giovedì, gennaio 03, 2013
“Solo se ci apriamo all’azione di Dio, come Maria, e affidiamo la nostra vita al Signore come ad un amico di cui ci fidiamo totalmente, tutto cambia e la nostra vita acquista un nuovo senso”

di Carlo Mafera

“Il Natale del Signore illumina ancora una volta con la sua luce le tenebre che spesso avvolgono il nostro mondo e il nostro cuore, e porta speranza e gioia. Da dove viene questa luce? Dalla grotta di Betlemme, dove i pastori trovarono «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Di fronte a questa Santa Famiglia sorge un’altra e più profonda domanda: come può quel piccolo e debole Bambino avere portato una novità così radicale nel mondo da cambiare il corso della storia? Non c’è forse qualcosa di misterioso nella sua origine che va al di là di quella grotta?”. Così ha esordito il Papa nella consueta catechesi del mercoledì, e in un altro significativo passaggio ha sottolineato che “a volte, anche nel cammino e nella vita di fede possiamo avvertire la nostra povertà, la nostra inadeguatezza di fronte alla testimonianza da offrire al mondo. Ma Dio ha scelto proprio un’umile donna, in uno sconosciuto villaggio, in una delle provincie più lontane del grande impero romano. Sempre, anche in mezzo alle difficoltà più ardue da affrontare, dobbiamo avere fiducia in Dio, rinnovando la fede nella sua presenza e azione nella nostra storia, come in quella di Maria. Nulla è impossibile a Dio! Con Lui la nostra esistenza cammina sempre su un terreno sicuro ed è aperta ad un futuro di ferma speranza”.

Le affermazioni di Benedetto XVI richiamano il pensiero di Victor Frankl, il filosofo e psicoterapeuta che inventò la logoterapia, il filone psicologico che si basa sulla ricerca di senso anche nei momenti più tragici e incomprensibili dell’esistenza umana. Il “Nonostante tutto” di oggi di Benedetto XVI fa eco al “Nonostante tutto” di Frankl. Celebre il suo “decalogo”, che scaturì dalle riflessioni fatte quando fu internato ad Auschiwitz, dove scrisse "Uno psicologo nei Lager": è il racconto toccante non solo di una pagina di storia ma del percorso dell’autore, dall’annullamento totale del lager verso una pienezza significativa, grazie a una fede incrollabile in un senso, comunque e nonostante tutto, dell’esistenza umana. Quando la vita è ridotta ai minimi termini e tutto appare ormai perduto, rimane ancora una libertà fondamentale: quella di scegliere con quale atteggiamento affrontare il proprio destino. Tale scelta forse non cambia il destino, ma certamente la persona. Ecco allora alcune “acquisizioni”, intraviste prima e maturate poi, attraverso la prova dell’olocausto: ogni realtà ha un senso; la vita non cessa mai d’aver un senso, per nessuno; il "senso" è una cosa molto specifica e cambia da individuo a individuo e, per ogni individuo, da momento a momento; ogni individuo è unico, irripetibile, insostituibile e ogni vita contiene compiti e incarichi unici che vanno scoperti e a cui si deve rispondere; è la ricerca dei propri incarichi, e la risposta che si dà loro, che crea un senso; la felicità, l’appagamento, la pace della coscienza, sono il risultato di questa ricerca (non il fine, e quindi non quello che va cercato primariamente); il senso di vuoto e di inutilità è inevitabile se non si trascende se stessi, se non ci si consacra a qualcosa (creatività) o a qualcuno o ancora a Qualcuno con la q maiuscola; la sorte avversa non ci impedisce di affrontare il dolore come una prova, un compito, una sfida: l’atteggiamento dipende da noi.

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