giovedì, dicembre 20, 2012
44 mila vittime: è questo il dato drammatico aggiornato del bilancio della guerra civile in Siria.


Radio Vaticana - Solo ieri almeno cento i morti degli scontri tra esercito e milizie dell’opposizione, che si sono concentrati soprattutto nella zona della capitale Damasco e Aleppo. Il servizio è di Marina Calculli: ascolta
E’ di oltre 100 morti il bilancio delle vittime in Siria, secondo i comitati di coordinamento rivoluzionario. 40 vittime sono state provocate dall’esplosione di un’autobomba nei pressi di Aleppo. Sale così a 44.000 il numero complessivo degli individui che hanno perso la vita in Siria negli ultimi 21 mesi. Secondo il presidente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, questo bilancio potrebbe addirittura essere rivisto al rialzo, dato che non si contato i dispersi e i detenuti nelle carceri governative, di cui non si ha notizia da tempo. Per uno di essi, in carcere dal marzo scorso, si mobilita intanto il web: il soggetto in questione è Bassel Khartabil, un ingegnere di 31 anni, eletto dalla rivista Foreign Policy tra i 100 pensatori più influenti del mondo. Di lui non si sa più nella, se non che sia stato trasferito in un carcere militare di Damasco. Dopo il bombardamento del campo palestinese di Yarmouk, inoltre, è in corso un negoziato tra esercito e ribelli per preservare l’integrità del campo e dei rifugiati. Molti di loro però sono già in fuga. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha chiesto all’ONU di permettere ai profughi di entrare nel territori palestinesi.

Intanto, non si ferma la diplomazia internazionale nel tentativo di trovare vie d’uscita alla sanguinosa crisi. Sulle iniziative sinora adottate, Giancarlo La Vella ha intervistato l’inviato per il Medio Oriente della Farnesina, il ministro plenipotenziario Maurizio Massari, a poche settimane dal vertice in Italia dei Paese amici della Siria: ascolta

R. - Le risposte della comunità internazionale, in questa fase, sono volte al sostegno della coalizione dell’opposizione che si è formata a Doha a novembre e che comunque ha creato i presupposti per un’alternativa politica all’attuale regime. Noi crediamo che, al di là delle azioni di emergenza umanitaria, è comunque necessario continuare a lavorare per una soluzione politica della crisi, perché proseguire lo scontro militare sul terreno non farebbe altro che causare ulteriori vittime innocenti.

D. - Secondo lei, la soluzione della crisi passa necessariamente attraverso un’uscita di scena del presidente Assad o c’è un’altra via da percorrere?

R. - Una soluzione politica credibile non può prevedere alcun ruolo per il presidente Assad nella transizione siriana. Questa è una precondizione, in quanto il capo dello Stato ha perso qualsiasi tipo di legittimità agli occhi del popolo siriano. Egli è il primo responsabile di questo massacro di civili, già oltre 40 mila. Quindi, una futura Siria, per essere stabile, ha bisogno di essere costruita su basi nuove e sul presupposto che Assad lasci assolutamente il potere e possibilmente anche il Paese, come chiede l’opposizione democratica.

D. - In che modo l’Italia e la comunità internazionale stanno preparandosi al prossimo vertice degli amici della Siria, che ci sarà proprio in Italia, considerando che l’opposizione con la quale si dialogherà è stata sì unificata a Doha, ma ci sono ancora varie anime degli insorti che non hanno aderito a questo cartello?

R. - Intanto, l’opposizione è ormai riconosciuta come legittimo rappresentante del popolo siriano ed è già sufficientemente rappresentativa delle diverse articolazioni della società stessa. Naturalmente, si attendono altre adesioni, come ad esempio quella dei curdi, considerata molto importante. C’è un continuo pressing da parte della comunità internazionale sull’opposizione, affinché resti aperta il più possibile e che garantisca i diritti di tutte le minoranze: cristiani, curdi, drusi, alawiti e tutti i gruppi che compongono la società siriana. Su questo bisogna dire che l’opposizione ha fornito importanti garanzie sul piano verbale che naturalmente andranno poi verificate sul terreno. Il vertice degli amici della Siria è molto importante, perché potrebbe - auspicabilmente - essere il vertice della svolta. E tutti speriamo che nei prossimi mesi ci possa essere un’evoluzione anche sul terreno, che possa aprire la strada poi ad una soluzione politica. Questo sempre che Assad non sia più sulla scena. Questa è una linea rossa alla quale non possiamo rinunciare.


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