Parte da Pavia la battaglia contro le macchinette mangia soldi. Quelle legali e quelle illegali, quelle che stanno rovinando milioni di italiane e italiani, donne, anziani e ragazzi in testa.
Liberainformazione - Nel giugno dello scorso anno nel centro di Pavia sfilarono 400 persone, vescovo Giovanni Giudici in testa, per la prima manifestazione “no slot”, promossa, in particolare da Simone Feder, psicologo e animatore sociale alla comunità di recupero Casa del Giovane, da una serie di associazioni locali, con in testa Libera. Pavia è la capitale italiana del gioco d’azzardo. Una macchinetta mangia soldi ogni 136 abitanti, tremila euro spesi ogni anno dai suoi 548mila abitanti, bambini compresi. L’ultima iniziativa contro le macchinette è di due informatici trentenni, Mauro Vanetti e Pietro Pace, che mercoledì scorso hanno lanciato il sito www.senzaslot.it con l’idea di fare una mappa dei bar, pavesi, lombardi, italiani, dove le macchinette non ci sono. “Vogliamo avere un approccio radicale, non siamo in contrapposizione ai manifesti cattolico-buonisti, vogliamo dare voce a chi ha deciso di non mettere le slot nei bar – spiega Pietro Pace -. Non volgiamo boicottare nessuno. Ma visto che il target di queste macchinette è la povera gente, noi vogliamo schierarci da questa parte”. Ora Feder chiede al consiglio regionale lombardo che uscirà dalle urne una legge: “Bisogna dare la possibilità ai sindaci di porre un freno alla piaga del gioco d’azzardo.
E’ un problema etico morale e culturale, poi diventa sanitario. E riguarda tutti, perché schiavizza le famiglie. Ora sta drammaticamente crescendo il gioco d’azzardo on line. Lo scorso anno sono stati spesi 15 miliardi, quest’anno saranno almeno 18″. Giorgio Tiraboschi è il referente di Libera Pavia: “Non basta indignarsi per il gioco d’azzardo. Pavia ha il primato della spesa e in questa provincia operava il clan Valle, che attraverso il ricatto, obbligava gli usurati ad aprire bar e installare slot machine che rendevano 30mila euro al giorno. Non basta essere indignati”. Da Pavia, un tempo regno longobardo, ora una Las Vegas triste e nebbiosa, parte una campagna per fermare il gioco d’azzardo.E anche noi giornalisti dobbiamo interrogarci sul nostro ruolo, perché questa battaglia di civiltà, sia una battaglia di tutti. Contro chi abusa delle debolezze di chi è in difficoltà, contro chi abusa della credulità popolare, come recita (ancora?) il codice penale.
Liberainformazione - Nel giugno dello scorso anno nel centro di Pavia sfilarono 400 persone, vescovo Giovanni Giudici in testa, per la prima manifestazione “no slot”, promossa, in particolare da Simone Feder, psicologo e animatore sociale alla comunità di recupero Casa del Giovane, da una serie di associazioni locali, con in testa Libera. Pavia è la capitale italiana del gioco d’azzardo. Una macchinetta mangia soldi ogni 136 abitanti, tremila euro spesi ogni anno dai suoi 548mila abitanti, bambini compresi. L’ultima iniziativa contro le macchinette è di due informatici trentenni, Mauro Vanetti e Pietro Pace, che mercoledì scorso hanno lanciato il sito www.senzaslot.it con l’idea di fare una mappa dei bar, pavesi, lombardi, italiani, dove le macchinette non ci sono. “Vogliamo avere un approccio radicale, non siamo in contrapposizione ai manifesti cattolico-buonisti, vogliamo dare voce a chi ha deciso di non mettere le slot nei bar – spiega Pietro Pace -. Non volgiamo boicottare nessuno. Ma visto che il target di queste macchinette è la povera gente, noi vogliamo schierarci da questa parte”. Ora Feder chiede al consiglio regionale lombardo che uscirà dalle urne una legge: “Bisogna dare la possibilità ai sindaci di porre un freno alla piaga del gioco d’azzardo.
E’ un problema etico morale e culturale, poi diventa sanitario. E riguarda tutti, perché schiavizza le famiglie. Ora sta drammaticamente crescendo il gioco d’azzardo on line. Lo scorso anno sono stati spesi 15 miliardi, quest’anno saranno almeno 18″. Giorgio Tiraboschi è il referente di Libera Pavia: “Non basta indignarsi per il gioco d’azzardo. Pavia ha il primato della spesa e in questa provincia operava il clan Valle, che attraverso il ricatto, obbligava gli usurati ad aprire bar e installare slot machine che rendevano 30mila euro al giorno. Non basta essere indignati”. Da Pavia, un tempo regno longobardo, ora una Las Vegas triste e nebbiosa, parte una campagna per fermare il gioco d’azzardo.E anche noi giornalisti dobbiamo interrogarci sul nostro ruolo, perché questa battaglia di civiltà, sia una battaglia di tutti. Contro chi abusa delle debolezze di chi è in difficoltà, contro chi abusa della credulità popolare, come recita (ancora?) il codice penale.
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