giovedì, gennaio 10, 2013
Allarme sanità in Italia: a Roma le ambulanze sono rimaste bloccate nei pronto soccorso per sopperire alla mancanza di posti letto negli ospedali.  

Radio Vaticana - L’emergenza, come reso noto anche dal presidente della regione Lazio Renata Polverini, è rientrata dopo poche ore. Intanto è sempre più critica, soprattutto nel Lazio, la situazione degli ospedali religiosi, a causa di tagli e crediti non riscossi. E’ quanto denuncia l’Associazione religiosa Istituti socio–sanitari (Aris) che riunisce istituzioni ecclesiastiche che erogano, in tutto il territorio nazionale, prestazioni di assistenza sanitaria. Il rischio, per diverse strutture, è la chiusura o la vendita a privati. Il servizio di Amedeo Lomonaco: ascolta.

L’allarme riguarda tutta l’Italia ma la situazione più critica si riscontra nel Lazio, dove le istituzioni sanitarie cattoliche vantano crediti, nei confronti della Regione, per circa 500 milioni di euro. Capitolo a parte per il Policlinico “Gemelli”, il cui credito supera la somma di 800 milioni di euro. Se la situazione non si dovesse sbloccare, si profilano due alternative: la vendita ai privati, come nel caso dell’Ospedale Cristo Re, o la trasformazione delle strutture in residenze sanitarie assistite per anziani o in centri per la riabilitazione. Il presidente dell’Associazione religiosa istituti socio – sanitari (Aris), fratel Mario Bonora:

“Il pagamento delle prestazioni è ben regolamentato da accordi in ogni regione. Per esempio, in Veneto il termine è 60 giorni e i pagamenti sono abbastanza puntuali. Ma nel Lazio la situazione è veramente un disastro. Adesso, alcune strutture stanno chiudendo e se non interviene qualche nostro ente, passano in mano a privati for profit. Le Congregazioni alle quali fanno capo le nostre realtà – le varie Congregazioni religiose o enti ecclesiastici dipendenti dalle diocesi – hanno dato le garanzie bancarie, hanno anticipato i soldi, ma più di tanto non possono fare. Per alcune realtà, siamo ormai al capolinea”.

Per l’attuazione del Piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario della regione Lazio, è stato designato commissario ad acta Filippo Palumbo, subentrato al dimissionario Enrico Bondi. I decreti regionali 348 e 349, i cosiddetti “decreti Bondi” dello scorso 22 novembre, avevano comportato una sforbiciata di 29 milioni di euro al budget del 2012. Tra i tagli, retroattivi, anche cinque milioni in meno per le attività di emergenza del “Gemelli” e l’impossibilità di potenziare, nel Policlinico, l’unità di terapia intensiva neonatale e il centro Sla. Tagli che rischiano di mettere in crisi un servizio sanitario, quello offerto dagli ospedali religiosi, che presenta, rispetto al pubblico, costi sostenuti:

“E’ provato che noi privati, religiosi, costiamo molto meno del pubblico, per ovvi motivi. E’ certo che un’oculata gestione, un contenimento delle spese, senza assolutamente compromettere l’assistenza al malato, porta a dei risparmi. Dalle statistiche che abbiamo noi, in alcune regioni si arriva fino al 35% in meno di spesa sanitaria, rispetto al pubblico. E ritengo che diano anche un buon servizio visto il flusso registrato e a un costo decisamente inferiore. Sia chiaro che noi stiamo resistendo, resistiamo il più possibile, però alcune strutture non ce la fanno più”.

In diversi casi sarà sempre più difficile, dunque, scongiurare la chiusura di reparti e, soprattutto, piani di riduzione del personale:

“I posti di lavoro sono a rischio. Possiamo parlare di alcune centinaia. Se poi il fenomeno Lazio si allarga a tutta Italia, le centinaia potrebbero anche diventare qualcosa di più. Se non ci lasciano lavorare, dobbiamo ridurre l’attività e conseguentemente il personale, che resta la spesa principale. La spesa per il personale incide sui nostri bilanci tra il 55 e il 65% dei finanziamenti. Se si deve purtroppo tagliare, credo sarà l’ultima cosa che i nostri enti faranno”. 

La situazione degli ospedali religiosi è anche il segnale di un sistema sanitario italiano che sembra allontanarsi dai livelli di eccellenza raggiunti negli ultimi anni. Ancora fratel Mario Bonora:

“Da come si sta muovendo, il sistema sanità sta perdendo parecchi punti rispetto a quello che era in passato. Almeno nei Paesi occidentali, eravamo tra i primi come prestazioni sanitarie. La sanità non potrà più essere gratuita per tutti: bisognerà prevedere fasce – quelle medio alte – dove ci sia anche il dovere di contribuire. Per quelli che invece non sono in grado di contribuire perché hanno redditi molto bassi, bisogna continuare con l’assistenza gratuita, a tutti i livelli. Questo se vogliamo restare un Paese civile, un Paese all’altezza dei tempi. Se in vece vogliamo avvicinarsi alla sanità dell’Africa o dell’Asia, allora si sta imboccando la strada giusta”.

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