Nel mondo, continua l’allarme delle "spose-bambine". La percentuale più alta delle giovani date in matrimonio prima dei 15 anni si registra in alcuni Paesi africani come il Niger, il Chad, seguiti dal Bangladesh, dal Mali, dall’Etiopia, dalla Guinea.
Radio Vaticana - Sono 10 milioni l’anno le bambine che si sposano prima dei 18 anni: è la cifra fornita da "Plan International", ong che dopo tanti anni è tornata ad operare in Italia e che da anni si occupa della questione, cercando di convincere le famiglie a far studiare le giovani anziché darle in matrimonio, il più delle volte per ragioni economiche. Come conferma al microfono di Francesca Sabatinelli, Tiziana Fattori, direttore nazionale di Plan international Italia: ascolta
R. – Le famiglie povere vedono nel matrimonio della bambina prima di tutto la soluzione al problema di sfamare troppe bocche. Quindi, una bambina data in sposa elimina l’incombenza della famiglia di doversi occupare di lei. Purtroppo, però, la sposa viene anche concessa in matrimonio ad un creditore. Poiché le bambine e le donne sono considerate esseri inferiori, privi degli stessi diritti che hanno i maschi, vengono anche date in sposa a un creditore della comunità, magari molto più anziano della bambina. Ci sono casi di bambine di 8-10 anni date in sposa a uomini che hanno 50-55 anni, per risolvere o ripagare un debito.
D. – Questo fenomeno delle spose-bambine prescinde dalla religione: questo voi lo avete accertato …
R. – Sì, prescinde dalla religione. In alcuni dei Paesi coinvolti, è diffusa la religione musulmana, in altri la religione cristiana. Magari sono comunità rurali, lontane, che vivono seguendo le tradizioni, gli usi e i costumi locali in cui è accettato, ad esempio, ripagare il debito dando in sposa la propria figlia. Spesso, è il padre che prende questa decisione. Non viene visto il vantaggio economico di tenere la bambina in famiglia e di mandarla a scuola, e questa è la principale battaglia che affronta Plan International in tutti i Paesi in cui lavora. Abbiamo la dimostrazione che, nei Paesi in cui alla famiglia viene offerta la possibilità di educare la propria figlia, la percentuale dei matrimoni precoci diminuisce. Confortati da questo dato, noi vogliamo offrire la possibilità di studiare alle bambine, presentando al padre il vantaggio economico di mandare la figlia a scuola, perché una volta che avrà studiato la bambina potrà avere la possibilità di lavorare e quindi di produrre un reddito che viene ad arricchire la famiglia. Il padre vedrà quindi nell’educazione della figlia un buon investimento e sicuramente non la darà in sposa da bambina.
D. – Il dato sconvolgente è che si sposa una bimba ogni tre secondi, in alcuni casi la sposa ha addirittura cinque anni. Dunque, considerando anche la differenza di età enorme che c’è tra le bambine e i mariti scelti per loro, gli effetti quali sono?
R. – Le conseguenze negative sono soprattutto sulla loro salute, perché avranno gravidanze difficili. I nostri dati sono sconvolgenti: le bambine tra 15 e 19 anni hanno il doppio di probabilità di morire di parto delle ragazze che hanno compiuto 20 anni. Non solo: i neonati nati da madre che ha meno di 18 anni hanno purtroppo il 60% di probabilità in più di morire durante il primo anno di vita e, se sopravvivono, comunque hanno problemi gravi di malnutrizione e di ritardi cognitivi.
D. – Non sono ma mancati inoltre gravi episodi di violenza sessuale su queste bimbe, stupri veri e propri…
R. – Sì, subiscono violenze quotidianamente da parte del marito. In alcune interviste, la bambina dice: “Sono stata data in sposa quando avevo 8-9 anni ad un uomo che ne aveva 40-45, in realtà mi ha cresciuta lui!”. C’è, quindi, questo rapporto malsano con un marito che diventa anche padre e che diviene quindi il controllore della vita di queste bambine che se – ad esempio – non svolgono tutte le faccende domestiche, secondo i criteri stabiliti dal marito, subiscono quotidianamente violenze e soprusi.
D. – Una delle conseguenze di questi matrimoni forzati è il suicidio. Voi avete riscontrato che molte di queste bambine purtroppo si sono tolte la vita…
R. – Purtroppo sì, a causa del peso di una vita che non ha prospettive, c’è soprattutto, secondo noi, anche il dolore di avere dovuto rinunciare a dei sogni. Diciamo che il dolore per questa decisione che è imposta loro porta molte alla decisione di togliersi la vita, che rappresenta il culmine di una situazione inaccettabile per la comunità mondiale.
D. – In realtà, questi Paesi hanno delle norme per cercare di tutelare i minori, le bambine così piccole: sono leggi disattese o in alcuni casi non esistono proprio?
R. – In molti casi, le leggi ci sono, vengono però aggirate con stratagemmi. Un esempio: viene falsata l’età della bambina per poterla sposare. Se in un certo Paese la legge prevede che a 15 anni la bambina può essere data in sposa, ecco che a bambine che hanno 10-12 anni vengono aggiunti tre, quattro anni, per raggiungere l’età minima. Plan International è tornata in Italia due mesi fa, dopo 50 anni, e abbiamo aperto la nostra sede a Milano, perché vogliamo coinvolgere gli italiani soprattutto, e in particolare le donne italiane, nella nostra campagna che vuole, nei prossimi cinque anni, offrire ad almeno quattro milioni di bambine la possibilità di studiare.
Radio Vaticana - Sono 10 milioni l’anno le bambine che si sposano prima dei 18 anni: è la cifra fornita da "Plan International", ong che dopo tanti anni è tornata ad operare in Italia e che da anni si occupa della questione, cercando di convincere le famiglie a far studiare le giovani anziché darle in matrimonio, il più delle volte per ragioni economiche. Come conferma al microfono di Francesca Sabatinelli, Tiziana Fattori, direttore nazionale di Plan international Italia: ascolta
R. – Le famiglie povere vedono nel matrimonio della bambina prima di tutto la soluzione al problema di sfamare troppe bocche. Quindi, una bambina data in sposa elimina l’incombenza della famiglia di doversi occupare di lei. Purtroppo, però, la sposa viene anche concessa in matrimonio ad un creditore. Poiché le bambine e le donne sono considerate esseri inferiori, privi degli stessi diritti che hanno i maschi, vengono anche date in sposa a un creditore della comunità, magari molto più anziano della bambina. Ci sono casi di bambine di 8-10 anni date in sposa a uomini che hanno 50-55 anni, per risolvere o ripagare un debito.
D. – Questo fenomeno delle spose-bambine prescinde dalla religione: questo voi lo avete accertato …
R. – Sì, prescinde dalla religione. In alcuni dei Paesi coinvolti, è diffusa la religione musulmana, in altri la religione cristiana. Magari sono comunità rurali, lontane, che vivono seguendo le tradizioni, gli usi e i costumi locali in cui è accettato, ad esempio, ripagare il debito dando in sposa la propria figlia. Spesso, è il padre che prende questa decisione. Non viene visto il vantaggio economico di tenere la bambina in famiglia e di mandarla a scuola, e questa è la principale battaglia che affronta Plan International in tutti i Paesi in cui lavora. Abbiamo la dimostrazione che, nei Paesi in cui alla famiglia viene offerta la possibilità di educare la propria figlia, la percentuale dei matrimoni precoci diminuisce. Confortati da questo dato, noi vogliamo offrire la possibilità di studiare alle bambine, presentando al padre il vantaggio economico di mandare la figlia a scuola, perché una volta che avrà studiato la bambina potrà avere la possibilità di lavorare e quindi di produrre un reddito che viene ad arricchire la famiglia. Il padre vedrà quindi nell’educazione della figlia un buon investimento e sicuramente non la darà in sposa da bambina.
D. – Il dato sconvolgente è che si sposa una bimba ogni tre secondi, in alcuni casi la sposa ha addirittura cinque anni. Dunque, considerando anche la differenza di età enorme che c’è tra le bambine e i mariti scelti per loro, gli effetti quali sono?
R. – Le conseguenze negative sono soprattutto sulla loro salute, perché avranno gravidanze difficili. I nostri dati sono sconvolgenti: le bambine tra 15 e 19 anni hanno il doppio di probabilità di morire di parto delle ragazze che hanno compiuto 20 anni. Non solo: i neonati nati da madre che ha meno di 18 anni hanno purtroppo il 60% di probabilità in più di morire durante il primo anno di vita e, se sopravvivono, comunque hanno problemi gravi di malnutrizione e di ritardi cognitivi.
D. – Non sono ma mancati inoltre gravi episodi di violenza sessuale su queste bimbe, stupri veri e propri…
R. – Sì, subiscono violenze quotidianamente da parte del marito. In alcune interviste, la bambina dice: “Sono stata data in sposa quando avevo 8-9 anni ad un uomo che ne aveva 40-45, in realtà mi ha cresciuta lui!”. C’è, quindi, questo rapporto malsano con un marito che diventa anche padre e che diviene quindi il controllore della vita di queste bambine che se – ad esempio – non svolgono tutte le faccende domestiche, secondo i criteri stabiliti dal marito, subiscono quotidianamente violenze e soprusi.
D. – Una delle conseguenze di questi matrimoni forzati è il suicidio. Voi avete riscontrato che molte di queste bambine purtroppo si sono tolte la vita…
R. – Purtroppo sì, a causa del peso di una vita che non ha prospettive, c’è soprattutto, secondo noi, anche il dolore di avere dovuto rinunciare a dei sogni. Diciamo che il dolore per questa decisione che è imposta loro porta molte alla decisione di togliersi la vita, che rappresenta il culmine di una situazione inaccettabile per la comunità mondiale.
D. – In realtà, questi Paesi hanno delle norme per cercare di tutelare i minori, le bambine così piccole: sono leggi disattese o in alcuni casi non esistono proprio?
R. – In molti casi, le leggi ci sono, vengono però aggirate con stratagemmi. Un esempio: viene falsata l’età della bambina per poterla sposare. Se in un certo Paese la legge prevede che a 15 anni la bambina può essere data in sposa, ecco che a bambine che hanno 10-12 anni vengono aggiunti tre, quattro anni, per raggiungere l’età minima. Plan International è tornata in Italia due mesi fa, dopo 50 anni, e abbiamo aperto la nostra sede a Milano, perché vogliamo coinvolgere gli italiani soprattutto, e in particolare le donne italiane, nella nostra campagna che vuole, nei prossimi cinque anni, offrire ad almeno quattro milioni di bambine la possibilità di studiare.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.