Ricordati alla stazione di Napoli i morti dell'attentato di 28 anni fa
Liberainformazione - "Vogliamo la verità sui mandanti della strage". E’ sempre la stessa richiesta che viene dai familiari delle vittime del rapido 904. Il treno che partì dal binario 11 della stazione di Napoli centrale, a mezzogiorno del 23 dicembre del 1984, diretto in Francia. Dopo 28 anni a gridarlo nell’atrio della stazione centrale di Napoli, non è più Antonio Celardo, presidente da molti anni, ma una ragazza che è nata proprio nell’anno della strage, Rosaria Manzo, figlia di Giovanni, il secondo macchinista di quel treno dove trovarono la morte 16 persone e 267 furono ferite. Rosaria da un mese è stata eletta presidente del Coordinamento Familiari vittime e feriti della strage del rapido 904. Come tutti i giovani, va decisa al nodo della questione: “Vogliamo sapere perché hanno messo quella bomba. Il 30 novembre scorso i giudici di Firenze hanno rinviato a giudizio Totò Riina, il capo dei mafiosi corleonesi. La strage sarebbe stata la risposta dei boss corleonesi agli arresti legati al maxi processo di Palermo del 1984 e l’esplosivo usato è lo stesso dell’Addaura e di via D’Amelio. Ma noi vogliamo sapere se questo è un nuovo tentativo di depistare le indagini o è la strada giusta imboccata dopo tanti anni”.
Rosaria ha la voce rotta dall’emozione mentre parla della strage. Ricorda i tanti feriti, diversi dei quali sono in prima fila ad assistere alla cerimonia di commemorazione in ricordo di quella strage che avvenne alle 19,08 nella galleria tra Vernio e san Benedetto Val di Sambro. Una bomba squarciò la carrozza numero 9, seconda classe. Sedici morti, ma solo quindici corpi ritrovati. “Io sono nata qualche mese dopo la strage – dice Rosaria – l’ho vissuta nel racconto dei miei genitori e, soprattutto, attraverso il loro dolore e la loro sofferenza. Dopo tanti anni e diversi processi svolti, non conosciamo ancora il nome dei mandati di quella bomba”.
Un lungo applauso scandisce le sue parole. Prima di lei gli applausi sono stati tributati a Enzo Biagi. O meglio, ad un suo articolo del 1984, “Quell’ora fatale sul treno del sud”, letto da Anna Manzo e accompagnata da un sottofondo musicale di violino e piano, da due allievi del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli. Dopo le parole di Rosaria, i saluti istituzionali del rappresentante della provincia di Napoli, dell’assessore regionale Sommese e del vice sindaco di Napoli, Tommaso Sodano. Poi la lettura dei nomi delle persone uccise, con momenti di forte commozione tra i tanti presenti a cui si sono aggiunti anche molti viaggiatori in attesa di salire sui treni. Tra la folla anche il questore di Napoli, i rappresentanti dei familiari delle vittime innocenti di camorra, esponenti delle organizzazioni sindacali.
Tutti assieme, alla fine della cerimonia, guidati dai gonfaloni della provincia, della regione, del Comune e di quello di Somma vesuviana, si sono diretti al binario 11 della stazione, dove sulle note del silenzio suonate dalla tromba di un carabiniere in alta uniforme è stata deposta una corona di fiori da dove partì il treno quel giorno di 28 anni fa. “Non ci fermeremo finché non sapremo tutta la verità sulla strage” assicura Rosaria mentre abbraccia e saluta gli altri familiari delle vittime.
Liberainformazione - "Vogliamo la verità sui mandanti della strage". E’ sempre la stessa richiesta che viene dai familiari delle vittime del rapido 904. Il treno che partì dal binario 11 della stazione di Napoli centrale, a mezzogiorno del 23 dicembre del 1984, diretto in Francia. Dopo 28 anni a gridarlo nell’atrio della stazione centrale di Napoli, non è più Antonio Celardo, presidente da molti anni, ma una ragazza che è nata proprio nell’anno della strage, Rosaria Manzo, figlia di Giovanni, il secondo macchinista di quel treno dove trovarono la morte 16 persone e 267 furono ferite. Rosaria da un mese è stata eletta presidente del Coordinamento Familiari vittime e feriti della strage del rapido 904. Come tutti i giovani, va decisa al nodo della questione: “Vogliamo sapere perché hanno messo quella bomba. Il 30 novembre scorso i giudici di Firenze hanno rinviato a giudizio Totò Riina, il capo dei mafiosi corleonesi. La strage sarebbe stata la risposta dei boss corleonesi agli arresti legati al maxi processo di Palermo del 1984 e l’esplosivo usato è lo stesso dell’Addaura e di via D’Amelio. Ma noi vogliamo sapere se questo è un nuovo tentativo di depistare le indagini o è la strada giusta imboccata dopo tanti anni”.
Rosaria ha la voce rotta dall’emozione mentre parla della strage. Ricorda i tanti feriti, diversi dei quali sono in prima fila ad assistere alla cerimonia di commemorazione in ricordo di quella strage che avvenne alle 19,08 nella galleria tra Vernio e san Benedetto Val di Sambro. Una bomba squarciò la carrozza numero 9, seconda classe. Sedici morti, ma solo quindici corpi ritrovati. “Io sono nata qualche mese dopo la strage – dice Rosaria – l’ho vissuta nel racconto dei miei genitori e, soprattutto, attraverso il loro dolore e la loro sofferenza. Dopo tanti anni e diversi processi svolti, non conosciamo ancora il nome dei mandati di quella bomba”.
Un lungo applauso scandisce le sue parole. Prima di lei gli applausi sono stati tributati a Enzo Biagi. O meglio, ad un suo articolo del 1984, “Quell’ora fatale sul treno del sud”, letto da Anna Manzo e accompagnata da un sottofondo musicale di violino e piano, da due allievi del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli. Dopo le parole di Rosaria, i saluti istituzionali del rappresentante della provincia di Napoli, dell’assessore regionale Sommese e del vice sindaco di Napoli, Tommaso Sodano. Poi la lettura dei nomi delle persone uccise, con momenti di forte commozione tra i tanti presenti a cui si sono aggiunti anche molti viaggiatori in attesa di salire sui treni. Tra la folla anche il questore di Napoli, i rappresentanti dei familiari delle vittime innocenti di camorra, esponenti delle organizzazioni sindacali.
Tutti assieme, alla fine della cerimonia, guidati dai gonfaloni della provincia, della regione, del Comune e di quello di Somma vesuviana, si sono diretti al binario 11 della stazione, dove sulle note del silenzio suonate dalla tromba di un carabiniere in alta uniforme è stata deposta una corona di fiori da dove partì il treno quel giorno di 28 anni fa. “Non ci fermeremo finché non sapremo tutta la verità sulla strage” assicura Rosaria mentre abbraccia e saluta gli altri familiari delle vittime.
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