Chiedi al presidente Moncef Marzouki di intraprendere tutti i passi necessari affinché venga fatta chiarezza sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le rivolte.
Amnesty International - "Nulla può sostituire mio figlio, ma voglio sapere chi lo ha ucciso e voglio vederlo in prigione. Vogliamo giustizia, giustizia equa. Il sistema giudiziario attuale nasconde la verità." Alia Lajimi, madre di Souhail Riyahi, morto, secondo quanto riferito, dopo essere stato lanciato da una finestra da un agente di polizia, durante la rivolta. In base a quanto stabilito dalla Commissione nazionale di inchiesta sulle violazioni commesse dal 17 dicembre 2010 al termine del suo mandato, presieduta da Taoufiq Bouderbala, col compito di indagare sulle violazioni dei diritti umani durante la rivolta, 338 persone sono state uccise durante quelle settimane che hanno preceduto la fuga di Ben Alì e nei giorni successivi e oltre 2000 sono rimaste ferite.
Una missione di ricerca di Amnesty International che ha visitato la Tunisia dal 14 al 23 gennaio 2011 ha rilevato che le forze di sicurezza avevano fatto uso eccessivo della forza contro i manifestanti.
I parenti delle vittime, con cui Amnesty International è entrata in contatto, avevano espresso il loro bisogno di verità, giustizia e riparazione. Quando Amnesty International li ha incontrati un anno e mezzo dopo, hanno parlato di speranze infrante, frustrazione, rabbia ed esclusione.
I parenti di vittime e feriti hanno presentato denunce che sono state trasferite ai tribunali militari nel maggio 2011. I casi sono stati divisi in processi collettivi nei tribunali militari di Tunisi, Kef e Sfax, e più tardi, presso il tribunale militare di appello di Tunisi.
I processi e i loro svolgimenti hanno sollevato diverse preoccupazioni fra cui:
ricorso ai tribunali militari: benché inizialmente accettati a causa dei diffusi sospetti verso il sistema giudiziario ordinario, restano le preoccupazioni circa la reale o percepita assenza d'imparzialità e indipendenza del sistema giudiziario militare. Gli standard internazionali dei diritti umani indicano chiaramente che i processi che coinvolgono civili e violazioni dei diritti umani devono essere affrontati nei tribunali civili; carenze nelle indagini e nella raccolta delle prove: le vittime, i loro parenti e relativi avvocati hanno criticato il raggruppamento dei loro casi. Malgrado la cooperazione delle vittime e dei loro familiari, gli avvocati hanno riferito ad Amnesty International che molte delle loro richieste per delle prove, che avrebbero aiutato a stabilire le responsabilità per le violazioni durante la rivolta, erano rimaste inascoltate. Vi sono inoltre timori che alcune prove siano state nascoste o distrutte; carenze nei procedimenti giudiziari: le vittime e i loro familiari, intervistati dai ricercatori di Amnesty International, hanno lamentato intimidazioni e la mancanza di un sistema legale che li proteggesse. Alcuni sospettati non sono stati arrestati, mentre si svolgevano i procedimenti, nonostante le ordinanze in tal senso del tribunale; altri non sono stati sospesi, alcuni invece sono stati promossi. Alcuni alti ufficiali sono stati condannati a pene detentive, solo pochi ufficiali di medio e basso livello sono stati ritenuti responsabili per aver sparato sui manifestanti, lasciando molte vittime e le loro famiglie in attesa di giustizia e verità. Chiedi al presidente Moncef Marzouki di intraprendere tutti i passi necessari affinché venga fatta chiarezza sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le rivolte.
Presidente Moncef Marzouki
Palais Presidentiel
Tunis, Tunisie
Fax: + 216 71 744 721
Email: boc@pm.gov.tn
Twitter: @presidenceTN
Sua eccellenza presidente Marzouki,
Le scrivo per chiedere giustizia per le vittime della rivolta e per i loro familiari. La sollecito a far sì che nessuno sia al di sopra della legge: assicurando indagini minuziose, imparziali e indipendenti sulle violazioni dei diritti umani e sugli abusi commessi durante la rivolta, i cui risultati saranno comunicati alle vittime e ai loro parenti al fine di garantire verità, giustizia e riparazione; garantendo protezione alle vittime e ai loro familiari da ogni forma di intimidazioni e che i funzionari delle forze di sicurezza sospettati di aver commesso o ordinato violazioni dei diritti umani siano sospesi sino al termine dei procedimenti giudiziari;
ripristinando la fiducia dei tunisini nelle istituzioni pubbliche, attraverso la garanzia dell'indipendenza della magistratura nella legge e nella pratica, limitando l'uso di tribunali militari ai reati militari, fornendo istruzioni pubbliche e chiare sull'uso della forza e delle armi da fuoco nelle operazioni di polizia, istituendo un organismo indipendente per controllare il lavoro delle forze di sicurezza e per responsabilizzarle.
La ringrazio per l'attenzione.
Amnesty International - "Nulla può sostituire mio figlio, ma voglio sapere chi lo ha ucciso e voglio vederlo in prigione. Vogliamo giustizia, giustizia equa. Il sistema giudiziario attuale nasconde la verità." Alia Lajimi, madre di Souhail Riyahi, morto, secondo quanto riferito, dopo essere stato lanciato da una finestra da un agente di polizia, durante la rivolta. In base a quanto stabilito dalla Commissione nazionale di inchiesta sulle violazioni commesse dal 17 dicembre 2010 al termine del suo mandato, presieduta da Taoufiq Bouderbala, col compito di indagare sulle violazioni dei diritti umani durante la rivolta, 338 persone sono state uccise durante quelle settimane che hanno preceduto la fuga di Ben Alì e nei giorni successivi e oltre 2000 sono rimaste ferite.
Una missione di ricerca di Amnesty International che ha visitato la Tunisia dal 14 al 23 gennaio 2011 ha rilevato che le forze di sicurezza avevano fatto uso eccessivo della forza contro i manifestanti.
I parenti delle vittime, con cui Amnesty International è entrata in contatto, avevano espresso il loro bisogno di verità, giustizia e riparazione. Quando Amnesty International li ha incontrati un anno e mezzo dopo, hanno parlato di speranze infrante, frustrazione, rabbia ed esclusione.
I parenti di vittime e feriti hanno presentato denunce che sono state trasferite ai tribunali militari nel maggio 2011. I casi sono stati divisi in processi collettivi nei tribunali militari di Tunisi, Kef e Sfax, e più tardi, presso il tribunale militare di appello di Tunisi.
I processi e i loro svolgimenti hanno sollevato diverse preoccupazioni fra cui:
ricorso ai tribunali militari: benché inizialmente accettati a causa dei diffusi sospetti verso il sistema giudiziario ordinario, restano le preoccupazioni circa la reale o percepita assenza d'imparzialità e indipendenza del sistema giudiziario militare. Gli standard internazionali dei diritti umani indicano chiaramente che i processi che coinvolgono civili e violazioni dei diritti umani devono essere affrontati nei tribunali civili; carenze nelle indagini e nella raccolta delle prove: le vittime, i loro parenti e relativi avvocati hanno criticato il raggruppamento dei loro casi. Malgrado la cooperazione delle vittime e dei loro familiari, gli avvocati hanno riferito ad Amnesty International che molte delle loro richieste per delle prove, che avrebbero aiutato a stabilire le responsabilità per le violazioni durante la rivolta, erano rimaste inascoltate. Vi sono inoltre timori che alcune prove siano state nascoste o distrutte; carenze nei procedimenti giudiziari: le vittime e i loro familiari, intervistati dai ricercatori di Amnesty International, hanno lamentato intimidazioni e la mancanza di un sistema legale che li proteggesse. Alcuni sospettati non sono stati arrestati, mentre si svolgevano i procedimenti, nonostante le ordinanze in tal senso del tribunale; altri non sono stati sospesi, alcuni invece sono stati promossi. Alcuni alti ufficiali sono stati condannati a pene detentive, solo pochi ufficiali di medio e basso livello sono stati ritenuti responsabili per aver sparato sui manifestanti, lasciando molte vittime e le loro famiglie in attesa di giustizia e verità. Chiedi al presidente Moncef Marzouki di intraprendere tutti i passi necessari affinché venga fatta chiarezza sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le rivolte.
Presidente Moncef Marzouki
Palais Presidentiel
Tunis, Tunisie
Fax: + 216 71 744 721
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Sua eccellenza presidente Marzouki,
Le scrivo per chiedere giustizia per le vittime della rivolta e per i loro familiari. La sollecito a far sì che nessuno sia al di sopra della legge: assicurando indagini minuziose, imparziali e indipendenti sulle violazioni dei diritti umani e sugli abusi commessi durante la rivolta, i cui risultati saranno comunicati alle vittime e ai loro parenti al fine di garantire verità, giustizia e riparazione; garantendo protezione alle vittime e ai loro familiari da ogni forma di intimidazioni e che i funzionari delle forze di sicurezza sospettati di aver commesso o ordinato violazioni dei diritti umani siano sospesi sino al termine dei procedimenti giudiziari;
ripristinando la fiducia dei tunisini nelle istituzioni pubbliche, attraverso la garanzia dell'indipendenza della magistratura nella legge e nella pratica, limitando l'uso di tribunali militari ai reati militari, fornendo istruzioni pubbliche e chiare sull'uso della forza e delle armi da fuoco nelle operazioni di polizia, istituendo un organismo indipendente per controllare il lavoro delle forze di sicurezza e per responsabilizzarle.
La ringrazio per l'attenzione.
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