venerdì, febbraio 15, 2013
Il presidente siriano, Assad, non vuole lasciare il potere e non ascolta alcun consiglio. Così si è espresso il ministro degli Esteri Russo, Lavrov, che ha invitato chi insiste a chiedere un passo indietro del leader di Damasco di avviare trattative con il diretto interessato.

Radio Vaticana - Intanto, per il segretario di Stato Usa sono almeno 90 mila i morti nel Paese dall’inizio del conflitto. Dal canto suo, il Programma alimentare mondiale (Pam) ha riferito di 40 mila civili in fuga dal nord est del Paese, da giorni in preda agli scontri tra esercito e ribelli. Infine, fa discutere la notizia dell’uccisione di un pasdaran iraniano, avvenuta martedì scorso. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, studioso di Siria e giornalista residente in Libano:

R. - Anzitutto, è un episodio ancora avvolto dal mistero. Le stesse fonti iraniane hanno dato resoconti contrastanti, a partire dall’identità della vittima e dal suo ruolo: da Teheran affermano che, sì, era un alto ufficiale dei pasdaran, in particolare della Brigata al-Quds, che si occupa delle operazioni all’estero. Ma dall’ambasciata iraniana a Beirut hanno affermato che si trattava di un ingegnere impiegato da molti anni nella gestione della ricostruzione del sud del Libano, territorio danneggiato profondamente durante la guerra tra hezbollah e Israele del 2006. Forse sono vere entrambe le cose: ovvero che era un ingegnere e che lavorava con una copertura civile, ma che aveva poi un ruolo militare. Tra l’altro, poi, la presenza di pasdaran in Libano è accertata dagli anni Ottanta e ammessa dagli stessi hezbollah.

D. - L’episodio può confermare la presenza di soldati iraniani in Siria?

R. - No. Sicuramente l’Iran, come tutte le altre potenze della regione alleate o rivali dell’Iran, ha una presenza di intelligence nel Paese, forse anche protetta da elementi della sicurezza. Parlare, però, di truppe vere e proprie - quindi di centinaia, se non migliaia di truppe operative - coinvolte direttamente nella repressione, questo è possibile ma non è stato ancora dimostrato e credo che sia anche difficilmente dimostrabile. Gli iraniani, credo, eviteranno fino all’ultimo di farsi trovare - come si dice - con le "dita sporche di marmellata". Quindi, la presenza di un alto ufficiale, di una forza di èlite iraniana, dimostra che sicuramente l’Iran è coinvolto - anche dal punto di vista paramilitare e d’intelligence - ma non dimostra una presenza consistente di militari iraniani in Siria.

D. - Cambiando prospettiva, quale può essere l’evoluzione del conflitto?

R. - Al lungo termine - parliamo di mesi, se non di un anno e forse più - si può immaginare una lenta caduta, un lento disfacimento del regime. Questo ovviamente se non intervengono degli elementi esterni o comunque degli elementi che sono impossibili adesso da prevedere.

D. - A questo punto, quali sono le condizioni per un’eventuale uscita di scena di Assad? Pensiamo, quindi, a una soluzione di tipo politico del conflitto…

R. - Non ci sono all’orizzonte delle condizioni politiche perché Assad possa uscire di scena. Nei giorni scorsi era stata avanzata, da parte delle opposizioni in esilio, una proposta di dialogo al regime, ovviamente un compromesso basato sulla forza dei ribelli rispetto al regime: il regime, però, di fatto, ha rifiutato questa proposta. Sin dall’inizio, comunque, il regime - anche prima del 2011 - non ha mai fornito risposte politiche ai problemi sociali ed economici del popolo siriano. Quindi, quello della politica vera non è un linguaggio che il regime conosce, così come l’opposizione: di fatto è un’opposizione che nasce adesso, ultimi due anni, e che non ha quindi l’esperienza, non ha la forza, non ha la maturità per parlare di politica. Tra due parti che non conoscono la politica, dunque, è difficile che emerga qualcosa di politico dall’interno della Siria. Forse, la soluzione potrebbe venire - ma anche questo, per adesso, è un miraggio - dagli attori internazionali, in particolare da Stati Uniti e Russia. Se qualcosa viene ceduto ai russi, che hanno comunque desiderio e interesse a mantenere il loro piede nel Mediterraneo e in Medio Oriente, forse qualcosa si potrebbe sbloccare: visto che i russi sono il principale "sponsor" di Beshar al-Assad, se venisse assicurata ai russi una loro presenza - anche nel post-Assad e nella Siria di domani - forse i russi potrebbero cominciare a pensare di abbandonare il loro alleato siriano. Allora, lì si potrebbe pensare ad una soluzione politica, a un esilio dorato e a tante altre possibilità. Fino a quando ci sarà un braccio di ferro internazionale, sarà difficile che qualcosa possa intervenire, anche dall’esterno, dal punto di vista politico.


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