venerdì, marzo 22, 2013
Questo premio è per l’idea di salute e dignità che rap­presentiamo, è un impegno a restare vicini alle vittime, tutelandone i diritti. (…) Vorremmo che oggi vi sentiste tutti un po’ Nobel per la Pace, per averci permesso l’indipendenza e l’ingerenza negli affari di Paesi dove la vita umana non vale niente. Lasciamo che i riflettori illuminino gli scenari dimenticati.” Sono le parole che Carlo Urbani pronunciò nel 1999 alla consegna del Premio Nobel a nome di Medici senza frontiere, di cui era, in quel tempo, presidente italiano. 

Sono passati dieci anni dalla scomparsa del medico di Ca­stelplanio, morto a Bangkok il 29 marzo del 2003 dopo avere contratto la SARS, sindrome che aveva scoperto e contribuito a rendere inoffen­siva. Sembra ieri, ma ci sono già genera­zioni che non lo hanno potuto conosce­re. Molti sono i ragazzi che frequentano scuole a lui dedicate e leggono questo nome sulle targhe di un’aula magna o di una biblioteca, così come migliaia, nel mondo, sono gli ospedali e i luoghi di scienza e di cultura a lui dedicati. Carlo, prima medico di base nel suo paese, poi infettivologo negli ospedali di Ancona e Macerata, sin da giovane ha alternato questi impegni con viaggi e missioni all’estero, accettando poi ruoli di responsabilità in Medici Sen­za Frontiere, di cui è stato presidente per l’Italia, e in seguito nell’Organizzazione Mon­diale della Sanità, per cui lavorava, in Vietnam, quando, a 47 anni, è morto. In occasione del decimo anniversario della scomparsa, il giornalista Vincenzo Varagona gli dedica una biografia, “Il medico della SARS” (Paoline, pp. 256, euro 17), in cui, oltre alla presentazione di Giuliana Chiorrini, vedova di Carlo, e alla prefazione di Kostas Moschochoritis, direttore generale di Medici senza frontiere Italia, ha raccolto decine di testimonianze, di familiari, amici, medici, dirigenti, funzionari, diplomatici, molti dei quali parlano per la prima volta, raccontan­do un Carlo Urbani spesso diverso da quello finora conosciuto. Storie e aned­doti che tentano di superare un’agiografia in questi casi inevitabile, per of­frire le tracce di un’esperienza capace di destare, ancora, entusiasmi e speranze. Non a caso il volume si conclude con un capitolo dedicato all’AICU, l’Associazione Italiana Carlo Urbani, che da dieci anni si propone di continuare l’opera iniziata da Carlo perseguendo una serie di obiettivi di solidarietà sociale nei Paesi in via di sviluppo. Scrive nella presentazione Giuliana Chiorrini: “Se il fascino di Carlo e della sua vita, ben raccontati, riusciranno a essere trasmessi in modo da magnetizzare i cuori di tanti nel seguire le sue scelte, anche nei modi e con le strade che possono essere diversi, allora penso che potremmo dire di avere raggiunto un grande risultato. Carlo non è un uomo da ricordare. Direi neanche da seguire. Anche oggi Carlo è un uomo da affiancare, in punta di piedi e da aiutare nella realizzazione di tanti progetti, che tanto gli stavano e stanno a cuore.”.

È presente 1 commento

Unknown ha detto...

Questo Medico Dott.Carlo Urbani è da ricordare sempre per il sacrificio
che ha trovato la Medicina da coìmbattere la SARS e si è infettato,
Morto il 29 MARZO 2003. Grazie Dott.Carlo URBANI.

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