Alla conclusione della Settimana di preghiera, Benedetto XVI dice che le questioni dottrinali che ancora dividono "non devono essere trascurate o minimizzate. Esse vanno piuttosto affrontate con coraggio, in uno spirito di fraternità e di rispetto reciproco". I cristiani dell'India, "a volte sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in condizioni difficili".
Asianews - L'unità dei cristiani è "un mezzo privilegiato, quasi un presupposto per annunciare in modo sempre più credibile la fede" a una società nella quale "sembra che il messaggio cristiano incida sempre meno nella vita personale e comunitaria". Nell'Anno della fede, la riflessione di Benedetto XVI per la conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani è centrata sulla prima delle virtù teologali, perché "senza la fede - che è primariamente dono di Dio, ma anche risposta dell'uomo - tutto il movimento ecumenico si ridurrebbe ad una forma di 'contratto' cui aderire per un interesse comune".
Nella basilica di san Paolo - tradizionale luogo della celebrazione papale dei Vespri che concludono la settimana - ci sono rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane, a partire dal metropolita Gennadios per il Patriarcato ecumenico e dal canonico Richardson, per l'arcivescovo di Canterbury. Ci sono anche i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali. Il Papa li saluta e li ringrazia, come ringrazia lo Student Christian Movement in India che, in collaborazione con la All India Catholic University Federation ed il National Council of Churches in India, hanno proposto il tema di questa 46ma Settimana: «Quel che il Signore esige da noi», ispirato alle parole del profeta Michea.
Il riferimento all'India dà al Papa occasione per assicurare la sua preghiera "a tutti i cristiani dell'India, che a volte sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in condizioni difficili".
"Lo scandalo della divisione che intaccava l'attività missionaria - ricorda poi Benedetto XVI - fu l'impulso che diede inizio al movimento ecumenico quale oggi lo conosciamo", ma se l'unità nella fede tra i cristiani è acquisita, ci sono questioni dottrinali che ancora dividono. Esse "non devono essere trascurate o minimizzate. Esse vanno piuttosto affrontate con coraggio, in uno spirito di fraternità e di rispetto reciproco".
E "mentre siamo in cammino verso la piena unità, è necessario allora perseguire una collaborazione concreta tra i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mondo contemporaneo. Oggi c'è grande bisogno di riconciliazione, di dialogo e di comprensione reciproca, in una prospettiva non moralistica, ma proprio in nome dell'autenticità cristiana per una presenza più incisiva nella realtà del nostro tempo". "La vera fede in Dio poi è inseparabile dalla santità personale, come anche dalla ricerca della giustizia".
"Tuttavia, l'ecumenismo non darà frutti duraturi se non sarà accompagnato da gesti concreti di conversione che muovano le coscienze e favoriscano la guarigione dei ricordi e dei rapporti". "Un'autentica conversione, come quella suggerita dal profeta Michea e di cui l'apostolo Paolo è un significativo esempio, ci porterà più vicino a Dio, al centro della nostra vita, in modo da avvicinarci maggiormente anche gli uni agli altri. È questo un elemento fondamentale del nostro impegno ecumenico. Il rinnovamento della vita interiore del nostro cuore e della nostra mente, che si riflette nella vita quotidiana, è cruciale in ogni dialogo e cammino di riconciliazione, facendo dell'ecumenismo un impegno reciproco di comprensione, rispetto e amore, «affinché il mondo creda»".
Asianews - L'unità dei cristiani è "un mezzo privilegiato, quasi un presupposto per annunciare in modo sempre più credibile la fede" a una società nella quale "sembra che il messaggio cristiano incida sempre meno nella vita personale e comunitaria". Nell'Anno della fede, la riflessione di Benedetto XVI per la conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani è centrata sulla prima delle virtù teologali, perché "senza la fede - che è primariamente dono di Dio, ma anche risposta dell'uomo - tutto il movimento ecumenico si ridurrebbe ad una forma di 'contratto' cui aderire per un interesse comune".
Nella basilica di san Paolo - tradizionale luogo della celebrazione papale dei Vespri che concludono la settimana - ci sono rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane, a partire dal metropolita Gennadios per il Patriarcato ecumenico e dal canonico Richardson, per l'arcivescovo di Canterbury. Ci sono anche i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali. Il Papa li saluta e li ringrazia, come ringrazia lo Student Christian Movement in India che, in collaborazione con la All India Catholic University Federation ed il National Council of Churches in India, hanno proposto il tema di questa 46ma Settimana: «Quel che il Signore esige da noi», ispirato alle parole del profeta Michea.
Il riferimento all'India dà al Papa occasione per assicurare la sua preghiera "a tutti i cristiani dell'India, che a volte sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in condizioni difficili".
"Lo scandalo della divisione che intaccava l'attività missionaria - ricorda poi Benedetto XVI - fu l'impulso che diede inizio al movimento ecumenico quale oggi lo conosciamo", ma se l'unità nella fede tra i cristiani è acquisita, ci sono questioni dottrinali che ancora dividono. Esse "non devono essere trascurate o minimizzate. Esse vanno piuttosto affrontate con coraggio, in uno spirito di fraternità e di rispetto reciproco".
E "mentre siamo in cammino verso la piena unità, è necessario allora perseguire una collaborazione concreta tra i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mondo contemporaneo. Oggi c'è grande bisogno di riconciliazione, di dialogo e di comprensione reciproca, in una prospettiva non moralistica, ma proprio in nome dell'autenticità cristiana per una presenza più incisiva nella realtà del nostro tempo". "La vera fede in Dio poi è inseparabile dalla santità personale, come anche dalla ricerca della giustizia".
"Tuttavia, l'ecumenismo non darà frutti duraturi se non sarà accompagnato da gesti concreti di conversione che muovano le coscienze e favoriscano la guarigione dei ricordi e dei rapporti". "Un'autentica conversione, come quella suggerita dal profeta Michea e di cui l'apostolo Paolo è un significativo esempio, ci porterà più vicino a Dio, al centro della nostra vita, in modo da avvicinarci maggiormente anche gli uni agli altri. È questo un elemento fondamentale del nostro impegno ecumenico. Il rinnovamento della vita interiore del nostro cuore e della nostra mente, che si riflette nella vita quotidiana, è cruciale in ogni dialogo e cammino di riconciliazione, facendo dell'ecumenismo un impegno reciproco di comprensione, rispetto e amore, «affinché il mondo creda»".
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