpo di Stato. Morsi, però, aveva già provveduto a neutralizzare i personaggi dell’entourage militare che sarebbero potuti intervenire a indebolire il suo potere. Le caserme, per ora, stanno a guardare ma nessuno può garantire che non intervengano.

D. – Un altro elemento riportato dalle cronache ieri è l’assalto dato da alcune centinaia di persone alla sede del Partito dei Fratelli musulmani: c’è il rischio di una deriva violenta da parte della piazza?

R. – Assolutamente sì, perché l’opinione pubblica non strettamente confessionale si è sentita tradita due volte. I Fratelli musulmani non sono stati i promotori della rivolta di Piazza Tahrir che ha deposto Mubarak: sono intervenuti dopo alcuni giorni, quando ormai il regime stava subendo grosse scosse. Dopodiché, i Fratelli musulmani – certo, anche con le elezioni, che però sono state invalidate dalla magistratura – si sono impadroniti completamente del potere legislativo, poi esecutivo, poi giudiziario e hanno lasciato pochissimo spazio alle altre forze per esprimersi. Quindi, diciamo che se si continua di questo passo, i Fratelli musulmani verranno visti come quelli che hanno scippato la rivoluzione e ora la stanno coniugando solo sui propri interessi.

D. – E tuttavia, l’opposizione ancora oggi sembra divisa sulla scelta da fare al momento dell’ormai prossimo referendum costituzionale. Quali sono le prospettive di questo vasto schieramento?

R. – L’opposizione si è unita in un Fronte di salvezza nazionale. Bisognerà vedere se la scelta che verrà fatta sarà quella di astensione dal referendum o se invece si cercherà di aggregare tutto le forze contro Morsi. Certo, comunque la si veda si va ad una spaccatura profonda dell’opinione pubblica e del mondo politico uscito da Piazza Tahrir, che certo non fa ben sperare.

D. – In serata è arrivata anche la telefonata del presidente americano Obama: cosa possono veramente fare, gli Stati Uniti, per risolvere questa crisi?

R. – Poco: essendo gli Stati Uniti il maggiore finanziatore del bilancio egiziano, possono premere però per un’eventuale diminuzione dei fondi da parte degli Stati Uniti ai quali potrebbero sopperire gli Emirati del Golfo …


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