lunedì, marzo 11, 2013
Economisti concordi, adesso servono politiche espansive 

di Paolo Di Mizio

Basta austerity in Europa. Bisogna ritrovare la strada della crescita. Questa, in poche parole, la ricetta che viene dalla maggior parte degli economisti riuniti a Cernobbio per il Workshop Ambrosetti di Villa d'Este. La stessa Cristine Lagarde, Presidente del Fondo Monetario Internazionale, ha suggerito alla Banca Centrale Europea di abbassare i tassi di intesse, che sono attestati al momento all'1,75 per cento contro il quasi zero per cento del dollaro americano. Una riduzione dei tassi servirebbe da stimolo all'economia reale. Gli Stati Uniti, che al contrario dell'Europa attuano una politica espansiva, hanno cominciato a vedere qualche segno di ripresa con l'inaspettato aumento dei posti di lavoro nel mese scorso e il tasso di disoccupazione sceso adesso al 7,7 per cento, il più basso degli ultimi quattro anni.

La politica espansiva dell'aministrazione Obama è sostenuta dalla Federal Reserve, che ha lanciato già tre piani di "quantitative easing" (stampa di denaro) dall'inizio della crisi, e applica tassi d'interesse, come detto, vicini allo zero.

Per quanto riguarda l'Europa e in particolare l'Italia, molto incisiva è stata l'analisi di Marco Fortis, economista dell'Università Cattolica di Milano, il quale, al contrario di molti, getta una luce in gran parte positiva su diversi aspetti della realtà italiana.

Quella a cui assistiamo in Italia, ha detto in sintesi Fortis, non è una crisi dell'euro o una crisi strutturale della nostra capacità produttiva: la crisi nel nostro Paese in realtà è dovuta soprattutto al calo della domanda interna, un calo che dura di fatto dal 1993 e che si è aggravato con la recente fase di austerity.

"I dati parlano chiaro" dice Fortis, "c'è bisogno di meno rigore" per riattivare la domanda interna. Per quanto riguarda l'export, invece, nonostante le tante polemiche per un euro "troppo forte", noi italiani "rimaniamo molto competitivi".

Fortis ha citato le ultime statistiche dell'Unione europea. Al netto dell'importazione di energia (di cui l'Italia è notoriamente povera), il nostro Paese avrebbe un saldo positivo extra-Ue (cioè nell'import-export con Paesi fuori dall'Unione europea) di 63,5 miliardi nel 2012. Un saldo positivo che sarebbe il secondo più forte d'Europa dopo quello della Germania.

Per giunta, l'Italia ottiene questo risultato in assenza di stimoli fiscali e mantenendo, nel contempo, il maggiore avanzo primario di tutti i Paesi europei dopo la Norvegia, la quale però deve il suo avanzo primario quasi esclusivamente alla fortuna di avere il petrolio del Mare del Nord.

Da queste osservazioni, secondo Fortis, risulta evidente che in Italia e in Europa ci sia bisogno di politiche capaci di sollecitare la domanda interna, e sia dunque necessario imboccare la via dell'espansione e dello sviluppo, abbandonando l'austerity, che invece deprime la domanda.

Politiche di stimolo in Italia, sostiene Fortis, sarebbero anche nell'interesse della Germania, la quale subisce forti danni al proprio export a causa dell'impoverimento del nostro Paese, che è uno dei più importanti mercati di sbocco per le sue merci.

A questo proposito Fortis ha citato un dato su tutti, quello relativo all'esportazione di automobili tedesche in Italia. Ebbene, i costruttori di auto tedesche hanno perso, nel 2012, ben quattro miliardi di euro per il calo delle vendite sul solo mercato italiano. Una cifra che dovrebbe far riflettere la Cancelleria tedesca prima ancora che l'Italia.


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