giovedì, dicembre 06, 2012
La prima disciplina organica in materia di rifiuti in Italia è del 1992, ma ciò non significa che, prima di tale data, si potesse abbandonare liberamente i rifiuti. 

GreenReport - Dunque, l'ordinanza di recupero e smaltimento, riferita a rifiuti abbandonati in un'epoca compresa tra il 1952 e il 1970 "non va intesa come atto sanzionatorio riconducibile in toto all'attuale ordinamento ma, in primis, come ordine di riprendersi il materiale abbandonato senza titolo e su terreno altrui e, conseguentemente, di provvedere al relativo smaltimento secondo le norme al momento vigenti". Lo ricorda il Tribunale amministrativo delle Marche - sentenza 21 novembre 2012, n. 739 - che si trova ad affrontare la questione dei materiali da demolizioni e scarti di fonderia depositati sul suolo a ridosso della battigia, su un'area nella zona del litorale retrostante lo stabilimento Fincantieri, di proprietà del Demanio dello Stato.

La ditta ha soprattutto contestato il fatto che al momento in cui i materiali vennero abbandonati a ridosso della battigia, nessuna norma lo vietava. Ha sostenuto, di conseguenza che non si possa rispondere per fatti commessi dall'ente incorporato che, al momento, non erano vietati, poiché la disciplina generale dei rifiuti entrava in vigore solo nel 1982 (con il Dpr 915/1982) ossia in epoca successiva ai fatti contestati. Quindi non possono essere applicate le norme sulla responsabilità dell'ente subentrante (art. 14 del Dlgs 22/1997 ora art. 192 comma 4 del Dlgs 152/2006),

In Italia, una disciplina organica sui rifiuti è stata introdotta solo con il Dpr del 1982 (decreto di attuazione della direttiva comunitaria relativa ai rifiuti, a quella relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e a quella relativa ai rifiuti tossici e nocivi in materia).

Ciò, comunque non significa che, prima di tale data, ciascuno fosse libero di smaltire i propri rifiuti come riteneva più opportuno e conveniente, compreso il libero e incontrollato abbandono sul suolo altrui. Esisteva l'art. 674 del Codice penale che sanzionava (e continua a sanzionare) chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone ovvero provoca emissioni di gas di vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti. Ed esisteva la legge del 1941 (la numero 366) che disciplinava la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (tra cui le immondizie e, in genere, gli ordinari rifiuti dei fabbricati a qualunque uso adibiti). Essa vietava il gettito dei rifiuti e il temporaneo deposito di essi nelle pubbliche vie e piazze, nei pubblici mercati coperti e scoperti, e nei terreni pubblici e privati, prescrivendo, nel contempo, che le aree scoperte entro i fabbricati, o interposte a essi, come pure le strade praticabili d'ogni genere ed i tratti di spiagge prospicienti gli abitati, o adibiti a pubblico passeggio, o annessi a stabilimenti balneari, dovevano essere tenuti sgombri da ogni rifiuto a cura dei rispettivi proprietari, amministratori e conduttori.

Tali principi hanno poi trovato attuazione e specificazione anche attraverso le discipline locali, come i Regolamenti comunali di Igiene e di Polizia urbana depositati dal Comune che, per quanto non contengano disposizioni particolareggiate come la disciplina vigente, lasciano comunque estrapolare l'esistenza di un generalizzato divieto di abbandono dei rifiuti su suolo pubblico e privato, compreso l'abbandono dei residui industriali.

Adesso la disciplina sui rifiuti è contenuta nel così detto codice ambientale (Dlgs 152/2006) che prevede il divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo. Per cui, chiunque violi il divieto è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi. E qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica, sono tenuti in solido la persona giuridica e i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa.


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