mercoledì, dicembre 12, 2012
La Corea del Nord ha ribadito il suo “diritto legittimo” di lanciare razzi per uso civile e ha assicurato che continuerà il suo programma spaziale. Una dichiarazione che arriva dopo la condanna internazionale e la minaccia di Stati Uniti e UE di nuove sanzioni per il lancio, la notte scorsa, di un razzo-missile.

Radio Vaticana - Si ipotizzano sanzioni nei confronti di Pyongyang dopo il lancio effettuato, considerato dalla comunità internazionale “una provocazione”. L’Unione Europea ha minacciato dure misure in accordo con i suoi partner e in linea con il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Azioni appropriate sono state annunciate anche dagli Stati Uniti. Un atto che accentua le tensioni – fa sapere la Nato – e che rischia di destabilizzare ulteriormente la penisola coreana. Il Giappone ha chiesto una riunionedel Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere di quanto accaduto. Condanna per quanto è accaduto è stata espressa dalla Corea del Sud, dalla Russia e anche da Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite. A sorpresa critiche sono venute pure dalla Cina, storico alleato di Pyongyang che afferma di aver lanciato un satellite. Secondo altri, invece, si è trattato di un test di un vettore a lunga gittata con tanto di testata nucleare.

Ma cosa c’è dietro questa strategia? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Rossella Ideo, già docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia orientale all’Università di Trieste:
R. – Dietro questa strategia, c’è prima di tutto il rafforzamento della legittimità del nuovo giovane leader della Corea del Nord, che si è ritrovato ad avere un potere immenso. In secondo luogo, c’è anche il desiderio di ricordare a un anno di distanza la morte del padre, che aveva imperniato la sua politica proprio sulla difesa del Paese. Probabilmente, c’è anche il desiderio di riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti e con le altre potenze internazionali per avere aiuti economici. Sappiamo, infatti, che in un anno la condizione economica disastrosa della Corea del Nord non è migliorata: se non a Pyongyang - perché già si vedono segnali nella capitale - ci sono comunque 23 milioni di abitanti che, soprattutto nelle campagne nel nord del Paese, se la passano assai male.

D. – Però, gli Stati Uniti assieme ad altri Paesi hanno condannato in maniera forte questo lancio anche minacciando sanzioni. Allora, in che modo questa presa di posizione americana fa il paio con quello che lei ci stava dicendo prima?
R. - Nel senso di riaffermare il fatto che la Corea del Nord può difendersi. E’ in sostanza un atto dimostrativo. Il gioco è di avere carte migliori al tavolo negoziale, per ottenere risultati migliori come aiuti internazionali e capacità di negoziare da una posizione un po’ più rafforzata. E’ chiaro che, invece, tutto questo provoca nelle potenze l’opposto: questo gioco delle parti si sta ripetendo all’infinito e non può in queste condizioni portare a ciò che è il nodo di sempre della questione coreana: alla pace che non esiste ancora dalla guerra del ’50-’53, terminata semplicemente con armistizio, e che si è combattuta sul suolo coreano pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale.

D. – Tra le tante condanne, emerge anche quella un po’ a sorpresa della Cina: c’era da attenderselo oppure no?
R. – C’era da attenderselo perché la Cina in un certo senso è il "gran patron" della Corea del Nord. Ha interessi, teme un’implosione del regime e la cosa che più la preoccupa è la stabilità della Corea del nord. Se così non fosse, infatti, si ritroverebbe una marea di esuli nelle sue regioni del nord e probabilmente si troverebbe anche le truppe americane congiunte a quelle sudcoreane sulla soglia di casa. Nello stesso tempo, teniamo presente che la Cina è il più grande investitore che c’è in Corea del nord, attualmente.

D. – Secondo lei, dopo questo lancio - quindi dopo questa ondata di condanna e l’ipotesi di nuove sanzioni - la Corea del Nord come si comporterà di fronte al mondo? Rientrerà tutto nella norma, oppure qualcosa potrà cambiare nella politica di questo Paese?
R. – Io non vedo cambiamenti possibili a breve termine. C’è sempre il possesso del nucleare da parte della Corea del Nord inteso a scopo difensivo. E’ chiaro che non potrà mai usare questo suo arsenale nucleare, perché verrebbe immediatamente distrutto dalle forze americane che sono presenti al sud della penisola coreana. Questo atteggiamento è proprio un modo per dire: noi siamo in grado di difenderci. Adesso però, si dovrebbe lavorare perché si arrivi a una politica di amicizia e di apertura: prima di tutto fra le due Coree e poi anche a livello internazionale, per arrivare finalmente a stabilire un trattato di pace.

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