Secondo il rapporto '90 by 50' dell'Urban Green Council la città di New York potrebbe ridurre le proprie emissioni del 90 per cento entro il 2050. Un obiettivo ben più ambizioso di quello del 30 per cento entro il 2030 che la città ha stabilito. Ma le tecnologie sono già disponibili e i costi, considerati i risparmi, sarebbero contenuti.
Qualenergia - Chi ha detto che sono indispensabili politiche internazionali per affrontare il climate change? Un recente rapporto dell'Urban Green Council di New York sembra dimostrare il contrario. Se è vero che per fermare il riscaldamento globale ci sarebbe bisogno di una riduzione dei gas serra del 50 per cento entro il 2050 e se, d'altra parte, è altrettanto vero che nei prossimi decenni difficilmente potremo aspettarci diminuzioni nelle emissioni dei paesi di nuova industrializzazione, allora tocca alle grandi economie mondiali addossarsi i tagli più consistenti. Cominciando dai grandi centri urbani.
Nelle 51 pagine del rapporto 90 by 50, l'Urban Green Council sostiene che la città di New York potrebbe tagliare le proprie emissioni del 90% entro il 2050. Un obiettivo ben più ambizioso di quello stabilito dall'amministrazione della città che punta a una riduzione del 30% entro il 2030. Ambizioso ma non irrealistico: non servono nuove tecnologie, non sono necessarie grandi rinunce e gli investimenti sarebbero in linea con il budget della città. Tutto ciò che serve esiste già ed è a portata di mano, senza dover aspettare accordi internazionali o un impegno da parte del governo centrale: queste riduzioni si possono ottenere a livello locale. La strategia dell'Urban Green Council non propone nulla di fantascientifico e, anzi, è un mix di elementi piuttosto familiari.
La vera chiave di questa proposta è l'imposizione di standard elevati per l'adeguamento del patrimonio architettonico della città. Gli edifici, si legge nel rapporto, sono responsabili del 75% delle emissioni complessive della città di New York, ma questo numero può facilmente essere ridotto attraverso un radicale e complessivo ammodernamento che potrebbe arrivare ad azzerare le emissioni degli edifici urbani. Prima di tutto, propone il rapporto, bisognerebbe sostituire il vecchio sistema di riscaldamento, basato su vapore creato attraverso la combustione di petrolio o gas, con pompe di calore elettriche ad alta efficienza e con il ricorso alla geotermia. Per gli edifici più alti sarebbe necessario realizzare dei sistemi geotermici centralizzati: un investimento non da poco che sarebbe però compensato dai grossi risparmi che si otterrebbero sul lungo periodo.
Altro elemento della strategia proposta dal rapporto sono le rinnovabili. Oggi New York produce un terzo della sua elettricità da gas naturale e un decimo da carbone, ma il National Renewable Energy Laboratory stima che mediamente la città abbia un potenziale di produzione di energia dal sole di 4,34 KWh per metro quadrato al giorno. Installando pannelli fotovoltaici monocristallini ad alta efficienza e collettori solari su tutti i tetti piani disponibili (la stima del rapporto è fatta sul 50% degli edifici, ovvero quelli che si calcola abbiano un'esposizione adeguata) si potrebbero produrre in loco 10.7 TWh di energia, andando a coprire più di un quinto dei consumi complessivi di energia degli edifici.
A fare la vera differenza, tuttavia, potrebbe essere la l'efficenza energetica. Non si tratta di ridurre i consumi ma di azzerare gli sprechi e le perdite apportando migliorie agli edifici esistenti. Le azioni richieste vanno dall'isolamento delle pareti esterne al recupero del calore, dai parasole all'installazione di tripli vetri alle finestre (mettendo fuori legge, propone il rapporto, le finestre a tutta altezza che tanto vanno di moda nell'architettura contemporanea, ma che non garantiscono una buona tenuta termica, né in inverno, né in estate).
Il rapporto prosegue con proposte relative ai trasporti (allargamento della rete di trasporto pubblico, elettrificazione degli autobus, applicazione dei nuovi standard per l'efficienza dei veicoli) e alla gestione dei rifiuti (valorizzazione energetica, messa in sicurezza delle discariche per evitare dispersioni di metano) e va nel dettaglio delle soluzioni tecnologiche disponibili e dei costi da sostenere per realizzare l'obiettivo del 90% entro il 2050.
Complessivamente la spesa per realizzare tutti gli adeguamenti necessari sarebbe di 167 miliardi di dollari (calcolati sul valore del dollaro nel 2012), ovvero 5 miliardi l'anno, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo della città. A fronte di questa spesa, tuttavia, si realizzerebbe un risparmio di 148 miliardi di dollari, ottenendo un costo reale dell'intera operazione pari a 20 miliardi.
Non è semplice, riconoscono gli autori del rapporto, fare una stima dei costi su un progetto che si estende su un arco temporale di quasi 40 anni e questa proposta non prende in considerazione i molteplici fattori politici che potrebbero intervenire a cambiare il corso delle cose. Ma, sottolinea Russel Unger, direttore esecutivo dell'Urban Green Council, il rapporto non vuole essere una vera e propria roadmap: “Quello che abbiamo cercato di fare è di affrontare quel senso quasi di disperazione che vediamo oggi tra la gente preoccupata dai cambiamenti climatici. C'è stata così tanta enfasi sulla legislazione nazionale e gli accordi internazionali che, nel momento in cui quei tentativi sono falliti, la preoccupazione è diventata: 'Esiste un'alternativa?'. Quello che volevamo capire, quindi, era se gli obbiettivi di cui avevamo sentito parlare fossero almeno raggiungibili. Da un punto di vista tecnico, la risposta che abbiamo ottenuto è stata positiva”.
Qualenergia - Chi ha detto che sono indispensabili politiche internazionali per affrontare il climate change? Un recente rapporto dell'Urban Green Council di New York sembra dimostrare il contrario. Se è vero che per fermare il riscaldamento globale ci sarebbe bisogno di una riduzione dei gas serra del 50 per cento entro il 2050 e se, d'altra parte, è altrettanto vero che nei prossimi decenni difficilmente potremo aspettarci diminuzioni nelle emissioni dei paesi di nuova industrializzazione, allora tocca alle grandi economie mondiali addossarsi i tagli più consistenti. Cominciando dai grandi centri urbani.
Nelle 51 pagine del rapporto 90 by 50, l'Urban Green Council sostiene che la città di New York potrebbe tagliare le proprie emissioni del 90% entro il 2050. Un obiettivo ben più ambizioso di quello stabilito dall'amministrazione della città che punta a una riduzione del 30% entro il 2030. Ambizioso ma non irrealistico: non servono nuove tecnologie, non sono necessarie grandi rinunce e gli investimenti sarebbero in linea con il budget della città. Tutto ciò che serve esiste già ed è a portata di mano, senza dover aspettare accordi internazionali o un impegno da parte del governo centrale: queste riduzioni si possono ottenere a livello locale. La strategia dell'Urban Green Council non propone nulla di fantascientifico e, anzi, è un mix di elementi piuttosto familiari.
La vera chiave di questa proposta è l'imposizione di standard elevati per l'adeguamento del patrimonio architettonico della città. Gli edifici, si legge nel rapporto, sono responsabili del 75% delle emissioni complessive della città di New York, ma questo numero può facilmente essere ridotto attraverso un radicale e complessivo ammodernamento che potrebbe arrivare ad azzerare le emissioni degli edifici urbani. Prima di tutto, propone il rapporto, bisognerebbe sostituire il vecchio sistema di riscaldamento, basato su vapore creato attraverso la combustione di petrolio o gas, con pompe di calore elettriche ad alta efficienza e con il ricorso alla geotermia. Per gli edifici più alti sarebbe necessario realizzare dei sistemi geotermici centralizzati: un investimento non da poco che sarebbe però compensato dai grossi risparmi che si otterrebbero sul lungo periodo.
Altro elemento della strategia proposta dal rapporto sono le rinnovabili. Oggi New York produce un terzo della sua elettricità da gas naturale e un decimo da carbone, ma il National Renewable Energy Laboratory stima che mediamente la città abbia un potenziale di produzione di energia dal sole di 4,34 KWh per metro quadrato al giorno. Installando pannelli fotovoltaici monocristallini ad alta efficienza e collettori solari su tutti i tetti piani disponibili (la stima del rapporto è fatta sul 50% degli edifici, ovvero quelli che si calcola abbiano un'esposizione adeguata) si potrebbero produrre in loco 10.7 TWh di energia, andando a coprire più di un quinto dei consumi complessivi di energia degli edifici.
A fare la vera differenza, tuttavia, potrebbe essere la l'efficenza energetica. Non si tratta di ridurre i consumi ma di azzerare gli sprechi e le perdite apportando migliorie agli edifici esistenti. Le azioni richieste vanno dall'isolamento delle pareti esterne al recupero del calore, dai parasole all'installazione di tripli vetri alle finestre (mettendo fuori legge, propone il rapporto, le finestre a tutta altezza che tanto vanno di moda nell'architettura contemporanea, ma che non garantiscono una buona tenuta termica, né in inverno, né in estate).
Il rapporto prosegue con proposte relative ai trasporti (allargamento della rete di trasporto pubblico, elettrificazione degli autobus, applicazione dei nuovi standard per l'efficienza dei veicoli) e alla gestione dei rifiuti (valorizzazione energetica, messa in sicurezza delle discariche per evitare dispersioni di metano) e va nel dettaglio delle soluzioni tecnologiche disponibili e dei costi da sostenere per realizzare l'obiettivo del 90% entro il 2050.
Complessivamente la spesa per realizzare tutti gli adeguamenti necessari sarebbe di 167 miliardi di dollari (calcolati sul valore del dollaro nel 2012), ovvero 5 miliardi l'anno, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo della città. A fronte di questa spesa, tuttavia, si realizzerebbe un risparmio di 148 miliardi di dollari, ottenendo un costo reale dell'intera operazione pari a 20 miliardi.
Non è semplice, riconoscono gli autori del rapporto, fare una stima dei costi su un progetto che si estende su un arco temporale di quasi 40 anni e questa proposta non prende in considerazione i molteplici fattori politici che potrebbero intervenire a cambiare il corso delle cose. Ma, sottolinea Russel Unger, direttore esecutivo dell'Urban Green Council, il rapporto non vuole essere una vera e propria roadmap: “Quello che abbiamo cercato di fare è di affrontare quel senso quasi di disperazione che vediamo oggi tra la gente preoccupata dai cambiamenti climatici. C'è stata così tanta enfasi sulla legislazione nazionale e gli accordi internazionali che, nel momento in cui quei tentativi sono falliti, la preoccupazione è diventata: 'Esiste un'alternativa?'. Quello che volevamo capire, quindi, era se gli obbiettivi di cui avevamo sentito parlare fossero almeno raggiungibili. Da un punto di vista tecnico, la risposta che abbiamo ottenuto è stata positiva”.
Maurita Cardone
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