martedì, dicembre 18, 2012
Per la leggenda era la “Primula Rossa del Vaticano”, per la realtà un tranquillo e umile prete irlandese che riuscì nell’impresa di salvare migliaia di vite nella Roma dell’occupazione nazista, sfruttando residenze extraterritoriali vaticane, conoscenze, capacità organizzative e un incredibile desiderio di mettersi al servizio di chi avesse bisogno.  

Radio Vaticana - Hugh O’Flaherty, il prete grande appassionato di golf e boxe, nato nel minuscolo paesino di Kiskeam, nei pressi di Cork, e poi cresciuto a Killarney, grazie alle sua spiccata intelligenza e sensibilità, finì giovanissimo a lavorare per il Santo Uffizio. Tra il ’43 e la liberazione di Roma nel giugno del ’44, fu in grado di mettere su una rete di sostegno, capace di salvare nei modi più rocamboleschi, oltre 6.000 persone tra prigionieri di guerra, ebrei, antifascisti. Sulle eroiche gesta e sull’umanità di quest’uomo gentile e buono, Luca Attanasio ha sentito Brian Fleming, suo biografo, suor Elizabeth Madson in servizio dal 1943 in un ospedale dove il sacerdote nascondeva le persone, e Veronica Dunne, una cantante lirica sua grande amica:

D. – Brian Fleming, quante vite ha slavato mons. O’Flaherty e come è riuscito in questa incredibile impresa con una rete fatta di soldati ma anche di donne semplici e addirittura bambini?

R. – He saved at least… Ha salvato almeno 6.500 persone, di cui 4mila almeno, erano membri degli eserciti di varie nazionalità. I restanti, circa 2.500, erano tutti civili. Era una persona molto intelligente, ma soprattutto lui e le persone che erano attorno a lui, erano molto devote alla causa e molto coraggiose.

D. – Nel 1983 è uscito un film su mons. O’Flaherty, “Il nero e lo scarlatto”: perché lei ha pensato che fosse solo un’invenzione di Hollywood?

R. – Because I had never heard… Perché fino ad allora non avevo mai sentito parlare di mons. O’Flaherty e ciò ha creato numerosi dubbi in me. Poi, in realtà, leggendo l’unico libro uscito su di lui mi sono reso conto che non c’erano troppe esagerazioni in quel film, anzi che la sua storia bisognava studiarla meglio, comunicarla alle nuove generazioni di irlandesi.

D. – Suor Elizabeth Madson, mons. O’Flaherty nascondeva prigionieri di guerra ebrei nell’ospedale al centro di Roma gestito dalla sua congregazione, le suore di Little Company of Mary…

R. – Mandava persone lì senza che le suore le conoscessero. Erano tutte novizie. Una volta i soldati sono venuti alla clinica per cercare un generale che era nascosto lì. La portantina ha messo il signore nell’ascensore, poi ha tolto la corrente e durante questi minuti ha voluto avvertire il generale, così lui è potuto scappare. Poi ai soldati ha detto: scusate, scusate, la corrente è andata via!

D. – Veronica Dunne, poco dopo l’arrivo a Roma, ha avuto con il sacerdote un’esperienza drammatica, la visita alle Fosse Ardeatine…

R. – Siamo entrati e c’erano tutte le fotografie sulle tombe e c’era un odore molto forte e mons. O’Flaherty mi ha preso la mano e la stringeva. Era molto commosso, quando ha visto le fotografie … riconosceva le persone e si è inginocchiato e piangeva. Ha detto: diciamo 10 Ave Maria. C’era una famiglia di ebrei con cinque figli e lui ne ha potuto salvare uno.

D. – Papa Pio XII sapeva?

R. – Penso proprio di sì! Come poteva un povero prete avere i soldi per tutti i soldati che ha messo in casa? E' stato il Vaticano a trovare i soldi per aiutare mons. O’Flaherty!


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa