Oltre la meta dei 132 ostaggi stranieri nel sito algerino di In Amenas sono liberi. Lo riferisce l'agenzia algerina Aps citando fonti della sicurezza. Il numero complessivo degli ostaggi liberi é di 650, tra cui 573 algerini. Ma un numero imprecisato di lavoratori stranieri, all'esplodere della crisi, ha cercato riparo tra le strutture dell'impianto estrattivo e potrebbero essere ancora nascosti.
Radio Vaticana - Le unità speciali dell'esercito che stanno operando dentro il compound di In Amenas, teatro del sequestro di stranieri e del blitz, hanno accerchiato una costruzione dove si troverebbero i miliziani islamisti ed un numero imprecisato di ostaggi. I terroristi vorrebbero scambiare due ostaggi Usa con due terroristi islamici detenuti negli Usa, tra cui Omar Abdel Rahman, ritenuto l'ispiratore dell'attacco al World Trade Center del 1993. L'altra richiesta é la fine della guerra in Mali. Il servizio di Fausta Speranza. Il primo ministro britannico Cameron parla di “attacco da parte delle forze terroristiche di vasta entità, ben coordinato e pesantemente armato”. Il premier avrebbe dovuto pronunciare questa mattina in Olanda un atteso discorso sull'Europa ma è rimasto a Londra. Il sito è molto vasto e c'erano centinaia di persone, prima di tutto algerini e poi anche dipendenti occidentali e giapponesi. Peraltro anche il premier nipponico Abe ha annullato un viaggio all'estero. La minaccia viene da Al Qaeda, sottolinea Cameron. E c’è da dire che il gruppo islamico legato ad al Qaeda, autore del sequestro di occidentali al sito per la lavorazione di gas algerino, ha minacciato di compiere nuove azioni e ha allertato allo stesso tempo gli algerini a ''stare fuori dalle installazione del complesso, dove verranno compiuti nuovi attacchi''. Di certo c’è che, dopo l'attacco agli impianti di In Arenas, centinaia di lavoratori delle compagnie petrolifere internazionali sono stati evacuati dall'Algeria ieri e molti altri seguiranno. Lo conferma la British Petroleum. L’attacco terroristico in Algeria è in stretta relazione con quanto accade in Mali, lo Stato dell’Africa occidentale dove sono intervenuti i militari francesi in seguito all’occupazione del Nord da parte di forze islamiste e terroristiche. Nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Angelo Turco, della Università Iulm di Milano. R. – C’è una connessione molto stretta tra quello che è successo in Algeria e la guerra nel Nord del Mali, dove la componente qaedista è molto forte tra le forze terroristiche. La connessione è data dal fatto che le forze di Al Qaeda nel Nord del Mali erano presenti massicciamente: una componente robusta e certamente strutturata del terrorismo internazionale presente nelle aree desertiche maliane. L’intervento francese, che conosciamo, ha determinato un capovolgimento importante dei rapporti di forza in quella zona e prelude, peraltro, ad un intervento internazionale più consistente. L’attacco in Algeria, quindi, è stato una risposta di Al Qaeda all’attacco francese, alla messa in moto di tutta la macchina di intervento militare in Mali. Una quota consistente dei quaedisti che operano in Mali è di provenienza algerina: quello è – per così dire – il loro terreno quanto a teatro di offesa e di combattimento. D. – Cosa può significare per il Paese che si giochi proprio in questi giorni e in Algeria questa battaglia? R. – Il teatro algerino è un teatro nel quale si è svolta una lunga, sanguinosa, dolorosa battaglia anti-terroristica in cui l’Occidente, per il vero, c’è entrato molto poco, ed è stata combattuta dagli algerini: dalla costellazione dei nuovi poteri algerini, che è una costellazione molto complessa, un potere militare, un potere che poi gradualmente è divenuto sempre più di matrice civile evolvendo verso modelli di rappresentanza democratica. E’ una rappresentanza democratica evidentemente non compiuta ma certamente significativa … Quindi, qui non si tratta di uno scontro di civiltà tra Occidente e terrorismo: qui c’è un complesso di forze e di Paesi che è colpito dal terrorismo, che minaccia di essere destabilizzato dal terrorismo, e reagisce. Il fatto che il terrorismo abbia colpito in Algeria ha delle cause storiche. D. – Che dire della presenza di Al Qaeda in altri Paesi africani? R. – Intanto, incominciamo a dire che Al Qaeda c’è. Chi si era illuso che ci fosse un’eclisse dell’organizzazione farebbe bene a ritornare sui propri passi e acquisire l’idea che Al Qaeda non è un’organizzazione terroristica di tipo tradizionale, gerarchica, compatta ma è piuttosto una costellazione di gruppi che hanno una grande autonomia, sia organizzativa, sia finanziaria, sia di armamenti, uomini, tecniche e possibilità di combattimento locale. E’ una grande costellazione che si può muovere con grande autonomia.
Radio Vaticana - Le unità speciali dell'esercito che stanno operando dentro il compound di In Amenas, teatro del sequestro di stranieri e del blitz, hanno accerchiato una costruzione dove si troverebbero i miliziani islamisti ed un numero imprecisato di ostaggi. I terroristi vorrebbero scambiare due ostaggi Usa con due terroristi islamici detenuti negli Usa, tra cui Omar Abdel Rahman, ritenuto l'ispiratore dell'attacco al World Trade Center del 1993. L'altra richiesta é la fine della guerra in Mali. Il servizio di Fausta Speranza. Il primo ministro britannico Cameron parla di “attacco da parte delle forze terroristiche di vasta entità, ben coordinato e pesantemente armato”. Il premier avrebbe dovuto pronunciare questa mattina in Olanda un atteso discorso sull'Europa ma è rimasto a Londra. Il sito è molto vasto e c'erano centinaia di persone, prima di tutto algerini e poi anche dipendenti occidentali e giapponesi. Peraltro anche il premier nipponico Abe ha annullato un viaggio all'estero. La minaccia viene da Al Qaeda, sottolinea Cameron. E c’è da dire che il gruppo islamico legato ad al Qaeda, autore del sequestro di occidentali al sito per la lavorazione di gas algerino, ha minacciato di compiere nuove azioni e ha allertato allo stesso tempo gli algerini a ''stare fuori dalle installazione del complesso, dove verranno compiuti nuovi attacchi''. Di certo c’è che, dopo l'attacco agli impianti di In Arenas, centinaia di lavoratori delle compagnie petrolifere internazionali sono stati evacuati dall'Algeria ieri e molti altri seguiranno. Lo conferma la British Petroleum. L’attacco terroristico in Algeria è in stretta relazione con quanto accade in Mali, lo Stato dell’Africa occidentale dove sono intervenuti i militari francesi in seguito all’occupazione del Nord da parte di forze islamiste e terroristiche. Nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Angelo Turco, della Università Iulm di Milano. R. – C’è una connessione molto stretta tra quello che è successo in Algeria e la guerra nel Nord del Mali, dove la componente qaedista è molto forte tra le forze terroristiche. La connessione è data dal fatto che le forze di Al Qaeda nel Nord del Mali erano presenti massicciamente: una componente robusta e certamente strutturata del terrorismo internazionale presente nelle aree desertiche maliane. L’intervento francese, che conosciamo, ha determinato un capovolgimento importante dei rapporti di forza in quella zona e prelude, peraltro, ad un intervento internazionale più consistente. L’attacco in Algeria, quindi, è stato una risposta di Al Qaeda all’attacco francese, alla messa in moto di tutta la macchina di intervento militare in Mali. Una quota consistente dei quaedisti che operano in Mali è di provenienza algerina: quello è – per così dire – il loro terreno quanto a teatro di offesa e di combattimento. D. – Cosa può significare per il Paese che si giochi proprio in questi giorni e in Algeria questa battaglia? R. – Il teatro algerino è un teatro nel quale si è svolta una lunga, sanguinosa, dolorosa battaglia anti-terroristica in cui l’Occidente, per il vero, c’è entrato molto poco, ed è stata combattuta dagli algerini: dalla costellazione dei nuovi poteri algerini, che è una costellazione molto complessa, un potere militare, un potere che poi gradualmente è divenuto sempre più di matrice civile evolvendo verso modelli di rappresentanza democratica. E’ una rappresentanza democratica evidentemente non compiuta ma certamente significativa … Quindi, qui non si tratta di uno scontro di civiltà tra Occidente e terrorismo: qui c’è un complesso di forze e di Paesi che è colpito dal terrorismo, che minaccia di essere destabilizzato dal terrorismo, e reagisce. Il fatto che il terrorismo abbia colpito in Algeria ha delle cause storiche. D. – Che dire della presenza di Al Qaeda in altri Paesi africani? R. – Intanto, incominciamo a dire che Al Qaeda c’è. Chi si era illuso che ci fosse un’eclisse dell’organizzazione farebbe bene a ritornare sui propri passi e acquisire l’idea che Al Qaeda non è un’organizzazione terroristica di tipo tradizionale, gerarchica, compatta ma è piuttosto una costellazione di gruppi che hanno una grande autonomia, sia organizzativa, sia finanziaria, sia di armamenti, uomini, tecniche e possibilità di combattimento locale. E’ una grande costellazione che si può muovere con grande autonomia.
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