lunedì, gennaio 21, 2013
Solo ripensando in chiave sostenibile il modello di sviluppo si può uscire dalla crisi. Ma per farlo serve una politica industriale coerente e lungimirante, cosa che finora in Italia è mancata, con effetti disastrosi dal punto di vista occupazionale. Ieri in un seminario organizzato dai metalmeccanici Cgil si è parlato di lavoro e green economy.

Qualenergia - “Non si tratta di sperare in una generica ripresa dopo la prolungata crisi che è tuttora in corso, ma si può immaginare un futuro per l'industria solo ripensando in chiave ecocompatibile il concetto stesso di produzione industriale”. Ad affermarlo Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. Il sindacato dei metalmeccanici Cgil crede fermamente nella green economy come unica via perfar ripartire la realtà industriale italiana. E sta portando avanti un proficuo dialogo con ambientalisti e mondo delle rinnovabili, che ha avuto una tappa importante nel seminario tenutosi ieri a Roma, dal titolo “Strategie energetiche nazionali: l'industria delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica”. “Un'alleanza - ha sintetizzato Maria Grazia Midulla del WWF, intervenendo al seminario - in cui ognuno, ambientalisti e sindacati, assume un po' del punto di vista dell'altro”.

La crisi verrà vinta con il superamento definitivo dello storico conflitto ambiente-lavoro? “Il caso Ilva insegna. Occorre chiedersi cosa si produce, come lo si produce e perché”, risponde indirettamente Eliana Como del centro studi Fiom. “Troppe merci, prodotte male e con poco lavoro: questo ha portato alla crisi, che è una crisi di paradigma. Il sistema non può ripartire com'era. Non si tratta più di rendere compatibile ambiente e lavoro, ma di mettere l'ambiente al centro dell'attività produttiva”, spiega Danilo Barbi, della segreteria nazionale Cgil. Una ripartenza - è stato il filo conduttore del convegno – che non può avvenire senza una politica energetica e industriale lungimirante e stabile, della quale si sente fortemente la mancanza. Cosa abbia portato l'incertezza normativa e il tentativo di ostacolare le rinnovabili di questi ultimi anni lo sanno bene i metalmeccanici che lavorano nelle rinnovabili. Come hanno ricordato diversi delegati RSU di aziende del settore intervenuti, la politica ondivaga in materia di energia pulita ha esacerbato la piaga del precariato.

Degli effetti sull'occupazione nel comparto, d'altra parte, su queste pagine abbiamo parlato più volte: solo per fare l'esempio del fotovoltaico, in un anno di incertezza normativa terminato con lo sconvolgimento del quinto conto energia si sono persi circa 6mila posti di lavoro su 18.500 (indotto escluso), ha ricordato il presidente del GIFI Valerio Natalizia, intervenendo all'incontro. “Non è l'eccesso di diritti dei lavoratori che ostacola la realtà produttiva italiana, ma una politica industriale che non c'è”, ha sottolineato Landini. Interessante da questo punto di vista la testimonianza di Paolo Mutti, a.d. di Solsonica, importante produttore italiano di celle e moduli FV sulla competizione con la Cina: il costo del lavoro, ha spiegato, è un fattore trascurabile in un prodotto come le celle e i moduli fotovoltaici, a rendere più competitivi i cinesi è la politica di Pechino che, avendo deciso di puntare sulle rinnovabili, li sostiene anche nei periodi difficili, garantendo l'accesso al credito tramite le banche nazionali.

In Italia invece un indirizzo politico che promuova con una certa stabilità uno sviluppo green manca. Preoccupa l'assenza del tema della politica industriale nella campagna elettorale, mentre il governo uscente, come ha sottolineato il responsabile delle politiche ambientali Fiom Maurizio Marcelli, guarda al passato riproponendo un modello basato sulle fonti fossili. Nel nostro paese, mentre si taglia il sostegno alle rinnovabili e si pensa a nuove trivellazioni, da 3 anni gli investimenti industriali sono in declino e l'innovazione langue, tanto che abbiamo un quarto dei brevetti per abitante che ci sono in Germania, come ha ricordato Carlo Buttarelli, rappresentante sindacale Flc all'Enea, ente che dovrebbe promuovere ricerca e sviluppo, ma che è “commissariato e in cui ogni 5 ricercatori pensionati se ne assume uno, così che si è raggiunta l'anzianità media di 53 anni”.

“Servirebbe un programma di sostegno alla ricerca e alle filiere industriali innovative come era stato 'Industria 2015' introdotto dal governo Prodi e cancellato dal successivo: il nuovo governo dovrebbe mettere in piedi un programma 'Industria 2020'” ha suggerito Gianni Silvestrini, illustrando le varie possibilità di riconversione verde della nostra economia puntando su rinnovabili, efficienza energetica in edilizia e mobilità sostenibile. Una riconversione, ha suggerito, che “potrebbe essere finanziata spostando gradualmente quei 60 miliardi l'anno che il nostro paese spende per importare dall'estero combustibili fossili”.

Un'idea, quella della riconversione verde, che sembra piacere a Landini, che ha ricordato come ad esempio la Fiom da tempo sostenga l'eolico galleggiante come attività per la riconversione di Fincantieri. “Per uscire dalla crisi occorre una politica energetica, dei trasporti, delle infrastrutture che guardi al futuro – ha concluso - Bisognerà confrontarsi con il nuovo governo su una nuova politica industriale”.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa