“Pare di vivere una pagina di Vangelo!”. Ve lo ripetete segretamente guardando le facce tutt’intorno…
di Renato Zilio
A colazione croissants, latte, miele, marmellate fanno corona al nostro incontro, di primo mattino. Vi è una dozzina di persone, uomini e donne, anglicani, metodisti o altro. Alan è pastore inglese, John pastore giamaicano, Philip responsabile metodista, Ivor di origine indiana, Sarah con un sorridente, mistico sguardo azzurro è stata ordinata pastore 25 anni fa... L’amabilissimo padrone di casa, Ivor, vi fa respirare l’India e la sua accoglienza delicata, apertissima. Ci si ritrova solitamente al martedi per la colazione attorno a un tema: uno espone, gli altri interrogano. Ognuno ascolta con un silenzio quasi religioso. Il rispetto dell’altro e l’interesse per il suo punto di vista sono regola d’oro. Ricorda quei momenti di incontro autentico di Cristo con gli altri, spesso a tavola.
Facciamo parte del gruppo Interfaith nel quartiere di Lambeth (Londra), gruppo ancora più ampio, comprendendo anche musulmani, ebrei e altri. Tutti ricordano ancora la camminata insieme, un giorno di quest’estate, tra una chiesa, una sinagoga, una moschea, una sala di preghiera indù, un tempio... Ad ogni tappa, un tempo di ascolto e qualcosa da mangiare. Conoscere la tradizione religiosa dell’altro è un percorso stimolante. È giusto innamorarsi delle proprie radici, ma appassionarsi del cammino spirituale fatto da altri è crescere in umanità, per davvero. Qui lo si fa concretamente, invitandosi e visitando l’altro. “Il cibo è importante, simbolo per l’uomo di condivisione, come nell’ultima Cena” sottolinea Ivor.
Tempo fa, alla fine del ramadan, ognuno di noi era presente all’invito di Hyderi Islamic Centre. Seduti in un angolo come ospiti, si assisteva con emozione alla preghiera di tutta la comunità musulmana sotto i nostri occhi: cosa impensabile in paesi islamici! Al termine, la sala di preghiera in moquette si trasformava d’incanto in un’immesa sala da pranzo per tutti, con la posa di lunghe tele di plastica trasparente. Naturalmente, seduti al posto d’onore eravamo noi di ogni tradizione religiosa. Se poi si tenta di fare di nascosto una foto... qualcuno, sorridendo, subito vi incoraggia all’impresa. Sì, accoglienza fraterna, rara.
Queste visite sono una chiave d’oro che permette di non rinchiudersi in un sistema. Di essere capaci di aprire il proprio mondo, di scoprirne altri. Recentemente era il gruppo caribbean indù ad invitarci a pranzo. Intimidiva non poco assaporare specialità orientali sotto lo sguardo di una serie di divinità in legno dorato dalle espressioni più strane, poste in ogni angolo. Ricordava, tuttavia, che in emigrazione la vita degli uomini e quella degli dei camminano assieme, in partnership.
In occasione delle ultime elezioni politiche erano stati invitati personaggi più concreti, anche se... onnipotenti: alcuni grandi candidati. Era per spiegare al nostro gruppo di leaders religiosi il loro programma e rispondere ai nostri interrogativi. Ecumenismo, infatti, significa entrare insieme anche in altri campi, non solo in quello religioso o spirituale.
Tra un incontro e l’altro, poi, vi scivola sempre qualche confidenza. Qualcuno racconta l’ultimo incontro tra pastori protestanti e uno strano soggetto di riflessione:“Predico, preparo il servizio religioso... ma non credo! I don’t believe!” Tema curioso. Occasione, tuttavia, per misurarsi con la propria autenticità e con il clima di libertà e di fraternità degli altri. “Eppure, è stata la mia situazione per anni!” confessava uno di loro.
In occasione della visita alla multireligiosa terra di Libano, il Papa affermava: “Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità”. In emigrazione, questa è una grazia inaspettata. Quella di essere invitati a superare confini, a oltrepassare barriere, a sormontare ostacoli per trovare nuove vie per l’unità. In fondo, degli originali sentieri di Dio.
di Renato Zilio
A colazione croissants, latte, miele, marmellate fanno corona al nostro incontro, di primo mattino. Vi è una dozzina di persone, uomini e donne, anglicani, metodisti o altro. Alan è pastore inglese, John pastore giamaicano, Philip responsabile metodista, Ivor di origine indiana, Sarah con un sorridente, mistico sguardo azzurro è stata ordinata pastore 25 anni fa... L’amabilissimo padrone di casa, Ivor, vi fa respirare l’India e la sua accoglienza delicata, apertissima. Ci si ritrova solitamente al martedi per la colazione attorno a un tema: uno espone, gli altri interrogano. Ognuno ascolta con un silenzio quasi religioso. Il rispetto dell’altro e l’interesse per il suo punto di vista sono regola d’oro. Ricorda quei momenti di incontro autentico di Cristo con gli altri, spesso a tavola.
Facciamo parte del gruppo Interfaith nel quartiere di Lambeth (Londra), gruppo ancora più ampio, comprendendo anche musulmani, ebrei e altri. Tutti ricordano ancora la camminata insieme, un giorno di quest’estate, tra una chiesa, una sinagoga, una moschea, una sala di preghiera indù, un tempio... Ad ogni tappa, un tempo di ascolto e qualcosa da mangiare. Conoscere la tradizione religiosa dell’altro è un percorso stimolante. È giusto innamorarsi delle proprie radici, ma appassionarsi del cammino spirituale fatto da altri è crescere in umanità, per davvero. Qui lo si fa concretamente, invitandosi e visitando l’altro. “Il cibo è importante, simbolo per l’uomo di condivisione, come nell’ultima Cena” sottolinea Ivor.
Tempo fa, alla fine del ramadan, ognuno di noi era presente all’invito di Hyderi Islamic Centre. Seduti in un angolo come ospiti, si assisteva con emozione alla preghiera di tutta la comunità musulmana sotto i nostri occhi: cosa impensabile in paesi islamici! Al termine, la sala di preghiera in moquette si trasformava d’incanto in un’immesa sala da pranzo per tutti, con la posa di lunghe tele di plastica trasparente. Naturalmente, seduti al posto d’onore eravamo noi di ogni tradizione religiosa. Se poi si tenta di fare di nascosto una foto... qualcuno, sorridendo, subito vi incoraggia all’impresa. Sì, accoglienza fraterna, rara.
Queste visite sono una chiave d’oro che permette di non rinchiudersi in un sistema. Di essere capaci di aprire il proprio mondo, di scoprirne altri. Recentemente era il gruppo caribbean indù ad invitarci a pranzo. Intimidiva non poco assaporare specialità orientali sotto lo sguardo di una serie di divinità in legno dorato dalle espressioni più strane, poste in ogni angolo. Ricordava, tuttavia, che in emigrazione la vita degli uomini e quella degli dei camminano assieme, in partnership.
In occasione delle ultime elezioni politiche erano stati invitati personaggi più concreti, anche se... onnipotenti: alcuni grandi candidati. Era per spiegare al nostro gruppo di leaders religiosi il loro programma e rispondere ai nostri interrogativi. Ecumenismo, infatti, significa entrare insieme anche in altri campi, non solo in quello religioso o spirituale.
Tra un incontro e l’altro, poi, vi scivola sempre qualche confidenza. Qualcuno racconta l’ultimo incontro tra pastori protestanti e uno strano soggetto di riflessione:“Predico, preparo il servizio religioso... ma non credo! I don’t believe!” Tema curioso. Occasione, tuttavia, per misurarsi con la propria autenticità e con il clima di libertà e di fraternità degli altri. “Eppure, è stata la mia situazione per anni!” confessava uno di loro.
In occasione della visita alla multireligiosa terra di Libano, il Papa affermava: “Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità”. In emigrazione, questa è una grazia inaspettata. Quella di essere invitati a superare confini, a oltrepassare barriere, a sormontare ostacoli per trovare nuove vie per l’unità. In fondo, degli originali sentieri di Dio.
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