martedì, marzo 05, 2013
La Depressione è un disturbo invalidante, che rende il soggetto apatico, disinteressato alla vita e costantemente malinconico.

Il disturbo può essere correlato a eventi traumatici improvvisi, come lutti, perdita del lavoro, separazioni, traslochi, nascite (depressione post-partum), etc… ovvero a tutte quelle situazioni che, più o meno d’improvviso, destabilizzano il soggetto, minando un equilibrio di vita ormai collaudato e rassicurante. Incapace di reagire alla perdita, il depresso si richiude in se stesso e perde la voglia di vivere. I sintomi, pur nella loro varietà, riconducono inevitabilmente a un quadro di tristezza, lentezza e asocialità. Anche l’aspetto fisico tende “al basso” e alla chiusura difensiva. É mio interesse approfondire questo disturbo dell’umore in un secondo articolo, analizzando più nel dettaglio la classificazione, i sintomi e la reazione del depresso al suo malessere. In questo primo intervento, vorrei trattare degli errori che spesso vengono commessi quando un amico confida a un altro di sentirsi “a terra”. Spesso non si tratta di depressione conclamata, ma è comunque importante approcciarsi alla situazione con serietà e delicatezza.

Mai reagire alla confidenza dell’amico con il classico: «Su, su!», magari accompagnato dall’odiosa pacca sulla spalla. Non vi è mai capitato di sentirvi spaesati e affranti, e d’esservi imbattuti in qualcuno che ha tentato di confortarvi con queste parole? Vi siete sentiti meglio? Ne dubito.

Altrettanto deleterie sono espressioni come: «Passerà!» o «Pazienza!». Personalmente, ho quasi rotto i rapporti con due persone che, dopo aver indagato il mio umore in una circostanza poco felice, mi hanno risposto con queste parole. Il fatto che una di queste sia una mia collega accentua in me la convinzione che quel «Pazienza!» non fosse altro che un modo per tagliare una conversazione avviata per semplice cortesia, anziché per un sincero interesse empatico.

Sul libro nero delle frasi proibite deve finire anche il funesto: «Lo so, lo so, ma pensa a tutti coloro che stanno peggio di te!» Scusate, ma come si può essere così cinici da trarre soddisfazione dal pensiero che qualcun altro, in fondo alla via o dall’altra parte dell’equatore, viva in condizioni peggiori delle nostre? E quando si soffre, perdonatemi se sono esplicita, si perde interesse per le sofferenze altrui. Certo, ci dispiace che anche altre persone stiano soffrendo, ma la nostra attenzione si concentra quasi esclusivamente su noi stessi, e l’insensato detto “mal comune mezzo gaudio” qui rivela la tutta la sua irreparabile, detestabile fallacità.

Evitate inoltre tutte quelle frasi, lacrimevoli e indiscrete, che anziché supportare il malcapitato, sottolineano la gravità del suo malessere. Interventi come: «Oh, povero, e adesso cosa farai?» oppure «Certo che proprio in questo momento, non ci voleva proprio…» sono tutt’altro che incoraggianti e hanno l’effetto di far sentire l’altra persona ancor più vittima della crudeltà della vita e senza speranza di salvezza.

Se non sapete come confortare il vostro confidente, ascoltatelo e fategli capire che su di voi potrà sempre contare. Se ha un problema, proponetegli con obiettività qualche possibile soluzione. Se la situazione necessita della consulenza di uno specialista, incoraggiatelo a seguire questa strada senza ritrosia o disagio. Se si ha mal di denti non ci si vergogna di andare dal dentista, giusto? Dunque, perché si dovrebbe rifuggire l’intervento di un esperto, se si prova dolore nell’animo?

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

L'articolo è in prima persona, ma non è firmato.

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