giovedì, gennaio 31, 2013
No al dissequestro di lavorati e semilavorati. Il gip Patrizia Todisco, tornato ad esprimersi sulla possibilità di un dissequestro vincolato di lamiere e coils, confiscati all’Ilva perché “corpo di reato”, ribadisce il rifiuto a far rientrare nella disponibilità del gruppo dirigente le merci prodotte.

Youreporternews - La situazione finanziaria dell’azienda è sempre più critica. Il vertice a palazzo Chigi fra la dirigenza, il ministero dell’Ambiente e il ministero dello Sviluppo economico è rimandato quindi, nell’attesa di trovare una soluzione che salvi l’acciaieria dal collasso. E per scongiurare il pericolo che prendano il via le procedure per la dichiarazione di fallimento. Mentre a migliaia fra i dipendenti del gruppo attendono di sapere che ne sarà del pagamento degli stipendi, erogati di solito al 12 del mese. E le bonifiche stesse prescritte dall’Aia per risanare gli stabilimenti restano per ora sulla carta, in attesa di trovare la liquidità necessaria. Esclusi i prestiti bancari, che gli istituti di credito non concederebbero a fronte di una mancanza di garanzie concrete fornite dai Riva, al momento agli arresti, sfuma anche l’opzione del ricorso alla cassa Depositi e Prestiti, che richiede tempi lunghi.

E i sindacati chiedono risposte. Intendono discutere il piano industriale e di risanamento, stabilimento per stabilimento, area per area con l’azienda, sapere quali e quanti operai verranno coinvolti nelle opere di bonifica che sono divenute legge lo scorso 3 gennaio. E pretendono informazioni all’avvicinarsi dell’erogazione delle retribuzioni.

Le scadenze incombono e per capire se la commercializzazione dei semilavorati fermi sui piazzali dell’Ilva, possa essere attuata per ottenere la liquidità di cui l’azienda ha bisogno, occorre attendere che la Corte Costituzionale si pronunci in merito. Poiché è alla Consulta che la procura ha rimesso ogni decisione in merito. Per i giudici invece i beni confiscati non possono rientrare nella facoltà d’uso dei proprietari.

La Corte ha ricevuto ieri le istanze per il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, in merito al decreto legge 207 e alla legge 231, “salva Ilva”.

Con il primo l’area a caldo, pur posta sotto sequestro dalla magistratura ha continuato a funzionare, pochi giorni dopo il provvedimento dei giudici. Con la legge “salva Ilva” governo e parlamento hanno inteso mantenere attiva la produzione, ottenendo l’impegno dell’Ilva ad adoperare i proventi della vendita delle merci sequestrate per realizzare le bonifiche agli impianti, senza fermarli e a pagare gli stipendi. Ma sulla legittimità di queste decisioni, in contrasto con quanto stabilito dal giudice, si dovrà attendere l’ultima parola della Consulta. A febbraio.


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