Non accennano a stemperarsi le tensioni a Port Said dove una nuova ondata di violenze tra manifestanti e agenti di polizia ha causato nelle ultime 24 ore almeno quattro morti e oltre 300 feriti.
Misna - La spirale delle violenze, secondo le versioni in circolazione, sarebbe stata innescata da un incidente avvenuto venerdì, quando un ufficiale di polizia ha investito cinque manifestanti che partecipavano al corteo per la disobbedienza civile. Altri riferiscono che a rinfocolare la tensione sarebbe stata invece la decisione delle autorità di trasferire 39 detenuti in attesa della sentenza sui disordini che, nel febbraio dell’anno scorso durante una partita di calcio, provocarono la morte di 70 persone. Ieri una folla di persone armate ha assaltato una sede di polizia, lanciando bottiglie incendiarie contro l’ingresso dell’edificio. Gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e fucili a piombini sui manifestanti che inneggiavano all’esercito che, contrariamente alla polizia, secondo un’opinione diffusa, si è rifiutato di reprimere le rivolte di piazza.
Molti dei residenti nella città costiera, situata all’ingresso del Canale di Suez e pertanto strategica ai fini del commercio e delle esportazioni, denunciano un eccessivo uso della forza da parte della polizia che, lo scorso mese di gennaio in occasione di simili proteste, aveva causato la morte di una quarantina di persone.
L’Eco degli scontri non ha avuto troppo impatto sulla visita del Segretario di Stato americano John Kerry, al Cairo nei giorni scorsi nell’ambito di un viaggio a tappe che lo ha portato anche a Istanbul e Roma. Il capo della diplomazia di Washington ha promesso aiuti al paese per uscire dalla profonda crisi economica in cui versa ma non ha potuto incontrare i principali vertici dell’opposizione politica. Questi ultimi hanno disertato l’incontro accusando gli Stati Uniti di “ingerenza” nella politica egiziana dopo che Washington ha chiesto loro di ritirare l’annunciato boicottaggio alle prossime elezioni legislative indette ad aprile.
Misna - La spirale delle violenze, secondo le versioni in circolazione, sarebbe stata innescata da un incidente avvenuto venerdì, quando un ufficiale di polizia ha investito cinque manifestanti che partecipavano al corteo per la disobbedienza civile. Altri riferiscono che a rinfocolare la tensione sarebbe stata invece la decisione delle autorità di trasferire 39 detenuti in attesa della sentenza sui disordini che, nel febbraio dell’anno scorso durante una partita di calcio, provocarono la morte di 70 persone. Ieri una folla di persone armate ha assaltato una sede di polizia, lanciando bottiglie incendiarie contro l’ingresso dell’edificio. Gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e fucili a piombini sui manifestanti che inneggiavano all’esercito che, contrariamente alla polizia, secondo un’opinione diffusa, si è rifiutato di reprimere le rivolte di piazza.
Molti dei residenti nella città costiera, situata all’ingresso del Canale di Suez e pertanto strategica ai fini del commercio e delle esportazioni, denunciano un eccessivo uso della forza da parte della polizia che, lo scorso mese di gennaio in occasione di simili proteste, aveva causato la morte di una quarantina di persone.
L’Eco degli scontri non ha avuto troppo impatto sulla visita del Segretario di Stato americano John Kerry, al Cairo nei giorni scorsi nell’ambito di un viaggio a tappe che lo ha portato anche a Istanbul e Roma. Il capo della diplomazia di Washington ha promesso aiuti al paese per uscire dalla profonda crisi economica in cui versa ma non ha potuto incontrare i principali vertici dell’opposizione politica. Questi ultimi hanno disertato l’incontro accusando gli Stati Uniti di “ingerenza” nella politica egiziana dopo che Washington ha chiesto loro di ritirare l’annunciato boicottaggio alle prossime elezioni legislative indette ad aprile.
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