Un gruppo di amici della Sardegna, con l’ausilio di alcuni esperti, ha ideato un gioco da tavola con la finalità di creare una cultura per la cooperazione e l’economia civile
Città Nuova - Metti insieme tre amici e sei realtà sociali importanti e nasce un progetto simpatico, accattivante e soprattutto utile alla creazione di una cultura per la cooperazione, il lavoro e l’economia civile. Gli amici sono Carlo Tedde, già presidente di Cooperative sociali e consorzi ed ora presidente di Confcooperative Sardegna, Marco Benoni, regista e presidente di una Cooperativa di audiovisivi, e il professor Vittorio Pelligra, economista dell’Università di Cagliari, esperto in Economia comportamentale. Da almeno trent’anni, fin dall’età giovanile hanno percorso numerosi tratti di strada, importanti, in comune. Le organizzazioni sono il Consorzio solidarietà, la Confcooperative Sardegna, l’università di Cagliari, lo Ied (Istituto europeo design), la Cooperativa artevideo, la commissione per l’Economia di Comunione. Un carnet ricco di poliedrici apporti per cosa? Lo chiediamo a Vittorio Pelligra, uno dei promotori.
Cosa avete pensato e creato?
«Il progetto si chiama “Wecoop - il gioco delle cooperative", nome scelto per indicare che per vincere, davvero, occorre saper cooperare. Nella vita, negli affari, al di là delle visioni individualistiche da cui spesso siamo pervasi, così come nel nostro gioco di società, si vince solo se si vince insieme. L’idea nasce in Sardegna dal Consorzio solidarietà, che con questa iniziativa ha voluto festeggiare contemporaneamente il suo 15° “compleanno” e l'Anno internazionale delle cooperative indetto dall'Onu per il corrente 2012».
Chi ha sviluppato il progetto?
«È stato sviluppato da un team di giovani, in collaborazione con SmartLab, uno spin-off dell’università di Cagliari e un gruppo di esperti di design e comunicazione dell’ Istituto europeo di design».
Perché un gioco?
«Il gioco vuole essere uno strumento per diffondere in maniera leggera e divertente una cultura economica nuova che si ispira ai princìpi dell’economia civile e di comunione e alle esperienze concrete delle imprese cooperative. Ma è anche un esperimento economico. Giocando, possiamo testare alcune delle più recenti teorie economiche, che nella misurazione del benessere e dell’efficienza considerano sempre più importanti elementi come la fiducia, la reciprocità, il lavoro di squadra; tutti princìpi essenziali alla base di Wecoop».
Il gioco ha sempre un suo valore pedagogico.
«Durante il gioco si vivono situazioni tipiche della vita imprenditoriale: occorre decidere davanti a opportunità, dilemmi e imprevisti. Per vincere occorre imparare a collaborare e a competere per contribuire al benessere della propria comunità. Il gioco racconta l’attività delle cooperative e promuove un modello di sviluppo orientato al bene comune: dignità dell'essere umano, tutela ambientale, equità, solidarietà, democrazia e partecipazione».
Si è compreso che l’obiettivo centrale del vostro progetto non è certo il guadagno. Ma vi è sostenibilità economica?
«Si tratta di un progetto no profit che fonda i suoi ricavi sulla vendita delle confezioni alle cooperative per i loro soci, alle scuole, alle associazioni, e su altre possibili entrate da sponsorizzazioni istituzionali. Il progetto è stato pensato per poter essere proposto e diffuso capillarmente in altri territori attraverso la rete del sistema cooperativo. La personalizzazione avviene inserendo volta per volta la mappa della regione di riferimento e nelle cartelle segnapunti i nomi delle cooperative coinvolte e degli enti della vita economica locale. Un ruolo chiave del gioco è rappresentato dalla banche di credito cooperativo del territorio».
Come si gioca?
«Wecoop è un gioco di percorso nel quale occorre sfruttare tutte le opportunità e far fronte a tutte le difficoltà che un’impresa cooperativa può incontrare. Bisogna crearsi una reputazione, fare investimenti, essere in regola col fisco, stipulare alleanze con i concorrenti, etc. etc. E alla fine ci sarà un vincitore, ma tutti avranno concorso allo sviluppo e alla crescita del proprio territorio. Al centro del tavolo viene collocata una mappa (rappresentativa di una regione d’Italia) che i partecipanti costruiscono assieme con le loro azioni di gioco. Nello stesso tempo, così come avviene nella pratica dell’Economia di Comunione, ogni giocatore contribuisce alla costituzione del Fondo comune, un bene pubblico».
Per gli interessati: info@consolidarieta.it
di Attilio Menos
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