mercoledì, dicembre 26, 2012
I conflitti del mondo nel pensiero di Benedetto XVI nella notte di Natale e nel messaggio Urbi et orbi, in particolare il Medio Oriente. Appello ai "nuovi dirigenti" della Cina a valorizzare l'apporto delle religioni. La cultura contemporanea tende a escludere la "questione di Dio" e ad accusare i monoteismi a essere la causa delle violenze.

Asianews - Con la nascita di Gesù "La verità è germogliata dalla terra", in quell'evento "realmente l'amore e la verità si sono incontrati, la giustizia e la pace si sono baciate; la verità è germogliata dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo". Ma è una pace che il mondo non conosce, perché, in qualche modo, non l'accetta, come mostrano i troppi confitti e guerre che ancora lo insanguinano. C'è lo sguardo preoccupato sui nostri giorni, accanto alla gioia e alla speranza, nelle parole di Benedetto XVIdurante la messa della notte di Natale e nel messaggio Urbi et orbi, rivolto oggi dalla Loggia delle benedizioni alle 50mila persone presenti in piazza san Pietro. Ci sono il Medio Oriente e l'Africa e c'è un appello anche ai responsabili della Cina. "Dove non si dà gloria a Dio - aveva detto ieri sera - dove Egli viene dimenticato o addirittura negato, non c'è neppure pace". "Il Re della Pace - ha detto oggi - rivolga il suo sguardo ai nuovi dirigenti della Repubblica Popolare Cinese per l'alto compito che li attende. Auspico che esso valorizzi l'apporto delle religioni, nel rispetto di ciascuna, così che queste possano contribuire alla costruzione di una società solidale, a beneficio di quel nobile Popolo e del mondo intero".

Un mondo i conflitti del quale erano presenti già ieri sera, quando il Papa ha chiesto di pregare "perché Israeliani e Palestinesi possano sviluppare la loro vita nella pace dell'unico Dio e nella libertà. Preghiamo anche per i Paesi circostanti, per il Libano, per la Siria, per l'Iraq e così via: affinché lì si affermi la pace. Che i cristiani in quei Paesi dove la nostra fede ha avuto origine possano conservare la loro dimora; che cristiani e musulmani costruiscano insieme i loro Paesi nella pace di Dio". "La pace - ha chiesto oggi - germogli per la popolazione siriana, profondamente ferita e divisa da un conflitto che non risparmia neanche gli inermi e miete vittime innocenti. Ancora una volta faccio appello perché cessi lo spargimento di sangue, si facilitino i soccorsi ai profughi e agli sfollati e, tramite il dialogo, si persegua una soluzione politica al conflitto".

La pace "germogli nella Terra dove è nato il Redentore, ed Egli doni a Israeliani e Palestinesi il coraggio di porre fine a troppi anni di lotte e di divisioni, e di intraprendere con decisione il cammino del negoziato. Nei Paesi del Nord Africa, che attraversano una profonda transizione alla ricerca di un nuovo futuro - in particolare in Egitto, terra amata e benedetta dall'infanzia di Gesù - i cittadini costruiscano insieme società basate sulla giustizia, il rispetto della libertà e della dignità di ogni persona". "La pace germogli nel vasto Continente asiatico. Gesù Bambino guardi con benevolenza ai numerosi Popoli che abitano quelle terre e, in modo speciale, quanti credono in Lui".

Credere. Nell'Anno della fede, le parole del Papa ricordano che "Dio ha fatto tutto, ha fatto l'impossibile: si è fatto carne. La sua onnipotenza d'amore ha realizzato ciò che va al di là dell'umana comprensione: l'Infinito si è fatto bambino, è entrato nell'umanità. Eppure, questo stesso Dio non può entrare nel mio cuore se io non gli apro la porta". "Sempre - aveva detto ieri sera - di nuovo ci commuove il fatto che Dio si fa bambino, affinché noi possiamo amarlo, affinché osiamo amarlo, e, come bambino, si mette fiduciosamente nelle nostre mani". "Sempre di nuovo mi tocca anche la parola dell'evangelista, detta quasi di sfuggita, che per loro non c'era posto nell'alloggio. Inevitabilmente sorge la domanda su come andrebbero le cose, se Maria e Giuseppe bussassero alla mia porta. Ci sarebbe posto per loro?".

Una domanda che si allarga a quella se "nel mondo di oggi, c'è posto per Dio". "Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi? Ciò comincia col fatto che non abbiamo tempo per Lui. Quanto più velocemente possiamo muoverci, quanto più efficaci diventano gli strumenti che ci fanno risparmiare tempo, tanto meno tempo abbiamo a disposizione. E Dio?". "Anche se sembra bussare alla porta del nostro pensiero, Egli deve essere allontanato con qualche ragionamento. Per essere ritenuto serio, il pensiero deve essere impostato in modo da rendere superflua l'"ipotesi Dio". Non c'è posto per Lui. Anche nel nostro sentire e volere non c'è lo spazio per Lui. Noi vogliamo noi stessi, vogliamo le cose che si possono toccare, la felicità sperimentabile, il successo dei nostri progetti personali e delle nostre intenzioni. Siamo completamente "riempiti" di noi stessi, così che non rimane alcuno spazio per Dio. E per questo non c'è neppure spazio per gli altri, per i bambini, per i poveri, per gli stranieri".

Più ancora, oggi "diffuse correnti di pensiero" accusano le religioni, e in particolare il monoteismo, di essere "la causa della violenza e delle guerre nel mondo; occorrerebbe prima liberare l'umanità dalle religioni, affinché si crei poi la pace; il monoteismo, la fede nell'unico Dio, sarebbe prepotenza, causa di intolleranza, perché in base alla sua natura esso vorrebbe imporsi a tutti con la pretesa dell'unica verità. È vero che, nella storia, il monoteismo è servito di pretesto per l'intolleranza e la violenza. È vero che una religione può ammalarsi e giungere così ad opporsi alla sua natura più profonda, quando l'uomo pensa di dover egli stesso prendere in mano la causa di Dio, facendo così di Dio una sua proprietà privata. Contro questi travisamenti del sacro dobbiamo essere vigilanti. Se un qualche uso indebito della religione nella storia è incontestabile, non è tuttavia vero che il 'no' a Dio ristabilirebbe la pace. Se la luce di Dio si spegne, si spegne anche la dignità divina dell'uomo. Allora egli non è più l'immagine di Dio, che dobbiamo onorare in ciascuno, nel debole, nello straniero, nel povero. Allora non siamo più tutti fratelli e sorelle, figli dell'unico Padre che, a partire dal Padre, sono in correlazione vicendevole. Che generi di violenza arrogante allora compaiono e come l'uomo disprezzi e schiacci l'uomo lo abbiamo visto in tutta la sua crudeltà nel secolo scorso. Solo se la luce di Dio brilla sull'uomo e nell'uomo, solo se ogni singolo uomo è voluto, conosciuto e amato da Dio, solo allora, per quanto misera sia la sua situazione, la sua dignità è inviolabile".

La nascita di Gesù, la conclusione, oggi, del Papa, "è un germoglio di vita nuova per tutta l'umanità. Possa ogni terra diventare una terra buona, che accoglie e germoglia l'amore, la verità, la giustizia e la pace. Buon Natale a tutti!". Un augurio che Benedetto XVI ha ripetuto in 65 lingue, tra le quali russo, mongolo, kazako, georgiano, turco, arabo, ebraico, aramaico, armeno, hindi, tamil, malayalam, bengalese, birmano, urdu, cinese, giapponese, coreano, vietnamita, singalese, tailandese, indonesiano, cambogiano e filippino.

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