Non si può più accettare. Non si può più tollerare. Non si può più continuare a far finta che non ci riguardi. Napoli è ostaggio e dominata dalla camorra terrorista. Non riesco a capire e neppure lo comprendo perché questa verità ineluttabile si nasconda sotto il tappeto o troppo presto la si dimentica. Le immagini dell’attacco e distruzione della “Città della Scienza” stanno facendo il giro del mondo.
Il Fatto Quotidiano - Lo stesso giro, lo fecero i fotogrammi del massacro di Lino Romano, il giovane scambiato sotto casa della fidanzata per un camorrista e annientato in auto con 15 colpi di pistola da un gruppo di fuoco di un clan. Vittima innocente, una delle tante. Di cosa parliamo? Il lavoro degli investigatori, delle forze dell’ordine e dei magistrati è generoso e instancabile ma non basta. La distruzione di sei capannoni per un’estensione di dodicimila metri quadrati sono sotto gli occhi di tutti. Tramonta l’ipotesi del corto circuito e della casualità. Basta mettere in fila i fatti. Si è scelto di colpire l’unica struttura nata e cresciuta sui suoli dell’ex acciaieria Italsidere diventata patrimonio della città. I clan vogliono mettere Napoli in ginocchio, distruggerla. A “Città della scienza” si è trattato di un attentato in grande stile. C’è un salto di qualità drammatico e tragico. Hanno scelto di colpire il lunedì perché nei mesi invernali il museo è chiuso al pubblico e non ci sono tra i piedi i 160 dipendenti. Hanno fin anche atteso – lo sapevano – che finissero le prove nella struttura teatrale e tutti andassero via. Sono giunti – presumibilmente – via mare delimitando e scegliendo con precisione i punti d’innesco del rogo. Una tecnica sopraffina e praticata da gente determinata che sa il “mestiere”. Un’esecuzione perfetta. Le lingue di fuoco sono partite dal lato mare e sono avanzate fin dentro il cuore della “Citta della Scienza” trasformando i sei capannoni in un enorme braciere.
Stamane c’erano i dipendenti in lacrime alcuni sono restati per l’intera notte a vegliare quei ruderi fumanti divorati dai bagliori del crepitio del fuoco. “Città della Scienza” era prima dei suoi dipendenti e poi della città. Non si tratta solo di trovarsi in strada, senza un lavoro, senza certezze, senza più nulla ma è l’ennesima, dolorosa presa d’atto che a Napoli la camorra è un sistema di poteri. “Città della Scienza” era uno dei fiori all’occhiello di Napoli, visitato ogni anno da circa 350mila persone. Varato agli inizi degli anni Novanta grazie alla Fondazione Idis di Vittorio Silvestrini e vide l’interessamento attivo e infaticabile dei presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e in particolare di Carlo Azeglio Ciampi che ne diede un impulso importante insieme all’allora sindaco Antonio Bassolino. Nel 2001 poi l’inaugurazione del museo interattivo, un polo scientifico di straordinario interesse di studio diventato in pochi anni punto di riferimento per ricercatori e scolaresche.
Il rogo di “Città della Scienza” come gravità e violenza è paragonabile a quello del Teatro “Petruzzelli” di Bari. Occorre fare presto. Occorre che i napoletani si ribellino. Occorre una legislazione emergenziale con la sospensione delle garanzie per chi è camorrista o condannato per reati associativi. Occorrono pene esemplari. Anche le istituzioni devono darsi una mossa, finirla di essere presenti nell’assenza. A Napoli si fanno solo chiacchiere formato panna montata. Che c’era qualcosa che non andasse nella zona dove sorge l’ex Italsider qualcuno lo doveva anche sospettare. L’asta pubblica per la vendita dei suoli da anni va puntualmente deserta. Ci vogliamo chiedere cazzo perché? La società ad hoc “Bagnolifutura” che doveva accompagnare bonifica, riconversione e trasformazione dell’area è impantanata. Cambia il Cda sotto la bandiera della cosiddetta Rivoluzione Arancione del sindaco Luigi De Magistris ma continua a essere tutto bloccato, perché? Chi desiderava e aveva interesse nel mandare in fumo quell’unico insediamento a Bagnoli e ritrovarsi gli investigatori addosso? Forse si è voluto dare un segnale, un messaggio e marcare una “presenza politica” perché non ammessi a qualche affare? Ci potrebbe essere dietro il classico ragionamento camorrista: “A Napoli non si muove niente se non sottoscrivete un patto con noi. Vi rifiutate? Non ci fate fare gli affari? Vabbè è una vostra scelta di cui ve ne assumete la responsabilità”.
La camorra ha soldi, denaro, finanziarie, banche che sull’unghia posso fare investimenti per milioni e milioni di euro. C’entra qualcosa l’evento della Coppa America e l’estensione dei villaggi proprio nella zona di Bagnoli? Pongo domande, interrogativi. Avverto che siamo perdenti. La chiamiamo camorra ma è un parola ormai svuotata. E’ un capro espiatorio. E’ un paravento. E’ una scusa. Napoli sta morendo chi l’ama la deve salvare.
Il Fatto Quotidiano - Lo stesso giro, lo fecero i fotogrammi del massacro di Lino Romano, il giovane scambiato sotto casa della fidanzata per un camorrista e annientato in auto con 15 colpi di pistola da un gruppo di fuoco di un clan. Vittima innocente, una delle tante. Di cosa parliamo? Il lavoro degli investigatori, delle forze dell’ordine e dei magistrati è generoso e instancabile ma non basta. La distruzione di sei capannoni per un’estensione di dodicimila metri quadrati sono sotto gli occhi di tutti. Tramonta l’ipotesi del corto circuito e della casualità. Basta mettere in fila i fatti. Si è scelto di colpire l’unica struttura nata e cresciuta sui suoli dell’ex acciaieria Italsidere diventata patrimonio della città. I clan vogliono mettere Napoli in ginocchio, distruggerla. A “Città della scienza” si è trattato di un attentato in grande stile. C’è un salto di qualità drammatico e tragico. Hanno scelto di colpire il lunedì perché nei mesi invernali il museo è chiuso al pubblico e non ci sono tra i piedi i 160 dipendenti. Hanno fin anche atteso – lo sapevano – che finissero le prove nella struttura teatrale e tutti andassero via. Sono giunti – presumibilmente – via mare delimitando e scegliendo con precisione i punti d’innesco del rogo. Una tecnica sopraffina e praticata da gente determinata che sa il “mestiere”. Un’esecuzione perfetta. Le lingue di fuoco sono partite dal lato mare e sono avanzate fin dentro il cuore della “Citta della Scienza” trasformando i sei capannoni in un enorme braciere.
Stamane c’erano i dipendenti in lacrime alcuni sono restati per l’intera notte a vegliare quei ruderi fumanti divorati dai bagliori del crepitio del fuoco. “Città della Scienza” era prima dei suoi dipendenti e poi della città. Non si tratta solo di trovarsi in strada, senza un lavoro, senza certezze, senza più nulla ma è l’ennesima, dolorosa presa d’atto che a Napoli la camorra è un sistema di poteri. “Città della Scienza” era uno dei fiori all’occhiello di Napoli, visitato ogni anno da circa 350mila persone. Varato agli inizi degli anni Novanta grazie alla Fondazione Idis di Vittorio Silvestrini e vide l’interessamento attivo e infaticabile dei presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e in particolare di Carlo Azeglio Ciampi che ne diede un impulso importante insieme all’allora sindaco Antonio Bassolino. Nel 2001 poi l’inaugurazione del museo interattivo, un polo scientifico di straordinario interesse di studio diventato in pochi anni punto di riferimento per ricercatori e scolaresche.
Il rogo di “Città della Scienza” come gravità e violenza è paragonabile a quello del Teatro “Petruzzelli” di Bari. Occorre fare presto. Occorre che i napoletani si ribellino. Occorre una legislazione emergenziale con la sospensione delle garanzie per chi è camorrista o condannato per reati associativi. Occorrono pene esemplari. Anche le istituzioni devono darsi una mossa, finirla di essere presenti nell’assenza. A Napoli si fanno solo chiacchiere formato panna montata. Che c’era qualcosa che non andasse nella zona dove sorge l’ex Italsider qualcuno lo doveva anche sospettare. L’asta pubblica per la vendita dei suoli da anni va puntualmente deserta. Ci vogliamo chiedere cazzo perché? La società ad hoc “Bagnolifutura” che doveva accompagnare bonifica, riconversione e trasformazione dell’area è impantanata. Cambia il Cda sotto la bandiera della cosiddetta Rivoluzione Arancione del sindaco Luigi De Magistris ma continua a essere tutto bloccato, perché? Chi desiderava e aveva interesse nel mandare in fumo quell’unico insediamento a Bagnoli e ritrovarsi gli investigatori addosso? Forse si è voluto dare un segnale, un messaggio e marcare una “presenza politica” perché non ammessi a qualche affare? Ci potrebbe essere dietro il classico ragionamento camorrista: “A Napoli non si muove niente se non sottoscrivete un patto con noi. Vi rifiutate? Non ci fate fare gli affari? Vabbè è una vostra scelta di cui ve ne assumete la responsabilità”.
La camorra ha soldi, denaro, finanziarie, banche che sull’unghia posso fare investimenti per milioni e milioni di euro. C’entra qualcosa l’evento della Coppa America e l’estensione dei villaggi proprio nella zona di Bagnoli? Pongo domande, interrogativi. Avverto che siamo perdenti. La chiamiamo camorra ma è un parola ormai svuotata. E’ un capro espiatorio. E’ un paravento. E’ una scusa. Napoli sta morendo chi l’ama la deve salvare.
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