venerdì, dicembre 28, 2012
Per Assad ipotesi di asilo politico in Venezuela 

Radio Vaticana - In Siria, ancora una giornata di violenza. Scontri si segnalano soprattutto a Damasco, solo ieri – secondo l’opposizione - almeno 142 persone, tra cui 55 civili, hanno perso la vita. Intanto la Russia ha chiesto al fronte degli insorti e al governo di prendere parte a nuovi colloqui di pace che potrebbero tenersi a Mosca, o al Cairo oppure a Ginevra. Cresce dunque il pressing diplomatico mentre si fa strada l’ipotesi di un asilo politico ad Assad e alla sua famiglia in Venezuela; mancano però conferme ufficiali. Sulle reali possibilità di questa eventualità, Benedetta Capelli ha intervistato Emanuele Schibotto, responsabile scientifico del sito di geopolitica “Equilibri.net. R. – E’ un’ipotesi possibile, che ancora non è stata confermata da parte venezuelana. I venezuelani hanno invece confermato l’invio di una lettera da parte di Assad. Potrebbe essere dunque possibile perché i due Paesi hanno rapporti molto stretti da diversi anni, soprattutto da quando i due leader hanno consolidato una relazione personale per vari motivi. Sono entrambi due Paesi ricchi di petrolio, di risorse naturali ed entrambi due Paesi osteggiati da una parte della comunità internazionale e, per questo, hanno trovato diverse affinità. Si sentono una sorta di “paria” della comunità internazionale per alcuni aspetti e per altri aspetti si sentono dei difensori, dei portatori di interessi di quello che Chavez chiama il “mondo nuovo”. Quindi, potrebbe essere possibile. Chavez è stato in Siria diverse volte, i due Paesi hanno, in quelle occasioni, formalizzato una serie di accordi molto importanti a livello economico ed il Venezuela, negli ultimi mesi, ha inviato diversi aiuti al regime siriano sotto forma di navi che trasportavano diesel; Chavez così ha sfidato una parte della comunità internazionale, ha sfidato le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, dalla comunità internazionale, e ciò vuol dire che le relazioni sono comunque solide. D. – Chavez e Assad sono due leader, in questo momento, abbastanza isolati rispetto alla comunità internazionale. Questa loro unione rischia di isolarli ancora di più? R. – Sono isolati per quanto riguarda una parte della comunità internazionale. Teniamo presente che la Cina e la Russia, ad esempio, hanno continuato ad appoggiare, e continuano ad appoggiare, ancora adesso, il regime di Assad all’interno del Consiglio di Sicurezza. Anche in Sudamerica, il Venezuela di Chavez ha comunque diversi sostenitori. Evo Morales, il presidente della Bolivia, il presidente dell’Ecuador, Correa, per non parlare ovviamente di Cuba, dove Chavez si è curato per il suo cancro. Chavez è molto amato da una parte della sua popolazione, ha appena vinto le elezioni anche se ci sono accuse di brogli, di irregolarità ma, oggettivamente parlando, è comunque un leader che ha un certo consenso. Come lo manifesti poi, come lo gestisca, come lo accresca e come lo ingrandisca è un altro discorso. Sono, comunque, due leader che una parte della comunità internazionale osteggia – una gran parte – ma non dimentichiamoci che c’è un’altra faccia della medaglia, con alcuni Paesi che si fanno forza tra di loro. D. – L’asilo politico, a questo punto, può essere una parte della soluzione del conflitto siriano? R. – Può essere letta come l’ultima carta da giocare per il regime, quella di cercare un Paese amico, forse in questo momento il Paese più "amico", in un contesto completamente diverso. Teniamo presente un’ultima cosa: il Venezuela arriva da un momento di grande difficoltà; c’è grande incertezza sulla salute del presidente, tanto che pochi giorni fa, Chavez stesso ha nominato il vice presidente come suo possibile successore, nel caso in cui il cancro lo dovesse fermare. Ci sono tutta una serie di giochi ad incastro, per cui se Chavez fosse stato in salute, nel pieno del proprio potere, avrebbe già dato l’avallo per l’asilo politico. In una situazione d’incertezza di questo tipo, forse gli uomini più vicini a Chavez stanno aspettando per capire come comportarsi. E’ una dinamica che non controllano bene neanche loro. D’altra parte, Assad cerca forse l’ultima carta per andarsene senza rimetterci la pelle.

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