mercoledì, febbraio 20, 2013
Tunisia nel caos. Il primo ministro tunisino Hamadi Jebali si è dimesso, dopo un incontro con il presidente della repubblica. Aveva cercato di costituire un governo tecnico, con il quale affrontare la crisi che soffoca il Paese in campi come l'economia, la sicurezza e la stessa politica. Il servizio è di Salvatore Sabatino: ascolta

Radio Vaticana - E’ stato l’epilogo di una giornata giocata sulle corde del nervosismo. Jebali ha tentato fino all’ultimo di formare quell’esecutivo di “prestigio” che avrebbe dovuto traghettare il Paese verso una nuova fase. Ma alla fine non ce l’ha fatta, a causa del suo stesso partito, Ennahda, che ha decretando la fine della sua esperienza come capo del governo. Un duro colpo per Jebali, apparso in Tv particolarmente provato, deluso, tanto da spingersi a dire che non si ricandiderà alle prossime elezioni, pur non lasciando la vita politica. Annuncio, questo, che appare destinato a creare non pochi problemi in seno ad Ennahda, di cui è ancora segretario generale. Due le strade che si aprono: l'uscita sbattendo la porta o la permanenza schierandosi di fatto contro il presidente Gannouchi, di cui era fino a poche settimane fa il delfino. Restano, al di là della crisi politica, tutti i problemi di un Paese in cammino verso un futuro non certo semplice, piegato soprattutto da crisi economica e disoccupazione. E da un settore trainante, come quello turistico, completamente bloccato. Chi verrà dopo Jebali dovrà trovare soluzioni rapide e concrete, per non far fallire il Paese e per dare nuovo respiro all’onda della “primavera araba”, che proprio dalla Tunisia era partita e che qui rischia di incagliarsi negli scogli della politica.

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