Escalation di tensione nella Penisola coreana. Pyongyang ha risposto duramente all’inizio delle manovre militari congiunte tra le truppe di Seul e Washington, ritenute un atto di provocazione ed invasione. Il servizio è di Salvatore Sabatino: ascolta
Radio Vaticana - Annullamento dell’armistizio firmato con il Sud nel ’53 e interruzione della linea rossa, il collegamento telefonico che garantiva un contatto tra Seul e Pyongyang in caso di emergenze. Il leader nordcoreano Kim Jong-un reagisce con forza, dunque, all’inizio delle esercitazioni militari congiunte tra Seul e Washington, arrivando anche a minacciare un attacco contro i due Paesi. Le forze armate di Pyongyang, da parte loro, fanno sapere di aspettare solo "l'ordine finale" del capo supremo per lanciare un attacco, per "trasformare – come si legge sul quotidiano ufficiale del regime – i regimi marionetta degli Stati Uniti e della Corea del Sud in un mare di fuoco". Il riferimento ad un attacco nucleare è chiaro, riecheggiando le minacce dei giorni scorsi dopo l'adozione di nuove sanzioni all'Onu, per la prima volta in accordo con la Cina, l'unico alleato di Pyongyang. La preoccupazione sale, dunque, soprattutto a Seul, dove si attende una prova di forza dimostrativa da parte della Corea del Nord, come il lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale, simile a quello lanciato il 12 dicembre scorso. Ma dal Sud avvertono che se stavolta dovesse violare il loro spazio aereo sono determinati a reagire.
Una situazione di grave tensione, che giunge in un momento di forte instabilità dell'area. Ma siamo davvero sul baratro di una nuova guerra? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista e corrispondente da Pechino per il quotidiano "Il Sole 24 ore". ascolta:
R. - La situazione non è convenzionale per una serie di motivi: uno, abbiamo un leader molto giovane, quindi con poca esperienza - Kim Jong-un - e ancora non sappiamo quanto sia bravo in questa arte di spingersi fino al ciglio del baratro, per poi ritirarsi. Due, abbiamo delle sanzioni internazionali che adesso minacciano pesantemente – forse come non mai - l’esistenza della Nord Corea. Abbiamo un riallineamento della Cina su posizioni anti – Nord Corea; terzo, abbiamo per la prima volta un gruppo di interesse vero in Nord Corea composto da persone che negli ultimi anni hanno iniziato ad arricchirsi grazie alle modestissime riforme economiche interne. Tanto è bastato, comunque, per modificare la geografia sociale e politica interna del Paese. Quindi c’è una serie di elementi nuovi che certamente mettono queste minacce in un contesto forse più pericoloso che in passato.
D. - C’è poi l’annullamento dell’armistizio firmato con il Sud nel ’53, e soprattutto l’interruzione della famosa "linea rossa", il collegamento telefonico che garantiva un contatto tra Seul e Pyongyang. Era successo altre volte, ma in questo caso – forse – è un po’ più preoccupante...
R. - Più che preoccupante, questi segnali come la retorica, le urla e le minacce sono cose che abbiamo già visto in passato. Quindi si potrebbe dire:”Questo è un atto di teatro come ne abbiamo visti tanti”. Però, oggi, il contesto è diverso per tutte le ragioni che abbiamo visto. Per cui forse in questo momento c’è da prendere queste minacce un po’ più sul serio.
D. - Volevo tornare con te sull’adozione di nuove sanzioni da parte dell’Onu per la prima volta in accordo con la Cina – ricordiamo, l’unico l’alleato che aveva Pyongyang. Questo passo indietro di Pechino come può essere analizzato?
R. - Ormai Pechino non ha più capacità di presa; in qualche modo, non riesce più a trattenere la Corea del Nord. Pechino in passato aveva un potere - per quanto limitato e moderato - di controllo sulle decisioni nordcoreane. L’ultimo esperimento nucleare, da una parte prova chiaramente che la Cina non ha più questo potere, dall’altra che il panorama geopolitico della Cina va oltre la questione nordcoreana: si tratta di rimettere in ordine i suoi confini orientali – ci sono contese con il Giappone e nel Mar Cinese meridionale. Quindi, un atteggiamento più deciso con la Nord Corea può pagare per Pechino rispetto a tutti gli altri fronti.
D. - Quali sono le reazioni in questo momento a Pechino?
R. - Sono allarmate, anche se la maggior parte degli osservatori crede che in realtà Pyongyang, come ha fatto tante volte in passato, si limiterà a gridare e invece non andrà in guerra, non andrà oltre.
D. - Su una cosa non ci sono dubbi: la Corea del Nord, pur essendo un Paese piccolo, diplomaticamente molto debole in questo momento, ed anche molto povero – è tra i più poveri del mondo – riesce comunque ad imporsi sullo scenario internazionale con molta forza...
R. - Sì, però questo non gli dà nessun vantaggio; purtroppo gli dà solo svantaggi, perché è finito il momento in cui gridare e minacciare pagava. È chiaro che adesso gridare e minacciare non paga più. Però, forse di questo i leader nordcoreani ancora non si sono accorti.
Radio Vaticana - Annullamento dell’armistizio firmato con il Sud nel ’53 e interruzione della linea rossa, il collegamento telefonico che garantiva un contatto tra Seul e Pyongyang in caso di emergenze. Il leader nordcoreano Kim Jong-un reagisce con forza, dunque, all’inizio delle esercitazioni militari congiunte tra Seul e Washington, arrivando anche a minacciare un attacco contro i due Paesi. Le forze armate di Pyongyang, da parte loro, fanno sapere di aspettare solo "l'ordine finale" del capo supremo per lanciare un attacco, per "trasformare – come si legge sul quotidiano ufficiale del regime – i regimi marionetta degli Stati Uniti e della Corea del Sud in un mare di fuoco". Il riferimento ad un attacco nucleare è chiaro, riecheggiando le minacce dei giorni scorsi dopo l'adozione di nuove sanzioni all'Onu, per la prima volta in accordo con la Cina, l'unico alleato di Pyongyang. La preoccupazione sale, dunque, soprattutto a Seul, dove si attende una prova di forza dimostrativa da parte della Corea del Nord, come il lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale, simile a quello lanciato il 12 dicembre scorso. Ma dal Sud avvertono che se stavolta dovesse violare il loro spazio aereo sono determinati a reagire.
Una situazione di grave tensione, che giunge in un momento di forte instabilità dell'area. Ma siamo davvero sul baratro di una nuova guerra? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista e corrispondente da Pechino per il quotidiano "Il Sole 24 ore". ascolta:
R. - La situazione non è convenzionale per una serie di motivi: uno, abbiamo un leader molto giovane, quindi con poca esperienza - Kim Jong-un - e ancora non sappiamo quanto sia bravo in questa arte di spingersi fino al ciglio del baratro, per poi ritirarsi. Due, abbiamo delle sanzioni internazionali che adesso minacciano pesantemente – forse come non mai - l’esistenza della Nord Corea. Abbiamo un riallineamento della Cina su posizioni anti – Nord Corea; terzo, abbiamo per la prima volta un gruppo di interesse vero in Nord Corea composto da persone che negli ultimi anni hanno iniziato ad arricchirsi grazie alle modestissime riforme economiche interne. Tanto è bastato, comunque, per modificare la geografia sociale e politica interna del Paese. Quindi c’è una serie di elementi nuovi che certamente mettono queste minacce in un contesto forse più pericoloso che in passato.
D. - C’è poi l’annullamento dell’armistizio firmato con il Sud nel ’53, e soprattutto l’interruzione della famosa "linea rossa", il collegamento telefonico che garantiva un contatto tra Seul e Pyongyang. Era successo altre volte, ma in questo caso – forse – è un po’ più preoccupante...
R. - Più che preoccupante, questi segnali come la retorica, le urla e le minacce sono cose che abbiamo già visto in passato. Quindi si potrebbe dire:”Questo è un atto di teatro come ne abbiamo visti tanti”. Però, oggi, il contesto è diverso per tutte le ragioni che abbiamo visto. Per cui forse in questo momento c’è da prendere queste minacce un po’ più sul serio.
D. - Volevo tornare con te sull’adozione di nuove sanzioni da parte dell’Onu per la prima volta in accordo con la Cina – ricordiamo, l’unico l’alleato che aveva Pyongyang. Questo passo indietro di Pechino come può essere analizzato?
R. - Ormai Pechino non ha più capacità di presa; in qualche modo, non riesce più a trattenere la Corea del Nord. Pechino in passato aveva un potere - per quanto limitato e moderato - di controllo sulle decisioni nordcoreane. L’ultimo esperimento nucleare, da una parte prova chiaramente che la Cina non ha più questo potere, dall’altra che il panorama geopolitico della Cina va oltre la questione nordcoreana: si tratta di rimettere in ordine i suoi confini orientali – ci sono contese con il Giappone e nel Mar Cinese meridionale. Quindi, un atteggiamento più deciso con la Nord Corea può pagare per Pechino rispetto a tutti gli altri fronti.
D. - Quali sono le reazioni in questo momento a Pechino?
R. - Sono allarmate, anche se la maggior parte degli osservatori crede che in realtà Pyongyang, come ha fatto tante volte in passato, si limiterà a gridare e invece non andrà in guerra, non andrà oltre.
D. - Su una cosa non ci sono dubbi: la Corea del Nord, pur essendo un Paese piccolo, diplomaticamente molto debole in questo momento, ed anche molto povero – è tra i più poveri del mondo – riesce comunque ad imporsi sullo scenario internazionale con molta forza...
R. - Sì, però questo non gli dà nessun vantaggio; purtroppo gli dà solo svantaggi, perché è finito il momento in cui gridare e minacciare pagava. È chiaro che adesso gridare e minacciare non paga più. Però, forse di questo i leader nordcoreani ancora non si sono accorti.
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È presente 1 commento
l'imperialismo fase suprema del capitalismo!!!se la corea del nord non avrebbe le armi atomiche, già sarebbe diventata colonia occidentale. Stesso discorso x L'iran.
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