Pochi l'avrebbero potuto immaginare, proprio nel momento in cui le critiche all’Unione europea (alcune fondate) sono divenute una pratica comune e diffusa a tutti i livelli.
Città Nuova - Pochi avrebbero potuto immaginare, proprio nel momento in cui le critiche all’Unione europea (alcune fondate) sono divenute una pratica comune e diffusa a tutti i livelli, e in un quadro di forti contrapposizioni tra governi europei, che il premio Nobel per la Pace 2012 sarebbe stato attribuito proprio all’Unione europea. Questa – afferma il comitato del Premio Nobel – ha contribuito per oltre sei decenni al progresso della pace e della riconciliazione, oltre che della democrazia e dei diritti umani in Europa. I commissari del Nobel si riferiscono anzitutto alla riconciliazione franco-tedesca, conseguita in modo stabile e strutturale proprio dall’Unione europea, tanto da rendere impensabile la prospettiva di un conflitto tra queste nazioni che – tra l’Ottocento e la metà del Novecento – avevano combattuto tra di loro tre guerre distruttive nell’arco di soli settant’anni.
Inoltre, il ritorno alla democrazia di Grecia, Spagna e Portogallo rappresentò, negli anni Ottanta, la pre-condizione per la loro ammissione nell’Unione europea. Il crollo del Muro di Berlino permise successivamente la riunificazione del continente, che trovò proprio nell’Unione europea una piattaforma politica ed economica appropriata e funzionale. Inoltre – continua il comitato del Premio Nobel –, la prossima ammissione della Croazia, l’apertura di negoziati di adesione con il Montenegro e la concessione dello status di Paese candidato alla Serbia rappresentano un importante contributo dell’Unione europea alla riconciliazione nei Balcani. La stessa prospettiva di una futura adesione all’Unione da parte della Turchia – per quanto complessa e non certamente immediata – ha contribuito non poco al consolidamento delle istituzioni e dei processi democratici in tale Paese.
I commissari del Premio norvegese non esitano a collegare esplicitamente la loro decisione riferendosi alle difficoltà economiche e al forte disagio sociale che colpiscono oggi molti Paesi membri dell’Unione. È proprio in tale situazione di crisi, in cui sembrano essere rimessi in discussione gli stessi fondamenti integrativi del progetto europeo e in cui sembrano anzi manifestarsi segni di disgregazione, che è importante sottolineare come l’Unione europea sia stata in grado di trasformare l’Europa da un continente di guerra in un continente di pace. Il Nobel per la Pace all’Unione europea stride, in particolare, con le rappresentazioni – irresponsabili oltre che infondate – dei contrasti sulle modalità per fronteggiare la crisi del debito nell’Eurozona come una sorta di “surrogato” di una nuova “guerra europea”, se non nei termini di una vera e propria fase iniziale di un nuovo conflitto di portata mondiale. Per sommo contrasto, nella motivazione del Nobel si afferma che l’Unione europea rappresenta, oggi, proprio quella «fraternità tra le nazioni» preconizzata da Alfred Nobel.
Prendiamolo, quanto meno, come un bel programma da realizzare.
Città Nuova - Pochi avrebbero potuto immaginare, proprio nel momento in cui le critiche all’Unione europea (alcune fondate) sono divenute una pratica comune e diffusa a tutti i livelli, e in un quadro di forti contrapposizioni tra governi europei, che il premio Nobel per la Pace 2012 sarebbe stato attribuito proprio all’Unione europea. Questa – afferma il comitato del Premio Nobel – ha contribuito per oltre sei decenni al progresso della pace e della riconciliazione, oltre che della democrazia e dei diritti umani in Europa. I commissari del Nobel si riferiscono anzitutto alla riconciliazione franco-tedesca, conseguita in modo stabile e strutturale proprio dall’Unione europea, tanto da rendere impensabile la prospettiva di un conflitto tra queste nazioni che – tra l’Ottocento e la metà del Novecento – avevano combattuto tra di loro tre guerre distruttive nell’arco di soli settant’anni.
Inoltre, il ritorno alla democrazia di Grecia, Spagna e Portogallo rappresentò, negli anni Ottanta, la pre-condizione per la loro ammissione nell’Unione europea. Il crollo del Muro di Berlino permise successivamente la riunificazione del continente, che trovò proprio nell’Unione europea una piattaforma politica ed economica appropriata e funzionale. Inoltre – continua il comitato del Premio Nobel –, la prossima ammissione della Croazia, l’apertura di negoziati di adesione con il Montenegro e la concessione dello status di Paese candidato alla Serbia rappresentano un importante contributo dell’Unione europea alla riconciliazione nei Balcani. La stessa prospettiva di una futura adesione all’Unione da parte della Turchia – per quanto complessa e non certamente immediata – ha contribuito non poco al consolidamento delle istituzioni e dei processi democratici in tale Paese.
I commissari del Premio norvegese non esitano a collegare esplicitamente la loro decisione riferendosi alle difficoltà economiche e al forte disagio sociale che colpiscono oggi molti Paesi membri dell’Unione. È proprio in tale situazione di crisi, in cui sembrano essere rimessi in discussione gli stessi fondamenti integrativi del progetto europeo e in cui sembrano anzi manifestarsi segni di disgregazione, che è importante sottolineare come l’Unione europea sia stata in grado di trasformare l’Europa da un continente di guerra in un continente di pace. Il Nobel per la Pace all’Unione europea stride, in particolare, con le rappresentazioni – irresponsabili oltre che infondate – dei contrasti sulle modalità per fronteggiare la crisi del debito nell’Eurozona come una sorta di “surrogato” di una nuova “guerra europea”, se non nei termini di una vera e propria fase iniziale di un nuovo conflitto di portata mondiale. Per sommo contrasto, nella motivazione del Nobel si afferma che l’Unione europea rappresenta, oggi, proprio quella «fraternità tra le nazioni» preconizzata da Alfred Nobel.
Prendiamolo, quanto meno, come un bel programma da realizzare.
di Pasquale Ferrara
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