martedì, marzo 26, 2013
I volti nascosti della guerra sono sempre i bambini. Sbattuti in prima pagina il più delle volte solo per creare scalpore, stanno vivendo in Mali la tragedia dell’abbandono da tutti i punti di vista. La testimonianza di chi è ora sul posto, le possibilità di aiuto concreto. 

Città Nuova - All’evidenza dei fatti sono loro, i bambini, i soggetti che pagano il prezzo più alto di ogni guerra. Loro, insieme alle donne, agli anziani, ai deboli, sono quelli che fanno i conti più duri con la vita per la mancanza di cibo, acqua, medicine, ma anche per l’abbandono, la solitudine, la violenza. Della guerra civile che da un anno paralizza il Mali, nell’Africa Occidentale, si conosce ancora troppo poco: il conflitto ha costretto alla fuga 250.000 persone provocando una crisi umanitaria che si sta diffondendo oltre i confini del Paese. La siccità, inoltre, rende quasi impossibili gli approvvigionamenti alimentari. La Fao e l’Unione Europea hanno lanciato nelle scorse settimane un allarme, mentre l’Unicef è «seriamente preoccupato per i minori coinvolti nei combattimenti». Per questi piccoli è molto elevato il rischio di separazione dalle proprie famiglie, perché più vulnerabili a molte forme di abuso, anche sessuale, e ad altre forme di violenza. Molti di questi bambini stanno affollando i vari orfanotrofi del Paese che però non riescono più a sostenere la situazione.

Monica Rocchi è la referente per le adozioni internazionali di Anpas, l’Associazione nazionale delle pubbliche assistenze, che dall’Italia segue proprio in Mali alcuni progetti di cooperazione internazionale, anche per il sostegno agli orfanotrofi e alle adozioni internazionali: «Su questo fronte la situazione è un disastro, perché i bambini accolti nelle nostre strutture continuano ad aumentare; sono tutti piccoli sfollati o abbandonati per la povertà e la guerra. Lì manca tutto: cibo, acqua, medicine, luce. Molte organizzazioni non governative (ong) hanno dovuto abbandonare il campo, e i sostegni statali da due anni sono bloccati. Eppure la nostra presenza è essenziale…».

Matteo e Barbara Betti sono originari di Firenze e sono i genitori adottivi di un bambino maliano. In questo momento si trovano a Bamako, la capitale del Mali, in attesa dei documenti per rientrare in Italia. Essendo nel paese da diverse settimane sono diventati i naturali e più affidabili corrispondenti di Anpas, e così scrivono: «Tantissimi neonati sono in condizioni di salute precarie. La direttrice dell'orfanotrofio, Bibi, è una donna straordinaria, che nonostante la crisi del momento dovuta alla guerra, ma anche al momentaneo blocco delle adozioni internazionali in Mali, non smette di coltivare la speranza di dare un futuro a tanti bambini soli e abbandonati. Le tate lavorano da mesi senza paga perché i soldi sono finiti. Per motivarle a non abbandonare il lavoro, Bibi ogni giorno è presente all'orfanotrofio, balla e canta per loro infondendo coraggio, nei giorni lavorativi come nei giorni di festa, e ogni sera quando staccano il turno chiede loro: "Siete arrabbiate con me?" e le tate rispondono: "Ma no che non siamo arrabbiate!" E lei: "Perché il lavoro che fate è un'opera straordinaria". Non ci sono le medicine per curare i bimbi malati. La macchina per portarli in ospedale è guasta e non ci sono i soldi per ripararla. Il latte sta finendo. Lo Stato non fornisce alcun sostegno economico. La sopravvivenza dell'orfanotrofio dipende dalle donazioni dei benefattori. Nonostante tutte queste difficoltà, siamo stati felici di respirare nelle stanze dell'orfanotrofio un ambiente sano, sereno e gioioso, un clima di calore e affetto che ci hanno davvero riempito il cuore. E si vede: questi bimbi non solo sono tenuti bene fisicamente, ma sono stati chiaramente nutriti anche nello spirito…» (fonte Anpas, nda).

È difficile continuare un lavoro in queste condizioni, ma Monica Rocchi ne è convinta: «Abbiamo anche noi momenti di forte scoraggiamento, in cui ci domandiamo cosa fare. La tentazione di mollare è sempre davanti a noi, ma poi ti giri, guardi le foto che tappezzano le pareti del tuo ufficio, vedi un sacco di visini di tutti i colori, e capisci che devi andare avanti per loro, per non togliere niente di ciò che è nei loro diritti. È chiaro che non possiamo fare tutto noi, è la comunità nel suo insieme che deve vincere questa battaglia».

Anpas ha lanciato una raccolta fondi per l’emergenza Mali. Per informazioni: Ufficio Cooperazione Internazionale - email: internazionale@anpas.org, tel 055 303821.


di Paolo Balduzzi


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