Sono tremila, sono di etnia Igbo ma si sentono ebrei figli di Gad, una delle dieci tribù perdute di Israele. Sono commercianti, architetti o impiegati e il sabato li trovi in sinagoga. Sono i protagonisti di “Re-emerging the Jews of Nigeria”, un film presentato ai festival di New York e Washington.
Misna - A raccontare alla MISNA del film e di questa minoranza pressoché sconosciuta nel mondo è il regista, Jeff Lieberman. Gli ebrei nigeriani li ha conosciuti bene, girando per mesi nella capitale Abuja, nel porto di Lagos o a Warri e Port Harcourt, le città petrolifere del Delta del Niger. “Sono convinti – spiega Lieberman – che gli Igbo discendano dalla tribù perduta di Gad, costretta a lasciare Israele dopo la conquista del regno da parte degli Assiri”. La guerra risalirebbe all’ottavo secolo avanti Cristo. Pochi anni dopo sarebbe vissuto il rabbino Eri, figlio di Gad dal quale discenderebbero le comunità nigeriane. Ma c’è anche un’altra teoria. “La religione ebraica – racconta il regista – sarebbe arrivata in Nigeria percorrendo le rotte dei carovanieri, dalla Spagna attraverso il deserto del Sahara”. Ironia della storia o volontà di Dio, i figli di Gad sono Igbo, etichettati spesso come “ebrei di Nigeria”. Così almeno tendono a vederli gli Yoruba e gli Hausa, rappresentanti delle altre grandi etnie di un colosso d’Africa dove vivono ben 160 milioni di persone. “Spesso – sottolinea Lieberman – gli Igbo hanno spirito imprenditoriale, sono commercianti e appartengono alla classe media, caratteristiche che corrispondono agli stereotipi sugli ebrei”. Se gli Igbo sono un mare, però, i figli di Gad una goccia d’acqua. Nelle due comunità di Abuja o in quella di Lagos, la più numerosa, preservano tradizioni, musica e sinagoghe. Ma cercano anche di mantenere buoni rapporti con i vicini, in un paese che spesso i mezzi di informazione europei e americani descrivono come ostaggio di un conflitto tra cristiani e musulmani. Lieberman prova a capovolgere anche questo nuovo stereotipo, pur riconoscendo che gli attentati di Boko Haram e il timore di nuovi fondamentalismi preoccupano anche gli ebrei nigeriani. Lo ha ripetuto mercoledì alla prima a Washington, dopo il successo ottenuto a dicembre al Festival cinematografico internazionale della diaspora africana: “Il messaggio del film è che la diversità è bella e arricchisce la vita”.
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