venerdì, dicembre 28, 2012
Pochi credevano a quei marinai che, di ritorno dai freddi mari artici, narravano la loro avventura: siamo stati sorpresi da una tempesta nata come dal nulla, che sferzava le nostre navi con venti fortissimi ed elevava onde di 11 metri.

GreenReport - Leggende, si diceva. Poi quelle tempeste artiche sono state individuate e fotografate dai satelliti. Ora sono chiamati "polar lows", depressioni polari. Ogni anno se ne producono a migliaia. E sono del tutto simili alle tempeste tropicali e agli uragani, con un occhio centrale, un grande vortice depressionario e una forza tremenda, capace di strappare al mare e sollevare anche piccoli imbarcazioni. Ebbene, sostengono l'americano Alan Condron, della university of Massachusetts di Amherst, e l'inglese Ian Renfrew, della university of East Anglia, in Gran Bretagna, sull'ultimo numero della rivista Nature Geoscience, in quelle tempeste artiche potrebbe esserci scritto il destino climatico dell'Europa e dell'America settentrionali.

I "polar lows", infatti, sono dei potenti motori che influenzano quello straordinario nastro trasportatore che è la corrente oceanica dell'Atlantico settentrionale. Il nastro, come si sa, trasporta le acqua calde di superficie dai tropici e, in particolare, dal Golfo del Messico, fin su sulle coste britanniche e norvegesi. Giunti ai limiti del polo le acque, ormai fredde, si inabissano e ritornano verso il Golfo del Messico, dove riemergono in superficie e si riscaldano. È questo sistema che garantisce alle coste che affacciano sull'Atlantico settentrionale un clima relativamente mite.

I «polar lows» giocano un ruolo importante in questo meccanismo termodinamico. Perché, con i loro venti, sottraggono calore alle acque artiche facendo sì che ci sia un più forte richiamo di acqua calda dai mari meridionali. Risalendo le acque calde trasmettono il calore alle coste circostanti e rendono più mite il clima.

Ma il clima sta cambiando. E, a quanto pare, anche la frequenza con cui si verificano i «polar lows». Molti prevedono che le tempeste artiche diminuiranno nei prossimi anni. E, dunque, il nastro trasportatore oceanico verrà rallentato e il clima dalle parti dell'Europa e dell'America settentrionale diventerà più freddo.

La verità è, tuttavia, che è presto per dire cosa succederà davvero. I «polar lows», finora, non sono stati previsti in alcun modello di cambiamento del clima, neppure dai più sofisticati. Cosicché quelli di Condron e Renfrew sono risultati preliminari. Tutti da verificare.

Tuttavia già adesso ci mandano almeno tre messaggi. Tutti molti chiari alla comunità scientifica, ma forse non ancora perfettamente presenti nella comprensione pubblica del clima. Il primo è che il clima sta cambiando (anche la frequenza dei "polar lows" diminuisce). Il secondo è che ci sono ancora molte componenti importanti del sistema clima che non conosciamo: il sistema è estremamente complesso e risente, talvolta in maniera macroscopica, dei cambiamenti intervenuti in alcune sue componenti, anche relativamente piccole.

Pietro Greco


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