martedì, gennaio 29, 2013
Le banche, a differenza delle imprese, si salvano sempre: perché?

di Ricci Patrizio

La vicenda di Montepaschi ci lascia allibiti. Chi adotta un certo modo di operare ha perso il valore dei soldi… oppure ha i soldi come unico valore, e dimentica che il denaro serve anche a comprare pane o pasta, necessari per vivere. Sullo scandalo Monte dei Paschi di Siena nessuno sapeva niente: né il consiglio di amministrazione della banca né la Banca d’Italia. Perciò, come sempre, abbiamo appreso tutto dai giornali: il Fatto Quotidiano ha rivelato di accordi intercorsi tra la banca senese e quella giapponese Nomura per una ristrutturazione del debito di centinaia di milioni di euro. L’operazione tendeva a ricoprire una passività originata dall’acquisto di strumenti finanziari derivati rischiosissimi tramite l’acquisto di altri, analoghi.

Ora all’opinione pubblica si vuol dare l’impressione che tutto sia passato e che l’improvvido comportamento fosse solo la devianza del vecchio management… niente di più falso: le scelte operate da MPS sono precise scelte amministrative, prassi consolidata, routine. Il Monte Paschi non è nuovo a questo genere di comportamento, l’ha fatto da sempre: chi ne ha voglia vada a vedere chi ha provocato il crollo della borsa di Amsterdam nel 1637. Penso che abbiate indovinato…

Moltiplichiamo esponenzialmente, a livello mondiale, questi comportamenti delle banche e capiremo perché la crisi è amplificata dai mercati. A tal proposito ricordiamo il caso della banca americana Cytigroup (coinvolta in una vicenda analoga) a cui il governo di Obama ha dovuto dare ben 45 miliardi di dollari per riprendersi, ma che dopo averli ricevuti ha reiterato le stesse operazioni.

Per lucrare di più, MPS, come Cytigroup, ha fatto largo utilizzo di fondi speculativi, detti hedge found (alcuni l’hanno definita ‘un hedge found con attorno una banca’). I fondi speculativi non sono altro che una scommessa: la scommessa è andata male. Quando si è provato a ricoprire il danno, lo si è fatto come fanno i giocatori incalliti: MPS si è indebitata ulteriormente (ma per una banca si dice che si è ‘esposta’). Tuttavia, a differenza delle aziende che chiudono strozzate dalla mancanza di credito bancario (secondo Unioncamere nel 2012 sono fallite 146.000 imprese), per le banche c’è sempre il lieto fine: il passivo sarà ricoperto dallo Stato per un ammontare di 4,5 miliardi di euro.

Già da maggio scorso l’inchiesta di Report ha divulgato dati e cifre: quello che ha fatto MPS è un’attività spregiudicata di tipo clientelare finalizzata all’arricchimento personale del management e del consiglio della Fondazione. Il consiglio (che detiene una quota di quasi il 35% della banca) è dominato da nomine politiche: otto membri su sedici sono scelti dalle autorità cittadine e cinque dalle autorità provinciali. E nel consiglio è prevalso un tipo di gestione personalistica e non pubblica. La Procura senese sta indagando su tanti fatti avvenuti nel corso di questa gestione che devono essere ancora chiariti: basti pensare all’acquisizione dell’Antonveneta pagata 9 miliardi di euro, mentre il suo valore reale era di tre.

Questo ‘modus operandi’ rappresenta sempre più la prassi del mercato finanziario, divenuto da tempo anche strumento di potere politico. Com’era prevedibile sotto campagna elettorale, ora dobbiamo assistere al triste spettacolo tra presunti corrotti e integerrimi difensori dell’integrità morale. L’evidenza della necessità di riforme radicali anziché portare ad un reale cambiamento delle regole alimenta solo la conflittualità tra i partiti. In questo contesto, ci vengono proposte solo mezze verità, mentre il problema vero, la finanziarizzazione dell'economia, viene nascosto. E’ un’evidenza che le banche non agiscono per sviluppare ricchezza collettiva, ma intraprendono la scelta più conveniente per il profitto loro e dei loro investitori. Ancor più grave: se così facendo esse producono voragini di passività, queste sono ricoperte dai cittadini… questa volta da tutti però, non solo da alcuni!

Questi comportamenti non sono sanzionati: a differenza delle aziende che producono merci e servizi, le banche che speculano non possono fallire, ‘altrimenti crolla il sistema creditizio’. Se è vero questo è altrettanto vero che è possibile giustificare tale condotta, utile solo a consentire il perpetuarsi di certe pratiche. Anche un bambino capisce che è necessario ripristinare regole e controlli, aboliti dalla "deregulation", sulle attività finanziarie e amministrative.

Il malaffare Montepaschi è solo la punta dell’iceberg. Bersani con il suo “vi sbrano tutti” è stato più che eloquente: non ci sta dentro solo il PD ma ci sono dentro tutti. Ci sono uomini della politica in tutte le banche, con le mani in pasta. La misura di queste connivenze è il ‘caso Mussari’: quando il PD lo caccia da MPS (per la cattiva gestione) egli rientra subito dalla finestra e viene eletto presidente dell’ABI. Per far ciò l’ABI ha dovuto cambiare lo statuto che non prevedeva eletti al di fuori dei direttori di banca (e Mussari non lo era più). Quella di MPS non è naturalmente l’unica fondazione bancaria, ce ne sono anche di quelle che favoriscono la Lega ed il PDL. Ma siamo sicuri che servano queste fondazioni bancarie, ormai uno strumento perfetto di lottizzazione che per di più usufruisce di inusitate agevolazioni fiscali (mentre le imprese vengono strangolate)?

Quindi basta con l’ipocrisia: ci aspettiamo dalla politica un atteggiamento costruttivo che detti condizioni ‘non di facciata’ per far ripartire il paese. Non si può far finta di cambiare per poi, in realtà, lasciare esattamente tutto tale e quale: siamo sicuri che sia questo quello che “ci chiede l’Europa”?

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