Il presidente della Banca mondiale Kim: «Con 4 gradi in più guerre per l'acqua e per il cibo in tutto il mondo»
GreenReport - Lord Nicholas Stern (Nella foto), presidente del Grantham research institute on climate change and the environment, ed autore del Rapporto Stern sul cambiamento climatico, commissionato dal governo britannico, che è diventato un punto di riferimento per la politica e per gli ambientalisti, ha detto al World economic forum conclusosi il 27 gennaio a Davos di aver sottostimato i rischi del global warming e che avrebbe dovuto essere più diretto, più schietto, a proposito della minaccia posta all'economia dall'aumento delle temperature.
«Anche se le sfide del cambiamento climatico sono chiare - ha detto Stern a Davos - la politica pubblica si muove lentamente. Il suo progresso deve essere sbloccato». Durante un workshop al meeting annuale del Wef, Stern ha spiegato: «Guardando indietro, ho sottovalutato i rischi. Il pianeta e l'atmosfera sembrano assorbire meno carbonio di quanto ci aspettassimo, e le emissioni stanno aumentano in maniera abbastanza forte. Alcuni degli effetti stanno accadendo più velocemente di quanto pensassimo allora».
Il rapporto Stern 6 anni fa indicava una probabilità del 75% che le temperature mondiali potessero aumentare nel lungo periodo tra i 2 e i 3 gradi al di sopra della media, ma Stern ora crede che «Siamo sulla buona strada per qualcosa come 4. Se avessi saputo il modo in cui la situazione si sarebbe evoluta, credo che sarei stato un po' più brusco. Sarei stato molto più forte sui rischi di un aumento di 4 o 5 gradi».
Stern ha sottolineato che alcuni Paesi, tra cui la Cina, «Hanno iniziato a cogliere la gravità dei rischi, ma i governi devono ora agire con forza per far andare le loro economie verso il minore consumo di energia e tecnologie più sostenibili in termini ambientali. Questo è potenzialmente così pericoloso che dobbiamo agire con forza. Vogliamo giocare alla roulette russa con due proiettili o uno? Questi rischi per molte persone sono esistenziali».
Stern ha anche lanciato un messaggio al suo Paese: Il Climate Change Act impegna il governo britannico ad obiettivi ambiziosi di riduzione del carbonio, ma ha chiesto «Un aumento degli investimenti nelle green economy. E' una storia della crescita davvero emozionante».
In realtà, come fa notare The Guardian, David Cameron ed il suo governo conservatore-liberale hanno buttato al macero gran parte delle credenziali ambientaliste acquisite prima delle elezioni del 2010, quando Cameron andò nell'Artico per evidenziare il suo impegno nella lotta contro il global warming. Ma l'impegno della coalizione alle politiche verdi è stato anche recentemente messo in discussione e lo scetticismo dei parlamentari conservatori contro l'eolico è in aumento mentre cresce la lobby pro-nucleare e quella che spinge per lo sfruttamento delle riserve di shale gas britanniche con il fracking.
Stern ha ricordato anche che il nuovo presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, a Davos ha lanciato un forte monito sul rischio di conflitti per le risorse naturali che innescherebbe un aumento di 4 gradi delle temperature globali al di sopra della media: «Avremo guerre per l'acqua e per il cibo in tutto il mondo» ha detto Kim, che si è impegnato a fare delle politiche per affrontare il cambiamento climatico una priorità del suo mandato quinquennale. «E' necessario intervenire per creare un carbon market - ha sottolineato Kim - eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili e far diventare "green" le 100 megalopoli, che sono responsabili dal 60 al 70% delle emissioni globali. La siccità del 2012 negli Stati Uniti, che ha spinto il prezzo del grano e del mais, ha portato i poveri del mondo a mangiare di meno». Per la prima volta un presidente della Banca mondiale ha ammesso che «Le condizioni meteorologiche estreme devono essere attribuite al cambiamento climatico di origine antropica. La gente comincia a unire i puntini. Se iniziano a dimenticarlo, io sono lì a ricordarglielo. Dobbiamo trovare la strada climate-friendly per favorire la crescita economica. La buona notizia è che pensiamo che esista». Secondo Kim, «Non ci sarà una soluzione al cambiamento climatico senza il coinvolgimento del settore privato», per questo ha esortato le imprese «A cogliere l'opportunità di fare profitti. Ci sono un sacco di soldi da fare nella costruzione delle tecnologie e piegare l'arco del cambiamento climatico».
Stern ha ricordato che «Le due sfide che definiscono questo secolo sono il superamento della povertà e la gestione dei cambiamenti climatici. Se falliamo in una, non avremo successo nell'altra. I cambiamenti climatici non gestiti distruggeranno il rapporto tra l'uomo e il pianeta. Trasformerebbero dove abbiamo potuto vivere e come potremmo vivere la nostra vita. D'altra parte, se gestiremo in modo intelligente, il cambiamento climatico, avvieremo una creativa e innovativa rivoluzione energetico-industriale. Sarà piena di creatività, innovazione, investimenti e opportunità di lavoro e dovrà coinvolgere tutti i Paesi e tutti i settori dell'economia. Si tratterà di fare le cose in maniera diversa su tutta la linea, anche attraverso la produzione della nostra energia in modo più efficiente e abbracciando nuove tecnologie. La politica pubblica è fondamentale per promuovere l'entusiasmante nuova rivoluzione industriale. La politica deve essere orientata verso la promozione di questa nuova rivoluzione industriale e il superamento di un certo numero di fallimenti chiave del mercat, tra i quali i gas serra, l'innovazione, le reti e mercati dei capitali. La transizione verso la low-carbon economy guiderà la storia della crescita nel corso dei prossimi decenni». Il discorso di Stern, nella sua drammaticità, è condivisibile, spiace constatare ancora una volta però che tutta l'attenzione sia rivolta solo ai cambiamenti climatici e alla produzione di energia più pulita senza alcun accenno al contemporaneo depauperamento delle materie prime del pianeta. Se vogliamo davvero tentare di "salvarci" non possiamo ignorare, oltre ai flussi di energia, quelli di materia, altrimenti non risolveremo mai il problema della sostenibilità ambientale e sociale della vita dell'uomo sulla Terra.
GreenReport - Lord Nicholas Stern (Nella foto), presidente del Grantham research institute on climate change and the environment, ed autore del Rapporto Stern sul cambiamento climatico, commissionato dal governo britannico, che è diventato un punto di riferimento per la politica e per gli ambientalisti, ha detto al World economic forum conclusosi il 27 gennaio a Davos di aver sottostimato i rischi del global warming e che avrebbe dovuto essere più diretto, più schietto, a proposito della minaccia posta all'economia dall'aumento delle temperature.
«Anche se le sfide del cambiamento climatico sono chiare - ha detto Stern a Davos - la politica pubblica si muove lentamente. Il suo progresso deve essere sbloccato». Durante un workshop al meeting annuale del Wef, Stern ha spiegato: «Guardando indietro, ho sottovalutato i rischi. Il pianeta e l'atmosfera sembrano assorbire meno carbonio di quanto ci aspettassimo, e le emissioni stanno aumentano in maniera abbastanza forte. Alcuni degli effetti stanno accadendo più velocemente di quanto pensassimo allora».
Il rapporto Stern 6 anni fa indicava una probabilità del 75% che le temperature mondiali potessero aumentare nel lungo periodo tra i 2 e i 3 gradi al di sopra della media, ma Stern ora crede che «Siamo sulla buona strada per qualcosa come 4. Se avessi saputo il modo in cui la situazione si sarebbe evoluta, credo che sarei stato un po' più brusco. Sarei stato molto più forte sui rischi di un aumento di 4 o 5 gradi».
Stern ha sottolineato che alcuni Paesi, tra cui la Cina, «Hanno iniziato a cogliere la gravità dei rischi, ma i governi devono ora agire con forza per far andare le loro economie verso il minore consumo di energia e tecnologie più sostenibili in termini ambientali. Questo è potenzialmente così pericoloso che dobbiamo agire con forza. Vogliamo giocare alla roulette russa con due proiettili o uno? Questi rischi per molte persone sono esistenziali».
Stern ha anche lanciato un messaggio al suo Paese: Il Climate Change Act impegna il governo britannico ad obiettivi ambiziosi di riduzione del carbonio, ma ha chiesto «Un aumento degli investimenti nelle green economy. E' una storia della crescita davvero emozionante».
In realtà, come fa notare The Guardian, David Cameron ed il suo governo conservatore-liberale hanno buttato al macero gran parte delle credenziali ambientaliste acquisite prima delle elezioni del 2010, quando Cameron andò nell'Artico per evidenziare il suo impegno nella lotta contro il global warming. Ma l'impegno della coalizione alle politiche verdi è stato anche recentemente messo in discussione e lo scetticismo dei parlamentari conservatori contro l'eolico è in aumento mentre cresce la lobby pro-nucleare e quella che spinge per lo sfruttamento delle riserve di shale gas britanniche con il fracking.
Stern ha ricordato anche che il nuovo presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, a Davos ha lanciato un forte monito sul rischio di conflitti per le risorse naturali che innescherebbe un aumento di 4 gradi delle temperature globali al di sopra della media: «Avremo guerre per l'acqua e per il cibo in tutto il mondo» ha detto Kim, che si è impegnato a fare delle politiche per affrontare il cambiamento climatico una priorità del suo mandato quinquennale. «E' necessario intervenire per creare un carbon market - ha sottolineato Kim - eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili e far diventare "green" le 100 megalopoli, che sono responsabili dal 60 al 70% delle emissioni globali. La siccità del 2012 negli Stati Uniti, che ha spinto il prezzo del grano e del mais, ha portato i poveri del mondo a mangiare di meno». Per la prima volta un presidente della Banca mondiale ha ammesso che «Le condizioni meteorologiche estreme devono essere attribuite al cambiamento climatico di origine antropica. La gente comincia a unire i puntini. Se iniziano a dimenticarlo, io sono lì a ricordarglielo. Dobbiamo trovare la strada climate-friendly per favorire la crescita economica. La buona notizia è che pensiamo che esista». Secondo Kim, «Non ci sarà una soluzione al cambiamento climatico senza il coinvolgimento del settore privato», per questo ha esortato le imprese «A cogliere l'opportunità di fare profitti. Ci sono un sacco di soldi da fare nella costruzione delle tecnologie e piegare l'arco del cambiamento climatico».
Stern ha ricordato che «Le due sfide che definiscono questo secolo sono il superamento della povertà e la gestione dei cambiamenti climatici. Se falliamo in una, non avremo successo nell'altra. I cambiamenti climatici non gestiti distruggeranno il rapporto tra l'uomo e il pianeta. Trasformerebbero dove abbiamo potuto vivere e come potremmo vivere la nostra vita. D'altra parte, se gestiremo in modo intelligente, il cambiamento climatico, avvieremo una creativa e innovativa rivoluzione energetico-industriale. Sarà piena di creatività, innovazione, investimenti e opportunità di lavoro e dovrà coinvolgere tutti i Paesi e tutti i settori dell'economia. Si tratterà di fare le cose in maniera diversa su tutta la linea, anche attraverso la produzione della nostra energia in modo più efficiente e abbracciando nuove tecnologie. La politica pubblica è fondamentale per promuovere l'entusiasmante nuova rivoluzione industriale. La politica deve essere orientata verso la promozione di questa nuova rivoluzione industriale e il superamento di un certo numero di fallimenti chiave del mercat, tra i quali i gas serra, l'innovazione, le reti e mercati dei capitali. La transizione verso la low-carbon economy guiderà la storia della crescita nel corso dei prossimi decenni». Il discorso di Stern, nella sua drammaticità, è condivisibile, spiace constatare ancora una volta però che tutta l'attenzione sia rivolta solo ai cambiamenti climatici e alla produzione di energia più pulita senza alcun accenno al contemporaneo depauperamento delle materie prime del pianeta. Se vogliamo davvero tentare di "salvarci" non possiamo ignorare, oltre ai flussi di energia, quelli di materia, altrimenti non risolveremo mai il problema della sostenibilità ambientale e sociale della vita dell'uomo sulla Terra.
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