L’Egitto tornerà alle urne il prossimo 27 aprile: è quanto ha deciso il presidente, Mohamed Morsi, firmando il decreto sulla legge elettorale appena approvato dalla Shura, la Camera alta del Parlamento.
Radio Vaticana - Il voto si terrà in quattro fasi e la prima riunione dell’Assemblea è prevista per il 6 luglio. Forti critiche arrivano dall’opposizione. Il leader El Baradei parla di una scelta irresponsabile in un clima di forte tensione sociale e fragilità dello Stato. Cecilia Seppia ha chiesto il commento di Stefano Torelli, esperto dell’area mediorientale per Equilibri.net. R. - Il cammino verso la decisione di fissare finalmente queste elezioni è stato abbastanza travagliato. Finalmente, adesso, si è arrivati alla data delle elezioni per la costituzione di un nuovo Parlamento che - ricordiamo - di fatto oggi, dopo lo scioglimento, ancora non c’è. In tutta questa cornice, l’Egitto continua ad attraversare una fase di grande instabilità politica e anche sociale, con continue manifestazioni di piazza che spesso, come accaduto anche nelle scorse settimane, sfociano nella violenza. Quindi, la data di queste elezioni era attesa con ansia, proprio perché queste potrebbero segnare un nuovo punto di svolta in questa transizione.
D. - Eppure, il leader dell’opposizione El Baradei ha definito questo voto “irresponsabile”, proprio perché nel Paese sussiste una forte tensione sociale…
R. - La grande incognita di un’elezione, in un momento come questo in Egitto e in Tunisia, è appunto quella di vedere se poi il risultato elettorale - qualsiasi esso sia - verrà effettivamente accettato o meno dalle forze in campo e dalla popolazione o se, al contrario, potrà portare a ulteriori scontri e violenze.
D. - Molti sostengono anche che sarà un voto “farsa” per riconfermare il potere dei Fratelli musulmani, che è stato e continua ad essere ampiamente contestato. Quali scenari si aprono?
R. - Come già è accaduto in parte nelle consultazioni elettorali che ci sono state, il timore che comunque possano esserci brogli o che le elezioni, in qualche modo, possano essere non del tutto trasparenti è sempre dietro l’angolo, e in un Paese in transizione, in una fase di quasi caos, come l’Egitto, è prevedibile che possano esserci alcuni casi di manipolazione o comunque poca trasparenza nel processo elettorale. Di fatto, però, ad esempio, il voto delle ultime elezioni parlamentari che sono state fatte in Egitto, ha dimostrato come in realtà il consenso alla fratellanza musulmana in parte sia veramente abbastanza radicato in alcuni settori della società. Sarà da vedere se, dopo tutte queste crisi e dopo il livello di impopolarità che ha toccato Mursi negli ultimi mesi, questo consenso rimarrà tale oppure no.
D. - È anche vero che all’opposizione non ci sono poi alternative così valide…
R. – Esatto. Un altro elemento che salta un po’ agli occhi della crisi egiziana è che comunque, in ogni caso, le forze di opposizione non riescono ancora veramente a raggiungere una piattaforma comune sulla quale poi poter chiedere un consenso maggioritario alla popolazione. Mentre la fratellanza, da subito, ma anche addirittura da prima di Mubarak, appariva come un movimento molto più compatto e in grado di portare consenso attorno a sé.
Radio Vaticana - Il voto si terrà in quattro fasi e la prima riunione dell’Assemblea è prevista per il 6 luglio. Forti critiche arrivano dall’opposizione. Il leader El Baradei parla di una scelta irresponsabile in un clima di forte tensione sociale e fragilità dello Stato. Cecilia Seppia ha chiesto il commento di Stefano Torelli, esperto dell’area mediorientale per Equilibri.net. R. - Il cammino verso la decisione di fissare finalmente queste elezioni è stato abbastanza travagliato. Finalmente, adesso, si è arrivati alla data delle elezioni per la costituzione di un nuovo Parlamento che - ricordiamo - di fatto oggi, dopo lo scioglimento, ancora non c’è. In tutta questa cornice, l’Egitto continua ad attraversare una fase di grande instabilità politica e anche sociale, con continue manifestazioni di piazza che spesso, come accaduto anche nelle scorse settimane, sfociano nella violenza. Quindi, la data di queste elezioni era attesa con ansia, proprio perché queste potrebbero segnare un nuovo punto di svolta in questa transizione.
D. - Eppure, il leader dell’opposizione El Baradei ha definito questo voto “irresponsabile”, proprio perché nel Paese sussiste una forte tensione sociale…
R. - La grande incognita di un’elezione, in un momento come questo in Egitto e in Tunisia, è appunto quella di vedere se poi il risultato elettorale - qualsiasi esso sia - verrà effettivamente accettato o meno dalle forze in campo e dalla popolazione o se, al contrario, potrà portare a ulteriori scontri e violenze.
D. - Molti sostengono anche che sarà un voto “farsa” per riconfermare il potere dei Fratelli musulmani, che è stato e continua ad essere ampiamente contestato. Quali scenari si aprono?
R. - Come già è accaduto in parte nelle consultazioni elettorali che ci sono state, il timore che comunque possano esserci brogli o che le elezioni, in qualche modo, possano essere non del tutto trasparenti è sempre dietro l’angolo, e in un Paese in transizione, in una fase di quasi caos, come l’Egitto, è prevedibile che possano esserci alcuni casi di manipolazione o comunque poca trasparenza nel processo elettorale. Di fatto, però, ad esempio, il voto delle ultime elezioni parlamentari che sono state fatte in Egitto, ha dimostrato come in realtà il consenso alla fratellanza musulmana in parte sia veramente abbastanza radicato in alcuni settori della società. Sarà da vedere se, dopo tutte queste crisi e dopo il livello di impopolarità che ha toccato Mursi negli ultimi mesi, questo consenso rimarrà tale oppure no.
D. - È anche vero che all’opposizione non ci sono poi alternative così valide…
R. – Esatto. Un altro elemento che salta un po’ agli occhi della crisi egiziana è che comunque, in ogni caso, le forze di opposizione non riescono ancora veramente a raggiungere una piattaforma comune sulla quale poi poter chiedere un consenso maggioritario alla popolazione. Mentre la fratellanza, da subito, ma anche addirittura da prima di Mubarak, appariva come un movimento molto più compatto e in grado di portare consenso attorno a sé.
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