martedì, dicembre 11, 2012
I quotidiani esteri monitorano da vicino le vicende del nostro Paese: uno sguardo alle maggiori testate europee e americane. I timori sui risvolti nel mondo della finanza delle dimissioni di Monti sono condivisi a livello internazionale. Commenta l'articolo 

Città Nuova - Saranno pure affari di casa nostra, ma inquietano anche il resto del mondo: l'annunciata crisi di governo, con le pesanti conseguenze sul panorama finanziario, tengono banco sulle prime pagine dei giornali esteri. Uno dei più drastici, come da tradizione, è l'Economist. L'autorevole quotidiano afferma infatti che «la decisione di Monti di dimettersi, per quanto comprensibile, provocherà gravi danni sul breve termine», soprattutto a causa della serie di riforme non ancora approvate dal Parlamento: tra le tante, «quelle sulla competitività, sulla tassazione, sulla semplificazione della burocrazia; ma in primo luogo il pacchetto di misure per stimolare la crescita economica». Oltretutto, prosegue l'articolista, «ad aggiungere all'atmosfera di incertezza è il fatto che anche Napolitano potrebbe dimettersi: il suo mandato scade a maggio, ma ha affermato in più occasioni di non voler nominare un presidente del Consiglio per poi lasciare il suo successore a gestirne le conseguenze».

A preoccupare infatti è il dopo-Monti, dato che nessun partito sembra godere di un consenso sufficiente a garantire la stabilità; e infatti il londinese The Guardian, che dedica una serie di aggiornamenti in tempo reale sulle ultime vicende del governo – significativamente classificate nel canale tematico «La crisi dell'Eurozona» - pubblica un articolo dal titolo «Un governo di centro-sinistra potrebbe durare in Italia?». La questione infatti, secondo il giornalista Alberto Nardelli, «non è tanto chi vincerà le prossime elezioni, quanto se davvero emergerà una maggioranza con i numeri per governare, e come Bersani – dato per prossimo presidente del Consiglio, stando ai sondaggi – riuscirà a tenere insieme le tante anime del suo partito, riformarlo, garantire un ricambio generazionale, e allo stesso tempo portare a termine le riforme impopolari che inevitabilmente dovrà attuare». Niente di nuovo sotto il sole, comunque, essendo questo «il solito dilemma che la sinistra italiana si trova ad affrontare».

Dall'altra sponda della Manica, in Francia, i riflettori sono puntati sul mondo finanziario: Le Figaro, infatti, afferma senza mezzi termini che «le dimissioni di Mario Monti e il possibile ritorno di Silvio Berlusconi inquietano i mercati», spingendosi addirittura a sostenere che «un ritorno al potere del Popolo della Libertà rischia di interrompere la spirale virtuosa» con serie conseguenze anche sugli altri Paesi del sud Europa. E infatti le preoccupazioni maggiori si registrano in Spagna, dove El Paìs titola «I mercati castigano Spagna e Italia dopo le dimissioni di Monti». Dopo una carrellata sull'andamento negativo degli indicatori di rischio in entrambi i Paesi, il quotidiano madrileno conferma come il ritiro dell'appoggio del Pdl al governo Monti e il fatto che Berlusconi «continui a gettare legna sul fuoco, criticandone l'operato», abbia «posto a rischio la stabilità di cui Spagna e Italia hanno goduto dopo che la Banca centrale europea ha annunciato un piano per garantire la stabilità dell'euro». Ancora una volta, dunque, un'Europa sempre più unita obbliga a pensare alle conseguenze delle proprie mosse oltre i confini, nel bene o nel male.

Anche al di là dell'Oceano, comunque, la situazione italiana non passa inosservata, per quanto i toni siano diversi. Il New York Times, nell'articolo «Il prossimo atto del teatro italiano», attacca con un sarcastico: «Per mesi ha accarezzato l'idea di ritirarsi dalla politica, ma alla fine l'ex primo ministro Silvio Berlusconi non ha saputo resistere: il suo annuncio che sarebbe ridisceso in campo per “senso di responsabilità” ha di fatto messo la parola fine al governo di Mario Monti». Il quotidiano newyorkese, però, si sofferma soprattutto sull'ipotesi di un passaggio «da Monti-tecnico a Monti-politico», con la sua candidatura alle prossime elezioni: soprattutto se, come ci si aspetta, «non emergerà nessuna maggioranza chiara», ci potrebbero essere buone possibilità per una figura la cui «esperienza politica in ambito europeo e comprensione dei meccanismi economici ne hanno fatto un interlocutore regolare della Casa Bianca e un partner di Francia e Spagna nell'ottenere concessioni da una riluttante Angela Merkel».

di Chiara Andreola


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