In Emilia due giorni di incontri e dibattiti sul tema della società mediatica. Obiettivo: formulare strategie di formazione per avvicinare la scuola all’uso delle nuove tecnologie.
Città Nuova - Se da una parte la vita dei singoli è sempre più mediaticamente condizionata, nel bene e nel male di ciò che questo comporta, dall’altro anche la politica e l’economia stanno subendo l’utilità e il fascino di questi strumenti. Così, mentre la vita reale diventa virtuale e viceversa, i media diventano sempre più parte di noi, protesi imprescindibili non solo a livello lavorativo. Quindi: dove e come far pendere l’ago della bilancia tra competenza mediatica e cittadinanza attiva nell’era della “media-polis”? In questo complesso quadro multimediale, anche il mondo dell’istruzione è chiamato a ripensare se stesso. La scuola, trasmissiva e monodirezionale, per come si è strutturata dopo la Riforma Gentile, è oggi un prodotto troppo antico. I ragazzi riescono a sviluppare, grazie ai media disponibili all’interno delle mura domestiche, competenze cognitive e meta-cognitive diverse rispetto al tradizionale percorso svolto in classe.
Ciò richiede, evidentemente, uno sforzo pedagogico e didattico non indifferente al singolo insegnante, e alla pesante macchina della scuola in generale, per restare al passo. Pertanto: quali tipi di percorsi è meglio ipotizzare per la ri-strutturazione della nostra scuola? Come ricostruire quel delicato rapporto di interscambio generazionale tra docente e alunno al tempo del web 2.0 e 3.0?
Così, la media education e la media literacy, prospettive critiche all’interno della società mediatica che ipotizzano scenari possibili di sviluppo tecnologico e buon lavoro didattico tra loro in sinergia, sbarcano nella scuola italiana. Nella regione dell’Emilia Romagna e a Rimini in particolare, una due giorni di lavori dal titolo “Medi@tando” (www.zaffiria.it/?mod=medi@tando) ha inteso discuterne alacremente. Grazie anche all’intervento di professori universitari, del panorama nazionale e internazionale, si sono intessuti multipli tavoli di lavoro con l’obiettivo di analizzare il problema da quanti più punti di vista possibili.
Dalla formazione degli insegnanti, quindi, al ruolo dei media per l’integrazione dei disabili a scuola, passando per l’utilità dei serious games in classe. Dai media operativamente usati tra i banchi, passando per il cinema, la fotografia, lo sport, la radio, i musei e i beni culturali. Approcci diversi, analizzati a livello qualitativo e quantitativo, per capire come sfruttare a pieno le tecnologie per raggiungere, però, lo scopo, che resta inevitabilmente lo stesso: aiutare le giovani menti a formarsi con senso critico, responsabilità, razionalità e capacità.
Empowerement multimediale e cittadinanza attiva sembrano, quindi, andare a braccetto. All’interno della difficile congiuntura socio-economica sembrano la vera opportunità di rilancio non solo del mondo della scuola, ma proprio dell’intero sistema Paese che vede, oggi come ieri, nei giovani e nella loro formazione, l’unica vera possibilità di futuro.
Città Nuova - Se da una parte la vita dei singoli è sempre più mediaticamente condizionata, nel bene e nel male di ciò che questo comporta, dall’altro anche la politica e l’economia stanno subendo l’utilità e il fascino di questi strumenti. Così, mentre la vita reale diventa virtuale e viceversa, i media diventano sempre più parte di noi, protesi imprescindibili non solo a livello lavorativo. Quindi: dove e come far pendere l’ago della bilancia tra competenza mediatica e cittadinanza attiva nell’era della “media-polis”? In questo complesso quadro multimediale, anche il mondo dell’istruzione è chiamato a ripensare se stesso. La scuola, trasmissiva e monodirezionale, per come si è strutturata dopo la Riforma Gentile, è oggi un prodotto troppo antico. I ragazzi riescono a sviluppare, grazie ai media disponibili all’interno delle mura domestiche, competenze cognitive e meta-cognitive diverse rispetto al tradizionale percorso svolto in classe.
Ciò richiede, evidentemente, uno sforzo pedagogico e didattico non indifferente al singolo insegnante, e alla pesante macchina della scuola in generale, per restare al passo. Pertanto: quali tipi di percorsi è meglio ipotizzare per la ri-strutturazione della nostra scuola? Come ricostruire quel delicato rapporto di interscambio generazionale tra docente e alunno al tempo del web 2.0 e 3.0?
Così, la media education e la media literacy, prospettive critiche all’interno della società mediatica che ipotizzano scenari possibili di sviluppo tecnologico e buon lavoro didattico tra loro in sinergia, sbarcano nella scuola italiana. Nella regione dell’Emilia Romagna e a Rimini in particolare, una due giorni di lavori dal titolo “Medi@tando” (www.zaffiria.it/?mod=medi@tando) ha inteso discuterne alacremente. Grazie anche all’intervento di professori universitari, del panorama nazionale e internazionale, si sono intessuti multipli tavoli di lavoro con l’obiettivo di analizzare il problema da quanti più punti di vista possibili.
Dalla formazione degli insegnanti, quindi, al ruolo dei media per l’integrazione dei disabili a scuola, passando per l’utilità dei serious games in classe. Dai media operativamente usati tra i banchi, passando per il cinema, la fotografia, lo sport, la radio, i musei e i beni culturali. Approcci diversi, analizzati a livello qualitativo e quantitativo, per capire come sfruttare a pieno le tecnologie per raggiungere, però, lo scopo, che resta inevitabilmente lo stesso: aiutare le giovani menti a formarsi con senso critico, responsabilità, razionalità e capacità.
Empowerement multimediale e cittadinanza attiva sembrano, quindi, andare a braccetto. All’interno della difficile congiuntura socio-economica sembrano la vera opportunità di rilancio non solo del mondo della scuola, ma proprio dell’intero sistema Paese che vede, oggi come ieri, nei giovani e nella loro formazione, l’unica vera possibilità di futuro.
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