Il segretario alla Difesa americano Leon Panetta ha dato ordine di dispiegare due batterie di missili Patriot terra-aria e 400 militari americani al confine tra Turchia e Siria.
Misna - “L’obiettivo è quello di segnalare, con forza, che gli Stati Uniti in stretta collaborazione con gli alleati della Nato appoggeranno la difesa della Turchia, in particolare contro minacce potenziali provenienti dalla Siria” ha detto il portavoce del Pentagono George Little. Il dispiegamento, approvato in sede Nato lo scorso 4 dicembre, prevede che Stati Uniti, Germania e Paesi Bassi forniscano, ciacuno, due batterie di missili, ideate per intercettare aerei e ordigni, che saranno poste sotto comando Nato e saranno operative “entro fine gennaio” ha detto Little in un’intervista apparsa oggi sul New York Times.
Intanto sembra stringersi il cerchio intorno al presidente siriano Bashar al Assad e all’establishment di Damasco. A suggerirlo oltre alle voci sempre più diffuse nel paese e all’estero di un prossimo collasso del governo, sono le dichiarazioni rilasciate ieri dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen e dal viceministro russo Mikhail Bogdanov. Quest’ultimo in particolare, in una dichiarazione ritrattata in seguito dal portavoce del ministero degli Esteri secondo cui Mosca “non ha cambiato e non cambierà le sue posizioni sulla Siria”, aveva affermato che “il governo di Damasco perde sempre più il controllo della situazione” e “non si può escludere una vittoria delle forze di opposizione”.
Sul terreno tuttavia, proseguono i combattimenti e questa mattina l’aviazione ha bombardato alcuni quartieri a sud della capitale la cui periferia è stata ieri teatro di due esplosioni causate da altrettante autobombe a Qatana e a Jdeidet Artouz. Per le strade di Aleppo e Homs intanto, si continua a sparare, mentre tiri di artiglieria sono segnalati a Idleb e Hama.
Misna - “L’obiettivo è quello di segnalare, con forza, che gli Stati Uniti in stretta collaborazione con gli alleati della Nato appoggeranno la difesa della Turchia, in particolare contro minacce potenziali provenienti dalla Siria” ha detto il portavoce del Pentagono George Little. Il dispiegamento, approvato in sede Nato lo scorso 4 dicembre, prevede che Stati Uniti, Germania e Paesi Bassi forniscano, ciacuno, due batterie di missili, ideate per intercettare aerei e ordigni, che saranno poste sotto comando Nato e saranno operative “entro fine gennaio” ha detto Little in un’intervista apparsa oggi sul New York Times.
Intanto sembra stringersi il cerchio intorno al presidente siriano Bashar al Assad e all’establishment di Damasco. A suggerirlo oltre alle voci sempre più diffuse nel paese e all’estero di un prossimo collasso del governo, sono le dichiarazioni rilasciate ieri dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen e dal viceministro russo Mikhail Bogdanov. Quest’ultimo in particolare, in una dichiarazione ritrattata in seguito dal portavoce del ministero degli Esteri secondo cui Mosca “non ha cambiato e non cambierà le sue posizioni sulla Siria”, aveva affermato che “il governo di Damasco perde sempre più il controllo della situazione” e “non si può escludere una vittoria delle forze di opposizione”.
Sul terreno tuttavia, proseguono i combattimenti e questa mattina l’aviazione ha bombardato alcuni quartieri a sud della capitale la cui periferia è stata ieri teatro di due esplosioni causate da altrettante autobombe a Qatana e a Jdeidet Artouz. Per le strade di Aleppo e Homs intanto, si continua a sparare, mentre tiri di artiglieria sono segnalati a Idleb e Hama.
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