lunedì, gennaio 28, 2013
Il Fonte per la salvezza nazionale, principale coalizione dei partiti di opposizione, non parteciperà all’incontro per il ‘dialogo nazionale’ convocato dal presidente Mohammed Morsi alle 18 di oggi.

Misna - Lo hanno reso noto poco fa i responsabili della piattaforma lasciando naufragare ogni ipotesi di un accordo che ponga fine ai disordini e al caos in corso da quattro giorni in alcune delle principali città del paese, in cui avrebbero perso la vita almeno 45 persone. Le violenze sono cominciate sabato pomeriggio, dopo che un tribunale di Port Said ha condannato alla pena capitale 21 imputati nel processo per la morte di 72 tifosi nei disordini avvenuti lo scorso anno durante una partita nello stadio della città costiera.

L’opposizione ha motivato la decisione di non aderire all’invito ad un dialogo che definisce “privo di senso” poiché “non è incentrato sulle radici del problema ma solo sui suoi sintomi” secondo le parole pronunciate da ohammed el Baradei in una conferenza stampa trasmessa poche minuti fa.

Per far fronte alla situazione di tensione crescente infatti, il governo ha adottato un disegno di legge che concede ai militari il potere di arrestare i civili e aiutare la polizia a restaurare l’ordine.

“La soluzione non è nella sicurezza, ma nella politica” ha precisato el Baradei al termine di una riunione dei vertici della coalizione a cui erano presenti anche l’ex segretario generale della Lega Araba, Mohammed Morsi, e il terzo candidato alle elezioni presidenziali dello scorso anno Hamdeen Sabbahi.

Il fronte chiede che Morsi si assuma la responsabilità delle violenze degli ultimi giorni, provocate secondo l’opposizione dai metodi brutali delle forze di polizia, e accetti la creazione di un governo di unità nazionale. Sul suo account Twitter, inoltre, el Baradei ha suggerito al presidente la creazione di un comitato per emendare la nuova Costituzione “o altrimenti ogni dialogo sarà una perdita di tempo”.

Il presidente Morsi ha dichiarato lo stato di emergenza nelle tre città maggiormente colpite dai disordini, Ismailiya, Port Said e Suez, e annunciato “ulteriori misure” se necessario, per proteggere la popolazione e fermare le violenze.


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